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Crescita del Pil, l’Italia batte l’Eurozona?

09 giugno 2023

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Crescita del Pil, l’Italia batte l’Eurozona?

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Guardando agli sviluppi degli ultimi anni, da prima del Covid a oggi, il Pil italiano è cresciuto più di quello degli altri tre grandi Paesi dell’Eurozona (Germania, Francia e Spagna) ma meno di tutti gli altri e della media dell’area. La Francia è molto vicina all’Italia, e la Spagna – il Paese che più ha sofferto per le conseguenze economiche della pandemia – si sta riprendendo velocemente. Il vero problema è la Germania, che probabilmente ha risentito più degli altri delle tensioni geopolitiche manifestatesi nel 2022, data la sua straordinaria apertura al commercio e agli investimenti internazionali e la sua forte interrelazione sia con la Russia che con la Cina. Il rallentamento tedesco inciderà anche sull’economia italiana, viste le strette relazioni industriali fra i due Paesi. Ma finora l’Italia ha registrato una discreta tenuta per vari motivi: le ristrutturazioni realizzate nelle aziende esportatrici, la forte ripresa dei flussi turistici, i crediti di imposta edilizi e un aumento del rapporto fra debito pubblico e Pil maggiore rispetto alla media dell’Eurozona. I dati della crescita del 2022 rispetto al 2019 mostrano una distanza rispetto alla media dell’Eurozona di oltre un punto percentuale, che si accorcia se si considerano i dati trimestrali più recenti. Questi ultimi sono promettenti, ma non ancora sufficienti per affermare che si stia manifestando un’inversione di tendenza rispetto agli ultimi vent’anni, quando l’Italia ha quasi sempre rappresentato il fanalino di coda della crescita economica europea.

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Pil ed export italiani danno segnali incoraggianti

I dati più recenti sull’andamento del Pil italiano sono positivi e tali da indurre molti analisti a sottolineare che l’Italia va meglio degli altri Paesi dell’Eurozona, come a indicare che gli storici problemi strutturali sono stati superati. Ma come stanno davvero le cose? La risposta breve, piuttosto sorprendente, è che l’Italia sta andando meglio della Germania, della Francia e, per certi versi, anche della Spagna. Tuttavia, tutti gli altri Paesi dell’Eurozona stanno registrando tassi di crescita più elevati, in alcuni casi ben al di sopra di quelli italiani.

Come si vede dalla Tav. 1, nel periodo compreso tra il 2019 e il 2022, il Pil dell’Italia è aumentato cumulativamente dell’1 per cento, a fronte di valori più bassi per Francia (0,8 per cento), Germania (0,6 per cento) e Spagna (-1,3 per cento). Ciò significa che l’Italia ha più che recuperato il crollo del 2020 legato alla pandemia. Il rimbalzo è stato vigoroso, segno di un’economia in grado di rialzarsi nonostante la crisi successiva legata all’aumento dei prezzi dell’energia e delle altre materie prime. Tale dinamica è stata favorita dal miglioramento del quadro sanitario, dall’espansione dell’attività nel settore delle costruzioni e, infine, dalla crescita dei consumi e degli investimenti che hanno sorretto la domanda.[1] La situazione della Francia è molto vicina a quella dell’Italia, mentre notevoli differenze si riscontrano con Germania e Spagna.

Nel periodo considerato, tutti gli altri Paesi dell’Eurozona sono andati meglio rispetto a Italia, Francia, Germania e Spagna. Nonostante si tratti di Paesi molto più piccoli, i loro tassi di crescita si sono attestati a livelli talmente elevati da consentire una crescita media dell’Eurozona (in cui i quattro maggiori Paesi contano per circa il 75 per cento) del 2,4 per cento. Anche escludendo l’Irlanda, i cui dati sono gonfiati dai profitti delle multinazionali che le hanno consentito di mettere a segno un incredibile +35,1 per cento, il tasso di crescita medio (non ponderato) dei Paesi piccoli è del 5,7 per cento, ben superiore all’1 per cento dell’Italia.

Alla luce di questi dati, viene da chiedersi perché i Paesi piccoli crescano tanto più rapidamente degli altri. Guardando alle altre variabili riportate nella Tav. 1, emerge che quasi tutti i Paesi più piccoli hanno registrato una crescita delle esportazioni (in rapporto al Pil) maggiore rispetto a Germania, Francia e Italia.

