Ambiente e trasporti

Atac e Antitrust: una svolta in vista grazie al PNRR

06 marzo 2024

Intermedio

Atac e Antitrust: una svolta in vista grazie al PNRR

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Lo scorso ottobre Roma Capitale ha rinnovato fino al 2027 l’affidamento ‘in house’ ad Atac S.p.A. per la gestione del trasporto pubblico locale non periferico. A detta dell’ente, tale scelta porterà a dei risparmi di costo e a incrementi nella qualità del servizio offerto. L’Autorità garante della Concorrenza e il Mercato (AGCM) ha contestato l’affidamento, in quanto le motivazioni riportate per giustificare la proroga corrisponderebbero solo a una mera dichiarazione d’intenti anche – e soprattutto – alla luce dei risultati delle precedenti gestioni dell’Atac. Precedenti gestioni che hanno portato a (1) valutazioni sul servizio erogato sempre più negative e (2) penali che si aggirano sui 4 e i 6 milioni di euro per il mancato raggiungimento degli obblighi contrattuali previsti tra il 2016 e il 2019. Alla luce di questi fatti, AGCM suggerisce un affidamento tramite gara del servizio suddiviso per ‘lotti’, come avviene già ora in altre capitali europee come Londra e Stoccolma, e che consentirebbe un notevole risparmio per i contribuenti. Considerato il decreto legislativo 201/2022, approvato in via preliminare dal governo Draghi in attuazione di una specifica clausola del PNRR e poi confermato dal governo Meloni, sembra difficile che l’affidamento in house possa trovare ancora il favore dei giudici amministrativi. Forse, per merito del PNRR, la messa a gara del trasporto pubblico di Roma non è più così lontana.

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Nei giorni scorsi, due sentenze della Giustizia amministrativa hanno dato l’impressione che l’impegno dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) per la messa a gara del trasporto pubblico locale (TPL) di Roma sia destinato all’insuccesso. Probabilmente non è così, perché entrambe le sentenze hanno motivazioni particolari e il test vero sarà il ricorso dell’AGCM basato sul parere del novembre scorso relativo alla decisione di Roma Capitale di rinnovare l’affidamento in house fino al 2027.[1]

Quanto alle recenti sentenze dei giudici amministrativi, il 16 febbraio scorso il Tar del Lazio ha rigettato il ricorso presentato dall’Antitrust relativo alla proroga dell’affidamento per il periodo 1° aprile – 31 dicembre 2023. Il tribunale amministrativo ha infatti dichiarato il ricorso come “improcedibile” per “sopravvenuta carenza di interesse ad agire”, in quanto la deliberazione impugnata aveva ormai esaurito i propri effetti, essendo trascorso il periodo di riferimento.[2] Il commento che si può fare è che i tempi del TAR non sembrano compatibili con l’urgenza di agire che era implicita nel ricorso dell’AGCM e che in realtà vi era stata un’istanza cautelare contro la decisione della Giunta di prorogare per l’ennesima volta l’affidamento in house.

L’altra sentenza recente (7 febbraio scorso) è del Consiglio di Stato e si riferisce a un parere dell’AGCM risalente addirittura al febbraio del 2018; tale parere ricostruiva la vicenda da quando nel 2012 l’ente capitolino aveva rinnovato l’affidamento diretto del servizio grazie a una delibera che ne aveva inizialmente fissato il termine previsto per il 3 dicembre 2019. Tre anni dopo, nel 2015, fu approvato lo schema del nuovo Contratto di Servizio (CdS), il cui programma prevedeva un progressivo incremento dei ricavi da traffico e la riduzione dei relativi costi. Da allora, diverse sono state le proroghe del contratto.[3]

La sentenza del Consiglio di Stato non fa menzione dell’ultimo ricorso dell’AGCM relativo all’affidamento fino al 2027, ma si limita a valutare i fatti degli anni precedenti. L’argomento centrale è che in quegli anni (fra il 2017 e il 2022) la situazione di Atac era sostanzialmente fallimentare ed era in atto un regime concordatario in cui il comune di Roma si stava impegnando, anche con risorse finanziarie proprie, a risanare l’azienda. La messa a gara in queste condizioni, secondo il Consiglio di Stato, avrebbe potuto portare a conseguenze negative, non ultimo l’interruzione del servizio per gli utenti.

