Pubblica amministrazione

Gli stipendi differenziati del personale delle PA

24 febbraio 2023

Intermedio

Gli stipendi differenziati del personale delle PA

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Una recente frase di Giuseppe Valditara, Ministro dell’Istruzione e del Merito, ha riacceso il dibattito sulla necessità di differenziare i salari nominali dentro la Pubblica Amministrazione, a parità di impiego, al fine di eguagliare i salari reali. Ciò deriva dalle differenze nel costo della vita tra le diverse aree del paese, come dimostrano i valori relativi alla soglia di povertà assoluta forniti da ISTAT per macro-aree. La discussione deve tuttavia tener conto anche di altri aspetti nella determinazione dei salari della PA quali, ad esempio, le difficoltà del contesto (legate anche alla posizione geografica in termini di accessibilità ai servizi essenziali, c.d. “aree interne”) o le caratteristiche del lavoro (qualità e quantità). Nel recente passato alcune misure governative hanno già riconosciuto, tramite incentivi e indennizzi, salari nominali diversi: vale, ad esempio, per chi decide di lavorare nelle aree di montagna o nel Pronto Soccorso degli ospedali. Tuttavia, un qualsiasi tentativo più sistematico di differenziazione dei salari nominali dovrà tener conto degli stringenti vincoli di bilancio pubblico e del calo, previsto dalla NADEF 2022, della spesa per i dipendenti della PA nei prossimi due anni.

La nota è stata ripresa da Repubblica in questo articolo del 2 marzo 2023.

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Il caso degli stipendi differenziati ai docenti su base regionale

Il 25 Gennaio scorso il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, in occasione di un evento organizzato da PwC in collaborazione con il gruppo Gedi, alla domanda se la programmazione e gli stipendi nella scuola resteranno centralizzati a livello nazionale anche se venisse attuata l’autonomia differenziata tra regioni, ha risposto che ‘’il contratto nazionale non verrà toccato [..] ma una richiesta delle regioni è di consentire una maggiore equità laddove il costo della vita sia molto più alto’’. Il Ministro ha anche aggiunto che ‘‘la vera sfida è capire come fare per far sì che il lavoratore che si trova ad avere un costo della vita più alto in un determinato territorio (ovunque si trovi: al Nord, al Centro o al Sud, questo è poco rilevante) non vada ad avere uno stipendio che nei fatti è molto più basso rispetto al collega’’.[1]

Queste frasi hanno generato forti critiche dall’opposizione e dai sindacati. Alcuni sostengono che il piano del Ministro di adeguare gli stipendi degli insegnanti al costo della vita aumenterebbe le disparità socio-economiche tra Nord e Sud[2], altri temono che si possa tornare alla logica frammentata delle gabbie salariali[3], altri ancora contestano la proposta per la possibile creazione di scuole per ricchi.[4]

Il tema di fondo è quello dell’uguaglianza salariale a parità di impiego dentro la Pubblica Amministrazione. Al momento è garantita l’uguaglianza dei salari nominali; ma le differenze nel costo della vita tra diverse aree del paese, impediscono l’uguaglianza dei salari reali, che è il tema posto dal Ministro.

Per poter discutere se c’è o meno l’uguaglianza dei salari reali a livello territoriale bisognerebbe avere un dato ufficiale sulle differenze in termini di costo della vita per regione, che non esiste. Tuttavia, una chiara indicazione sul costo della vita per diverse aree geografiche si può inferire dalla soglia della povertà assoluta, che l’Istat pubblica con un dettaglio per macro-area e non per regione. Guardando ai valori assoluti relativi alla soglia di povertà assoluta per macro-area (Nord, Centro e Mezzogiorno) nel 2021, si evince facilmente come il costo della vita sia maggiore nelle regioni del Nord e del Centro rispetto al Sud (Tav.1).[5] Nelle aree metropolitane del Nord, dove tendenzialmente il costo della vita è più alto, per superare la soglia di povertà un individuo singolo dovrebbe avere un consumo mensile di 219 euro in più rispetto a uno del  Mezzogiorno. Tale differenza si riduce a 177 euro al Centro. Nel caso di un nucleo familiare composto da tre persone il differenziale tra le soglie di povertà assolute di Nord e Centro rispetto al Mezzogiorno (sempre per l’area metropolitana) aumenta: +319 euro al Nord e +223 euro al Centro. Infine, il divario tra le soglie di povertà assoluta per gli altri tipi di comune (comuni di periferia metropolitana e con +50 mila abitanti e per gli altri comuni fino a 50 mila abitanti) si riduce, anche se lievemente. Questi dati suggeriscono quindi che i salari reali delle PA si differenzino tra le diverse aree del paese e siano maggiori al Nord.