Per esempio, sempre con riferimento al periodo 2019-2022, le esportazioni italiane sono aumentate del 5,5 per cento. Questo risultato – da attribuire in buona parte alle entrate turistiche – è migliore di quello registrato da Francia e Germania (rispettivamente 2,5 e 3,8 per cento), ma peggiore rispetto a quello di Belgio e Olanda (rispettivamente 12,9 e 10,1 per cento) e di quasi tutti gli altri piccoli Paesi nell’Eurozona.

Un’altra variabile chiave che ha sorretto la crescita dell’Italia è stata l’accumulazione di capitale che, nello stesso periodo, è aumentata di 3,8 punti percentuali del Pil. Questo dato riflette il buon andamento degli investimenti in costruzioni, su cui hanno inciso i crediti edilizi, e forse qualche iniziale maggiore investimento pubblico in attuazione del PNRR.

Un caveat molto forte rispetto a questi dati ci viene dall’andamento del debito pubblico. Nel periodo considerato, l’Italia è cresciuta meno della media dell’Eurozona, malgrado abbia accumulato più debito. Infatti, quest’ultimo è aumentato di 10,3 punti di Pil in Italia a fronte dei 7,5 dell’Eurozona.

Uno sguardo più ravvicinato

La Tav. 2 riporta dati analoghi a quelli visti finora, ma su base trimestrale, il che consente di includere gli aggiornamenti fino ai primi mesi del 2023. Emergono considerazioni simili a quelle discusse sopra, ma le distanze tra Italia ed Eurozona si accorciano, specie quando si include nell’analisi il primo trimestre del 2023. Confrontando il quarto trimestre del 2022 con il quarto del 2019, la crescita del Pil è dell’1,9 per cento in Italia a fronte del 2,3 dell’Eurozona.[2] Rimangono divari piuttosto ampi sul fronte delle esportazioni, la cui crescita è più bassa di un punto percentuale in Italia rispetto alla media dell’Eurozona. Anche su questi dati (sia per il Pil che per le esportazioni) l’Italia va meglio degli altri grandi Paesi, ma peggio di quasi tutti i piccoli.

Le distanze fra l’Italia e la media dell’Eurozona si accorciano fino ad annullarsi se si include nell’analisi il primo trimestre del 2023 che, per il nostro Paese, è stato molto favorevole (+2,5 per cento di Pil rispetto all’ultimo trimestre del 2019). Anche in questo caso però tutti gli altri piccoli Paesi dell’Eurozona registrano tassi di crescita più alti dell’Italia.

Spostando l’attenzione sui dati che di solito si utilizzano per analizzare la congiuntura economica emerge un quadro in parte diverso. Nella terza colonna della Tav. 2 sono riportate le variazioni del Pil fra il primo trimestre del 2022 e il primo di quest’anno. In questo caso si vedono gli effetti della recessione tedesca su molti Paesi più o meno grandi tra cui l’Italia che, con il suo +1,9 per cento, cresce comunque più di Francia (+0,9), Germania (-0,5) e della media dell’Eurozona (+1,0). Cresce però meno di molti altri Paesi, compresa la Spagna (+3,8) che, pur essendo il Paese che più ha sofferto per le conseguenze economiche del Covid, è attualmente uno dei Paesi più dinamici e sembra avviarsi a superare tutti gli altri grandi Paesi dell’Eurozona.

Il recupero della Spagna risulta evidente dalla Fig. 1. Tale andamento risente dell’impatto positivo legato sia al rilancio dei consumi privati che al rimbalzo del turismo.[3] Allo stesso tempo, questo grafico mostra le persistenti difficoltà della Germania e il buon recupero dell’Italia rispetto alla media dell’Eurozona.