Ma adesso, con la conclusione del concordato preventivo avvenuta nel 2022, la situazione è diversa. Atac non è più una società a rischio fallimento e può tornare a investire risorse nel servizio. Non si può più riconoscere quindi quella peculiarità della situazione che ha contraddistinto tutte le motivazioni alla base delle proroghe avvenute fino a pochi anni fa. L’affidamento deve avvenire nel rispetto del quadro normativo vigente, nazionale ed europeo. Quadro che, a detta di AGCM, non sarebbe però stato rispettato neanche dalla recente delibera che ha fissato il nuovo affidamento del servizio ad Atac fino al 2027, nonostante il concordato sia cessato formalmente già da un anno.

Cosa contesta AGCM?

Vari sono i punti su cui l’Antitrust esprime i suoi dubbi.[4]

  • Per supportare la scelta di affidamento ‘in house’, l’ente capitolino sostiene che tale modalità di gestione consente di instaurare “rapporti sinergici” con il socio (cioè Atac), così da poter “prevedere e pianificare i cambiamenti su scala locale” in modo da poter realizzare al meglio gli obiettivi strategici preposti. Per AGCM tali argomentazioni sono inadeguate, in quanto omettono di considerare che “l’invocata sinergia tra ente affidante e gestore del servizio rappresenta una conseguenza propria e tipica di ogni affidamento ‘in house’ e, se il parametro per valutarne la legittimità fosse questo, l’utilizzazione di tale forma di affidamento sarebbe la regola generale”.
  • Roma Capitale fa inoltre riferimento ai supposti incrementi quantitativi e qualitativi attesi dall’offerta del servizio da parte di Atac grazie ai fondi provenienti dal PNRR e dal Giubileo 2025. Tali risorse dovrebbero essere impiegate nel rinnovamento della flotta al fine di migliorare la regolarità e l’affidabilità del servizio offerto. L’ente si aspetta che questi miglioramenti porteranno a un aumento dei ricavi – a parità di tariffe – pari al 12 per cento rispetto al 2019. Tuttavia, secondo l’AGCM, l’ente non ha fornito alcun dato dal quale desumere che il rinnovo del parco mezzi porterà a un tale miglioramento nella qualità del servizio. Anzi, i dati ricavabili dalle precedenti gestioni a guida Atac dimostrerebbero piuttosto l’incapacità del gestore di migliorare il servizio nei termini prefissati.
  • Un’altra motivazione presentata da Roma Capitale riguarda i presunti risparmi di costi che deriverebbero dal Piano Economico e Finanziario (PEF) preposto tramite affidamento diretto. Secondo l’ente, “i costi che dovranno emergere dal PEF saranno inferiori a quelli standard per almeno il 15 per cento”. Di conseguenza, “il risparmio annuo medio di Roma Capitale dovrà essere di almeno 150 milioni di euro” rispetto all’affidamento tramite gara pubblica. Per AGCM, i valori riportati dall’ente non sono altro che una mera dichiarazione d’intenti, considerando che Atac S.p.A. non risulta essere stata in grado, sinora, di generare vantaggi di efficienza nella gestione del servizio o risparmi per l’amministrazione.

In altre parole, AGCM ritiene che le valutazioni svolte da Roma Capitale in supporto della proroga del contratto non siano, allo stato attuale, “sufficienti né idonee” ad assolvere gli obblighi richiesti dal quadro normativo vigente.