Le esperienze di differenziazione dei salari nominali nelle PA

La discussione deve considerare anche che, sempre a parità di impiego, ci sono altri aspetti che incidono sulla disponibilità ad accettare un particolare lavoro nelle PA. Ad esempio, il contesto: a parità di salario nominale, lavorare in un’area urbana o semi-urbana ricca di servizi di qualità è ragionevolmente preferibile allo stesso impiego in un qualche comune delle cosiddette ‘’aree interne’’ del paese. Lo stesso vale per aree urbane caratterizzate da violenza diffusa rispetto a quartieri residenziali di pregio. La conseguenza ovvia è che, a parità di salario nominale, l’offerta di lavoro sarà maggiore nelle aree urbane rispetto alle aree periferiche e nei quartieri affluenti rispetto alle zone urbane disagiate.

Concentriamoci sulle “aree interne”: queste aree, dove l’accessibilità ai servizi essenziali (sanità, istruzione e trasporti) è limitata, si caratterizzano per essere in declino o a rischio spopolamento e non sono affatto numericamente marginali nella geografia del paese.[6] Nella Fig.1 sono riportate le “aree interne” in percentuale al numero di comuni per ciascuna regione. Esse rappresentano circa il 49 per cento dei comuni italiani, in media, e si concentrano prevalentemente nel Sud tra le regioni di Basilicata (91 per cento), Sicilia (79,5 per cento) e Molise (76,5 per cento).[7]

Ci sono chiare evidenze da tempo sulle difficoltà di reclutamento del personale delle PA in queste aree e pertanto sono state già intraprese alcune misure volte a differenziare i salari nominali, tramite incentivi e indennizzi, per coloro che hanno deciso di trasferircisi, senza particolari reazioni da parte sindacale. Ad esempio, con il Fondo montagna, la Legge di Bilancio 2023 ha integrato quanto già stanziato nella LDB 2022, portando l’ammontare dei fondi a 209,5 milioni per il 2023 al fine di promuovere la realizzazione di interventi per la salvaguardia e la valorizzazione della montagna.[8] Tra le varie misure sono state infatti riconosciute agevolazioni a favore di coloro che intendono prestare servizio in strutture socio-sanitarie e nelle scuole dei comuni montani (60 per cento di credito di imposta su locazioni e mutui a scopo residenziale e un bonus di ammontare massimo pari a 2.500 euro annui).

Altri aspetti che incidono sulla determinazione del salario nominale sono la riconoscibilità sociale e i rischi connessi con il lavoro: ad esempio, si è spesso ricordato che la carriera di medico di medicina generale risulta scarsamente attrattiva rispetto ad altre specializzazioni, con il risultato che alcuni concorsi in aree periferiche, in contesti urbani disagiati e anche nelle grandi città, vanno deserti.[9] Ma anche nell’ambito delle specializzazioni ci sono chiare tendenze a privilegiare quelle più remunerative e meno rischiose (in termini di probabilità di essere denunciati per malpractice dai pazienti o di subire aggressioni) rispetto alla medicina d’urgenza. [10] La diretta conseguenza è che mancano specialisti per il Pronto Soccorso. Anche in questo caso si è provato a correre ai ripari: ad esempio, sono stati stanziati 63 milioni dalla Legge di Bilancio 2022 a copertura delle indennità accessorie nel periodo 2022-2023 per coloro che lavorano in Pronto Soccorso invece che in altri reparti.[11] Con tale intervento si è cercato di evitare l’aumento delle domande di trasferimento dovute a turni “massacranti” a causa della scarsità di personale per far fronte alla maggiore domanda degli ultimi anni.