Il rischio di un’economia tedesca in rallentamento

In conclusione, i dati positivi dell’Italia in rapporto agli altri maggiori Paesi sono dovuti a una molteplicità di fattori. In primo luogo, va registrata una buona tenuta delle esportazioni, che riflette le ristrutturazioni delle aziende e il loro rafforzamento patrimoniale avvenuto in questi anni difficili.[4] A svolgere un ruolo di stimolo della crescita sono stati la forte ripresa del turismo, i crediti edilizi e un aumento del debito pubblico maggiore che nella media dell’Eurozona. Questi fattori hanno consentito all’Italia di continuare a crescere anche nel primo trimestre del 2023, malgrado l’economia tedesca sia entrata in recessione. Le differenze rispetto alla Francia e alla Spagna sembrano dovute più a fattori congiunturali (per esempio un rimbalzo post-Covid più lento in Spagna che in Italia) che a tendenze di lungo periodo. Resta difficile spiegare perché nel periodo 2019-2022 tutti i piccoli Paesi dell’Eurozona abbiano fatto meglio di Italia, Francia, Spagna e Germania. Forse la corretta chiave di lettura parte dai Paesi maggiori: come mai questi, e in particolare la Germania, hanno registrato tassi di crescita molto bassi o persino negativi? A tal riguardo, e senza alcuna pretesa di completezza, si possono enucleare due fattori: la forte dipendenza dal gas russo e il rallentamento dell’export, molto esposto verso la Cina.

Secondo l’istituto di statistica tedesco, in soli 12 mesi l’import tedesco dalla Russia (in gran parte di gas) è sceso del 91 per cento da 3,7 miliardi a meno di 300 milioni di euro, il che ha comportato difficili riconversioni produttive.[5]

Riguardo all’export, la Fig. 2 (parte sinistra) mostra quanto l’economia tedesca sia aperta al commercio internazionale: nel terzo trimestre 2022 le esportazioni superavano il 50 per cento del Pil, a fronte di numeri molto più bassi per l’Italia (38 per cento), la Francia (35 per cento) e la Spagna (quasi 43 per cento). In particolare, le esportazioni tedesche vero la Cina si collocano fra il 2,5 e il 3 per cento del Pil, a fronte di valori inferiori all’1 per cento per gli altri Paesi considerati (Fig. 2, parte destra). Secondo il Fondo Monetario Internazionale, nei primi due mesi del 2023 l’export tedesco verso la Cina si è contratto di 11,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.[6] L’interdipendenza fra Germania e Cina va ben oltre l’export, dal momento che una parte notevole della manifattura delle imprese tedesche è direttamente o indirettamente made in China. In sostanza, le tensioni geopolitiche che si sono manifestate con forza nel corso del 2022 hanno penalizzato molto la Germania, che basava il suo modello di sviluppo su una straordinaria apertura al commercio internazionale e agli investimenti esteri in entrata e in uscita.

Naturalmente, sul rallentamento della Germania hanno influito anche altri fattori comuni all’intera Eurozona, quali l’inflazione, che ha eroso il valore reale di redditi da lavoro e risparmi, e l’aumento dei tassi di interesse deciso dalla BCE.

Al di là dei fattori congiunturali che hanno favorito la tenuta dell’economia italiana negli ultimi mesi, sembra difficile che le difficoltà dell’economia tedesca non si ripercuotano sull’Italia, la cui industria è fortemente interrelata a quella tedesca. Peraltro, i dati sulla crescita del Pil dal 2019 suggeriscono che l’Italia non ha ancora invertito un trend che, da molti anni, la vede circa un punto al di sotto della media dell’Eurozona. A questa stessa conclusione giunge il Governatore della Banca d’Italia che nelle sue Considerazioni finali elenca le tante riforme che l’Italia deve fare per tornare alla crescita, tra cui quella della pubblica amministrazione, dell’istruzione, della giustizia e della sanità, in assenza delle quali si possono avere alcuni dati congiunturali migliori degli altri Paesi, ma è difficile invertire un trend negativo che dura da almeno tre decenni.[7]


[1] Per maggiori dettagli si veda: “Relazione annuale in sintesi”, Banca d’Italia, 31 maggio 2023.

[2] Per maggiori dettagli si veda: “Conti economici trimestrali”, Istat, 31 maggio 2023.

[3] Per maggiori dettagli si veda: “Economic forecast for Spain”, European Commission, 15 maggio 2023.

[4] Per maggiori informazioni si veda: “Relazione annuale”, Banca d’Italia, 31 maggio 2023.

[5] Per maggiori informazioni si veda: “Imports from Russia down 91.0% in February 2023 on the same month a year earlier”, Federal Statistical Office of Germany, Press release No. 146, 13 aprile 2023.

[6] Per maggiori informazioni si veda: “Exports, FOB to Partner Countries”, International Monetary Fund.

[7] Per maggiori informazioni si veda: “Considerazioni finali del Governatore”, Banca d’Italia, 31 maggio 2023.

Un articolo di

Leonardo Ciotti, Giampaolo Galli, Nicoletta Scutifero

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