La riforma dei servizi pubblici locali

Ma quali sono questi obblighi? Il riferimento è l’articolo 14 del d. lgs. 201 del 23 dicembre 2022, il cosiddetto “Testo unico sulla disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”, che fu approvato in via preliminare il 16 settembre 2022 dal governo Draghi e confermato in via definitiva dal governo Meloni. La riforma è parte integrante del PNRR e ha contribuito all’erogazione della terza rata. Al punto 2.2.2.(b) del PNRR (nel capitolo: “Riforme abilitanti: semplificazione e concorrenza”) è scritto:

“Si propone l’introduzione di una disciplina di maggiore competitività per l’affidamento dei servizi pubblici locali e la limitazione del ricorso all’affidamento a società in house e partecipate. Attualmente, l’affidamento in house di servizi disponibili sul mercato può aversi nel caso in cui le stazioni appaltanti effettuino una valutazione preventiva di congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, dando conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato e dei benefici della forma del in house (art. 192, c. 2 codice dei contratti pubblici). Dalla prassi applicativa emerge la sostanziale autoreferenzialità della motivazione.[5] Una riforma che anticipi la motivazione del provvedimento di affidamento del servizio potrebbe riportarla al suo obiettivo iniziale e consentire altresì a terzi interessati di contestarla”.

Nel successivo punto (c) è previsto che la norma si applichi anche al TPL, “che attualmente è oggetto di una disciplina speciale”.

Coerentemente con questi principi, l’articolo 14 del d. lgs. 201/2022 definisce gli aspetti di cui l’ente affidatario deve tenere conto nella scelta della modalità di gestione del servizio pubblico locale.[6] La scelta tra affidamento in house e ricorso al mercato deve avvenire sulla base:

  • delle “caratteristiche tecniche ed economiche del servizio da prestare […];
  • della situazione delle finanze pubbliche;
  • dei costi per l’ente locale e per gli utenti;
  • dei risultati prevedibilmente attesi in relazione alle diverse alternative, anche con riferimento a esperienze paragonabili;
  • nonché dei risultati della eventuale gestione precedente del medesimo servizio sotto il profilo degli effetti sulla finanza pubblica”.

Nella sua valutazione, inoltre, l’ente affidatario deve tener conto dei dati che emergono dalle verifiche periodiche effettuate sulla gestione dei servizi pubblici locali dei rispettivi territori.[7] Queste ricognizioni devono rilevare “il concreto andamento dal punto di vista economico, della qualità del servizio e del rispetto degli obblighi indicati nel contratto di servizio”. Tutti aspetti che, secondo AGCM, non sarebbero stati considerati a sufficienza dall’ente.

Qualità del servizio e penali

L’Autorità riporta infatti che dal 2016 al 2019 Atac S.p.A. ha pagato ogni anno penali per il mancato raggiungimento degli obiettivi contrattuali tra i 3,8 e i 6,1 milioni di euro all’anno.[8] Anche i finanziamenti progettati sia dall’affidatario che dal gestore sono diversi da quelli effettivamente realizzati. Per esempio, AGCM riporta che per il periodo 2018-2022 dai bilanci di Atac risultavano a consuntivo 28 milioni di euro di investimenti in nuovi autobus finanziati da Roma Capitale, a fronte di 7 milioni di euro in autofinanziamenti acquistati dal gestore. Tuttavia, i preventivi originali stabiliti nel Piano Concordatario erano ben diversi: 89 milioni di euro autofinanziati da Atac e 118 milioni di euro finanziati da Roma Capitale, per un totale di 207 milioni.[9]