Il tema di una retribuzione nominale differenziata deve essere esteso anche al settore dell’istruzione. A riguardo, nel 2016 il Governo Renzi aveva dato alla scuola italiana l’opportunità di premiare il personale docente secondo il criterio del merito (c.d. Buona Scuola), con un apposito Fondo di 200 milioni (Legge 107 del 2015, commi 126-130) considerando altresì i fattori di complessità delle istituzioni scolastiche e delle aree soggette a maggiore rischio educativo.[12] Tuttavia, viste le numerose critiche mosse soprattutto dai sindacati, nel 2018 l’art. 40 del CCNL ha fatto confluire le risorse dedicate alla valorizzazione della professionalità dei docenti delle istituzioni scolastiche statali nel più generale Fondo per il Miglioramento dell’Offerta Formativa (FMOF). Successivamente, la Legge di Bilancio 2020 ha sancito che le risorse di tale fondo dovessero essere distribuite secondo i criteri integrativi definiti all’art. 22 del CCNL, abbandonando quelli legati al merito (comma 593, art.1 legge 2017) ed estendendo così la categoria di beneficiari anche a quelli senza legami diretti con il merito professionale dei docenti. Tuttavia, anche se è stata rimossa l’univoca destinazione delle risorse, l’intervento normativo non ha eliminato le competenze del Comitato per la valutazione dei docenti e quindi la possibilità di assegnare il bonus. Nonostante negli ultimi due anni sia stato aumentato il fondo per la valorizzazione dei docenti e del personale ATA, il mancato reinserimento dell’univoca destinazione delle risorse ai docenti continua a far venir meno il principio secondo cui il bonus era stato pensato.

Il sentiero stretto indicato nella Legge di Bilancio 2023

Gli esempi precedenti suggeriscono due osservazioni: primo, il tabù dell’uguaglianza dei salari nominali nelle PA è stato già infranto recentemente per rispondere a carenze di offerta di lavoro; secondo, il tabù è rimasto tale quando si è provato a collegare la differenziazione ad una qualche nozione di “merito”, una parola che valorizza l’impegno del personale delle PA.

La possibilità di introdurre altri margini di differenziazione dei salari nominali si scontra tuttavia con il vincolo di bilancio pubblico. Per remunerare di più alcuni dipendenti pubblici occorre che ci siano margini per aumentare, sia pure di poco, la spesa complessiva, oppure che si trovino aree in cui è possibile risparmiare risorse. Guardando alla programmazione finanziaria 2023-2025, contenuta nella NADEF, al momento non sembra che questo sia il caso. Infatti, le cifre riportate per il totale della spesa per i dipendenti pubblici sono in calo nei prossimi anni. Per il 2023 si prevede una spesa invariata rispetto al 2022 (188,2 miliardi); per gli anni successivi la spesa dovrebbe calare sino a 185,2 e 186,1 rispettivamente nel 2024 e nel 2025.  Questi valori sono cruciali per rispettare l’obiettivo di ridurre il deficit al 3 per cento del Pil entro il 2025. Come noto si tratta di un obiettivo che il governo si è dato in autonomia, dato che i vincoli europei al momento sono sospesi. Appare quindi improbabile che in queste condizioni si riesca a fare un’operazione significativa di ristrutturazione degli stipendi pubblici. Ciò non toglie che possano essere decisi aumenti mirati nelle aree di maggiore carenza di personale essenziale: il caso dei Pronto Soccorso ne è un esempio evidente. 

