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Come viene rilasciata la cittadinanza in Italia e nell’Unione Europea

15 luglio 2022

Intermedio

Come viene rilasciata la cittadinanza in Italia e nell’Unione Europea

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In Italia si sta discutendo la proposta di legge sullo ius scholae che consentirebbe il rilascio della cittadinanza ai figli di genitori stranieri nati in Italia o che vi hanno fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età che hanno completato un ciclo scolastico di almeno cinque anni. Attualmente, la cittadinanza può essere rilasciata solo dopo aver raggiunto la maggiore età. Nel 2019 l’Italia, sui 27 paesi dell’Unione Europea, si posizionava al quattordicesimo posto per facilità nel rilascio della cittadinanza. Escludendo l’Est Europa eravamo però al tredicesimo posto su 16 paesi. 

La nota è stata ripresa da Repubblica in questo articolo del 16 luglio 2022.

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La proposta di legge attualmente in discussione in Parlamento sul c.d. ius scholae (proposta di legge A.C.105-A) permetterebbe ai figli di genitori stranieri nati in Italia o che vi hanno fatto ingresso entro il dodicesimo anno di età di richiedere la cittadinanza italiana, a patto di aver completato un ciclo scolastico di almeno cinque anni e di aver risieduto legalmente e senza interruzioni in Italia.

Come si può ottenere ora la cittadinanza?

Attualmente, la cittadinanza italiana può essere acquisita nei seguenti modi:

  • Alla nascita, se almeno un genitore è italiano (c.d. ius sanguinis).
  • Al raggiungimento dei 18 anni, se entrambi i genitori sono stranieri.
  • Richiesta a seguito di matrimonio: il coniuge straniero di cittadino italiano può ottenere la cittadinanza quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni Italia (la media nell’UE è di 3,6 anni). Bisogna, invece, attendere almeno tre anni dalla data del matrimonio se residente all’estero, qualora non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
  • Per naturalizzazione dopo dieci anni di residenza legale in Italia (media UE 6,8 anni), ridotti a cinque anni per coloro ai quali è stato riconosciuto lo status di apolide o di rifugiato e a quattro anni per i cittadini di paesi appartenenti all’Unione Europea (media UE 6,2 anni). In questo caso sono richieste altre condizioni minori quali il certificato di attestazione della lingua italiana, il pagamento di contributi amministrativi, la dimostrazione di avere redditi sufficienti al sostentamento e non avere precedenti penali.

Il confronto con gli altri stati dell’UE

Secondo il Migrant Integration Policy Index,[1] l’Italia nel 2019 era al quattordicesimo posto sui 27 paesi dell’Unione Europea a pari merito con la Grecia per facilità nella concessione della cittadinanza con un punteggio (sulla base del numero di anni di residenza richiesti per la naturalizzazione, vincoli alla cittadinanza per i figli degli stranieri, certificazione linguistica, esame di educazione civica, assenza di precedenti penali e la possibilità di avere la doppia cittadinanza) di 40 contro una media europea pari a 44,7 (Fig.1). Escludendo però l’Est Europa siamo però al tredicesimo posto su 16 paesi e la media aumenterebbe a 57,1 (Fig.2).  

Inoltre, la tendenza è negativa: dal 2013 al 2019, l’Italia ha perso 6 punti e due posizioni. Questo è dovuto principalmente ai decreti sicurezza del governo Conte I che hanno introdotto requisiti più stringenti per la cittadinanza, come: (i) l’obbligatorietà della certificazione attestante la conoscenza della lingua italiana a livello almeno B1; (ii) l’aumento del contributo richiesto necessario per richiedere la cittadinanza, passato da 200 a 250 euro; (iii) l’aumento da due a quattro anni del termine massimo per la conclusione dei procedimenti di riconoscimento della cittadinanza per matrimonio e per naturalizzazione. Quest’ultimo criterio è stato modifcato con la nuova legge sulla cittadinanza che ha ristabilito la durata massima pari a tre anni.[2]

Tornando alle condizioni per la concessione della cittadinanza ai minorenni figli di stranieri, la situazione nei vari paesi dell’UE si può categorizzare come segue:

  • Ius soli: nessun paese membro dell’Unione Europea prevede lo ius soli che lega la cittadinanza al luogo di nascita, approccio invece seguito dalla maggior parte degli stati del continente americano (83 per cento dei paesi inclusi gli USA, Canada, Brasile e Messico);
  • Ius soli “temperato”: Belgio, Germania, Irlanda e Portogallo prevedono una forma di ius soli “temperato” che consente di acquisire la cittadinanza alla nascita se i genitori, seppur stranieri, abbiano risieduto nel paese per un certo periodo di tempo;
  • Doppio ius soli: in Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Spagna è prevista la cittadinanza alla nascita se almeno uno dei genitori è nato nel paese in questione;
  • Doppio ius soli “temperato”: solo la Grecia applica questo principio. Si richiede, oltre alla nascita di almeno uno dei due genitori nel paese in questione, la residenza permanente.
  • Ius scholae: dei rimanenti 18 paesi dell’UE nessuno lo prevede. L’Italia, di conseguenza, potrebbe essere di fatto il primo paese europeo a introdurlo.

[1] Il Migrant Integration Policy Index è un indice redatto dal CIDOB e dal Migration Policy Group che misura le politiche per l'integrazione di 56 paesi nei paesi (compresi tutti gli stati membri dell'UE) dal 2007 al 2019. Questo indice è stato utilizzato in diverse occasioni anche dalla Commissione Europea.

[2] Dal 20 dicembre 2020, tutte le nuove domande di cittadinanza hanno una durata massima di 24 mesi, prorogabile a 36 mesi in caso di comprovati motivi oggettivi che impediscano di pronunciarsi nel termine di due anni.

Un articolo di

Francesco Scinetti

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