Oltre alle penali, il mancato raggiungimento degli obiettivi preposti ha avuto un effetto avverso anche sulla qualità del servizio percepita dagli utenti. Guardando il rapporto annuale dell'ACoS 2023, emergono infatti le debolezze del servizio di trasporti per la Capitale.[10] Nel settore della mobilità e del trasporto sono state rilevate valutazioni tendenzialmente negative e peggiorative rispetto al passato, che confermano anche il malcontento per la questione Atac. Il trasporto pubblico, soprattutto quello offerto da tram e autobus, riceve voti molto bassi (il servizio offerto da tram e autobus ha un punteggio di 5,6, la metropolitana di 5,9), riflettendo la crescente insoddisfazione degli utenti su questo fronte.[11] Tra i fattori che incidono sui voti negativi vi sono le attese, il numero inadeguato di mezzi in circolazione, l’incertezza sul regolare servizio e il sovraffollamento negli orari di punta. Più ci si allontana dal centro storico, più la valutazione tende a scendere (salvo rare eccezioni). Per quanto riguarda la metro, dove il servizio è presente si evidenziano comunque criticità: strutture fatiscenti, non agevolmente accessibili (con alcuni ingressi bloccati), aree circostanti invase da rifiuti e in stato di abbandono. Per quanto riguarda i prezzi, invece, Roma si trova a metà nella classifica dei capoluoghi, insieme a città come Venezia, Genova e Firenze; Milano è la città il cui biglietto costa di più, seguita da Torino.[12]

Proposte e confronti con l’estero

Alla luce di tutte queste contestazioni, AGCM auspica che Roma Capitale valuti la possibilità di una graduale apertura alla concorrenza del mercato del trasporto pubblico locale non periferico. La generalità degli studi empirici sembra infatti concorde nell’associare alle gare per l’affidamento dei servizi di TPL – sia su ferro che su gomma – una serie di effettivi positivi, primo fra tutti sul costo che grava sui conti pubblici.[13] AGCM suggerisce così l’adozione di una divisione in lotti del servizio del TPL romano, portando a favore di questa proposta l’esempio della città di Londra.[14]

Nella capitale inglese le 675 tratte di autobus vengono pianificate dal Transport for London (l’ente responsabile dell’organizzazione e il funzionamento del trasporto pubblico locale). Le tratte vengono poi messe a gara singolarmente, con una tempistica a scaglioni che consente di mantenere una pressione concorrenziale sui prezzi. La pubblicazione delle gare è infatti continua, per cui in media ogni anno viene messo a gara il 15-20 per cento dei servizi della rete londinese (circa 90-120 linee): in altre parole, si svolge in media una procedura di gara ogni 2-4 settimane. La durata di questi contratti è pari a 5 anni, estendibili al massimo per altri 2 anni. AGCM attribuisce a questa modalità di affidamento una notevole riduzione dei sussidi pubblici (-93 per cento rispetto al periodo in esame), arrivando a una copertura dei costi con i ricavi da traffico prossima al 98 per cento (15 anni prima era pari al 60 per cento). Ciononostante, negli anni pre-Covid il tasso di soddisfazione degli utenti londinesi relativo al TPL locale è sempre stato alto (intorno al 90 per cento), ed è risultato in crescita.

AGCM confronta anche gli effetti derivanti dall’indizione delle gare pubbliche nella gestione del TPL in due paesi con sistemi organizzativi diversi, quali Francia e, appunto, Regno Unito. In Francia, anche quando l’affidamento avviene con gara pubblica c’è una fase di contrattazione privata, per cui spesso diverse condizioni contrattuali sono definite al di fuori della gara; nei fatti, i contratti più diffusi sono quelli che trasferiscono in tutto o in parte il rischio d’impresa all’autorità pubblica. AGCM riporta che, nei periodi in esame,[15] gli effetti sui costi delle due modalità di indizione delle gare sono stati addirittura di segno opposto: a Londra i costi per veicolo-km sono scesi in modo significativo (circa il 30 per cento nei primi 10-15 anni, fino a un livello pari al 46 per cento), mentre in Francia i costi hanno continuato ad aumentare e per tutto il periodo considerato si sono mantenuti su livelli di gran lunga più elevati.

Quale riforma?