 


[2] “Valditara getta la maschera e descrive a chi avesse ancora qualche dubbio il modello che vuole realizzare questo governo: la scuola delle disuguaglianze. Garantire stipendi più alti al Nord perché il costo della vita è più alto non ha nulla a che vedere con il merito, né tiene conto degli sforzi enormi che molti docenti mettono in campo in contesti disagiati, dove la scuola rappresenta il principale presidio democratico’’ i capigruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Istruzione al Senato e alla Camera, Luca Pirondini e Anna Laura Orrico, 26.01.2023.

[3] ‘’Tornare a una differenziazione di gabbie salariali come c'era cinquant'anni fa è una follia, il nostro Paese è già abbastanza diviso non ha bisogno di aumentare le divisioni'' Maurizio Landini, Segretario generale nazionale della Cgil in un’intervista a Repubblica, 29.01.2023. 

[4] ‘‘Questa destra sta svelando il suo volto: vuole dividere ulteriormente il paese anziché ricucirne le fratture e vuole perpetrare all’infinito le diseguaglianze esistenti. Quindi, è l’idea di avere una scuola dei ricchi, magari collocate nei quartieri più belli delle città e in grado di attirare finanziamenti dei privati per aumentare l’offerta educativa, e dimenticare invece le scuole dei poveri’’, Elly Schlein, L’Aria che tira (La7), 26.01.2023

[5] La povertà assoluta rappresenta il valore monetario, a prezzi correnti, del paniere di beni e servizi considerati essenziali (alimentare, abitazione, residuale) per ciascuna famiglia, definita in base all’età e al numero dei componenti, alla ripartizione geografica e alla tipologia del comune di residenza. Una famiglia/individuo è considerata in povertà assoluta se ha una spesa mensile inferiore al valore monetario indicato dalla soglia di appartenenza. Fonte: ISTAT.

[6] Le aree interne consistono in Comuni Intermedi, Comuni Periferici e Ultra-periferici. Per maggiori informazioni sulle “aree interne” si veda il report dell’ISTAT, La geografia delle aree interne nel 2020: vasti territori tra potenzialità e debolezze, 2022.

[7] Un outlier in questo senso è rappresentato dal Trentino Alto Adige (77,3 per cento): la morfologia del territorio allontana l’accesso ad alcuni servizi per molti dei piccoli comuni montani che lo caratterizzano ma la qualità dei servizi a livello locale è molto elevata.

[8] La Legge di Bilancio 2023 integra quanto già stanziato nella LDB 2022 dal Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane. Si veda Legge di Bilancio 2022, comma 593, art.1

[9] Ne sono un esempio i due bandi di Regione Lombardia, tra gennaio e luglio 2022, per trovare medici di base a Milano: si sono presentati circa 66 candidati per 450 posti. Per maggiori informazioni si veda: Medici di base a Milano, il bando della Regione va male: solo 41 candidature per coprire oltre 200 posti.

[10] Per maggiori informazioni sul tasso di abbandono tra le varie specializzazioni si veda: “Scuole di specializzazione. Quasi 6.000 i medici in fuga”. Quotidianosanità.it, 23.02.2023

[11] Le risorse stanziate dalla Legge di Bilancio 2022 sono state incrementate nella LDB 2023 fino 200 milioni, di cui 140 per il personale del comparto sanitario operante nei servizi di Pronto Soccorso. LDB 2023, Art.1, comma 526

[12] Come osserva la sociologa Chiara Saraceno, “chi, lavorando in contesti difficili, ad alta intensità di povertà educativa, dedica più tempo al lavoro con gli studenti e alla costruzione di collaborazioni con la comunità circostante e con l’associazionismo per creare contesti favorevoli all’apprendimento, meriterebbe di essere pagato di più di chi, legittimamente, si attiene alle attività curriculari e all’orario contrattuale”. Per maggiori informazioni si veda l'intervista su Orizzonte Scuola, Stipendi docenti, Saraceno: “Differenze retributive devono riguardare la quantità di lavoro e responsabilità, non il costo della vita’’, 27.02.2023

Un articolo di

Leonardo Ciotti e Michela Garlaschi

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