AGCM sottolinea come non basti indire una gara pubblica per garantire il buon funzionamento dei meccanismi concorrenziali: anzi, se non disegnata correttamente, la gara rischia di confermare le gestioni degli operatori cosiddetti “incumbent”, generando così degli esiti che non si discostano dai risultati prodotti dalle altre modalità di affidamento. Secondo AGCM, in Italia, quando si fa uso della gara pubblica ricompaiono spesso certi aspetti, tra cui: il ricorso all’affidamento di un unico lotto, anche esteso a tutto il bacino regionale; i conflitti di interesse, visto che in molti casi le aziende incumbent sono controllate dagli enti locali di riferimento (come Atac); le difficoltà di reperimento del materiale rotabile e su gomma; le difficoltà di accesso alle infrastrutture necessarie per lo svolgimento del servizio (come depositi e officine); le clausole di protezione sociali, spesso troppo ampie e restrittive; ecc. Tutte queste ricorrenze rappresentano, a detta dell’AGCM, un ostacolo per il raggiungimento della piena concorrenza sul mercato.

In conclusione, in Italia si osserva una persistente inclinazione nel mantenere lo status quo nella gestione del TPL: il 60 per cento circa delle gare bandite vengono infatti aggiudicate agli incumbent, e solo in un caso su cinque la gara promuove l’apertura al mercato di nuovi operatori in grado di operare autonomamente per garantire l’offerta del servizio. A molte di queste gare segue, inoltre, un importante contenzioso amministrativo che genera ulteriore incertezza, e che spesso incentiva gli enti locali alla proroga dei contratti per scongiurare l’interruzione del servizio.

Conclusioni

Le opinioni degli utenti confermano come lo stato del TPL romano sia certamente grave. Questo stato di cose è confermato dalle continue penali imposte ogni anno, che dimostrano come Atac S.p.A. non sia stata in grado di migliorare la situazione negli anni in cui ha avuto la gestione del servizio. Le continue proroghe del contratto da parte di Roma Capitale non sembrano quindi trovare alcuna giustificazione concreta, e AGCM sembra aver ragione quando ritiene che, alla luce delle passate gestioni, le motivazioni presentate dall’ente per giustificare l’estensione del termine appaiono più una dichiarazione d’intenti che altro.

Riassumendo, invece di prorogare il contratto con Atac, Roma Capitale dovrebbe avviare una programmazione efficiente delle gare del trasporto pubblico locale, così da garantire un miglioramento nel servizio per tutti quei pendolari che ogni giorno pagano un biglietto. In effetti, alla luce del decreto legislativo 201/2022, approvato in via preliminare dal governo Draghi in attuazione di una specifica clausola del PNRR e poi confermato dal governo Meloni, sembra difficile che l’affidamento in house possa trovare ancora il favore dei giudici amministrativi. Forse, per merito del PNRR, la messa a gara del TPL di Roma non è più così lontana.

Come è ovvio, anche con la messa a gara del servizio non si avrà la certezza che (1) verrà garantita la piena trasparenza del bando e (2) la gestione del servizio non potrà tornare di nuovo in mano all’incumbent. Tuttavia, già il solo fatto di riuscire a mettere a gara l’affidamento dopo decenni di gestione di Atac è certamente un aspetto degno di nota. L’ente affidante dovrà perciò avere cura di disegnare la gara in modo da eliminare le barriere all’entrata che potrebbero avvantaggiare in maniera scorretta l’attuale gestore. Di fondamentale importanza sarà anche l’attività svolta da AGCM, che potrà perseguire – ed eventualmente prevenire – il verificarsi di inadempienze nella regolare procedura di gara. Proprio al fine di monitorare l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali alla luce dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 201/2022, nell’aprile 2023 è diventata operativa, in seno all’Autorità, una nuova direzione “Concessioni e Servizi Pubblici Locali”.[16]


[1] Le contestazioni dell’AGCM relative alla proroga per il 2024-27 sono riportate nel Bollettino 4/2024, AS1936, pagine 24-32. L’affidamento ‘in house’ si verifica quando un’azienda o una pubblica amministrazione assegna un incarico o un servizio a una struttura interna alla propria organizzazione anziché affidarlo a un soggetto esterno.

[2] La sentenza del Tar è disponibile al seguente link.

[3] La Deliberazione dell’Assemblea Capitolina (DAC) che ha disposto l’affidamento ‘in house’ ad Atac è la n. 47/2012. La Deliberazione della Giunta Capitolina (DGC) con cui è stato approvato lo schema del nuovo CdS è la n. 273/2015. La prima proroga del CdS è stata decretata tramite la DAC n. 2/2018 e prevedeva l’estensione del contratto fino a dicembre 2021; la seconda proroga è stata disposta tramite la Determinazione Dirigenziale (DD) n. 880/2021 fino a aprile 2022; la terza proroga, fino a dicembre 2022, è stata stabilita con il DGC n. 96/2022; la quarta è stata determinata con la Deliberazione n. 453/2022 fino a marzo 2023; la quinta è stata istituita con la Deliberazione n. 107/2023 fino a dicembre 2023; la sesta, fino a luglio 2024, è stata decretata attraverso la DD n. 1597/2023. Il rinnovo dell’affidamento fino al 2027 – la cui procedura è ancora in corso di completamento – deriva, invece, dalla DAC n. 159/2023.

[4] Si veda il Bollettino 4/2024 dell’AGCM, AS1936, (pp. 24-32) per maggiori informazioni.

[5] Nostra sottolineatura.

[6] Il testo del d.lgs. 201/2022 è disponibile al seguente link.

[7] Inoltre, in caso di affidamento in house di importo superiore alle soglie di rilevanza europea, l’articolo 17, comma 2, prevede che la delibera di affidamento sia basata su una qualificata motivazione che dia espressamente conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato ai fini di un’efficiente gestione del servizio.

[8] Nel 2020-21 le penali comminate sono state pari solo allo 0,3 per cento, ma ciò sarebbe da ricondursi, a detta di AGCM, alla sospensione nell’applicazioni delle penali disposta a seguito dell’emergenza sanitaria (legge n. 27/2020). Interessante notare come nel 2022 l’importo delle penali sia cresciuto allo 0,8 per cento, nonostante nel primo trimestre valessero ancora le disposizioni eccezionali relative all’emergenza sanitaria.

[9] Successivamente, Roma Capitale ha assunto l’indirizzo di procedere in maniera diretta all’acquisizione di gran parte dei mezzi (per un totale di 667 degli 811 acquistati fino al 2022) e di conferirli ad Atac S.p.A. in usufrutto oneroso.

[10] La relazione annuale 2022/2023 di ACoS è disponibile al seguente link. L’ACoS è l’agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali di Roma Capitale.

[11] La valutazione nell’indagine si estende da 1 (totale insoddisfazione) a 10 (totale soddisfazione).

[12] Per maggiori informazioni si veda il seguente link. A livello europeo, Roma si trova a metà classifica: la capitale europea dove un biglietto singolo costa di meno è Bucarest, la città europea che costa di più è Stoccolma. Si veda il seguente link per maggiori informazioni.

[13] Per esempio, AGCM riporta che l’indizione di gare pubbliche per il trasporto ferroviario ha portato a una riduzione dei sussidi pubblici in Olanda (-20/-50 per cento), in Svezia (-20/-30 per cento) e in Germania (-30 per cento circa). Per maggiori informazioni si veda pagina 102 del report “Condizioni concorrenziali nei mercati del trasporto pubblico locale” di AGCM (giugno 2016).

[14] Anche a Stoccolma il servizio di trasporto pubblico su gomma si basa su una suddivisione in lotti; il territorio della città è diviso in sub-aree, e il vincitore della gara si occupa anche dell’attività di pianificazione.

[15] I dati francesi riguardano il periodo 1993 al 2011; quelli londinesi il periodo 1996-2009.

[16] Si veda il seguente link.

Un articolo di

Rossana Arcano, Alessio Capacci, Giampaolo Galli

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