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Lo scenario “tendenziale” del Def è uno specchietto per le allodole

16 aprile 2024

Lo scenario “tendenziale” del Def è uno specchietto per le allodole

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Ma una cosa è chiara: con la prossima legge di bilancio aumenterà non solo il debito (per il Superbonus), ma anche il deficit.

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Come noto, quest’anno il governo ha scelto di presentare un Def monco, privo della parte programmatica. C’è solo il cosiddetto scenario “tendenziale”. Peccato che questo scenario sia privo di qualsiasi significato, perché è fatto “a legislazione vigente” e non “a politiche invariate”, come di solito ci chiede di fare la Commissione europea. Questo significa che non sono rinnovate le misure di sgravio fiscale e contributivo del 2024, non sono rifinanziate le missioni di pace nel mondo, e, soprattutto, che quasi tutti i comparti della spesa pubblica sono fissi in termini nominali: non ci sono i rinnovi dei contratti del pubblico impiego, il finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale è quasi congelato e si azzerano tutte quelle spese che, come nel caso degli incentivi agli investimenti, richiedono un atto normativo per essere rinnovate. Il risultato è che la spesa primaria, ossia al netto degli interessi, diminuisce dal 46,8 per cento del Pil previsto per il 2024 al 44 per cento nel 2027, con una riduzione di ben 3,2 punti. Non così per le entrate le quali, a legislazione vigente, aumentano con il Pil e/o i consumi. Quindi lo scenario che si presenta è uno scenario iper-virtuoso in cui in soli tre anni il saldo primario passa da un rosso di 0,4 per cento del 2024 a un avanzo del 2,2 per cento nel 2027. Malgrado l’andamento sfavorevole della spesa per interessi, il deficit complessivo migliora dal 4,3 per cento previsto per il 2024 al fatidico 3 per cento nel 2026 e addirittura al 2,2 per cento nel 2027. I non addetti ai lavori, compresi alcuni negli uffici studi delle grandi banche di investimento internazionali, rimangono un po’ sconcertati da questi numeri e si chiedono per quale ragione i conti pubblici dell’Italia dovrebbero mai andare a posto senza far nulla, senza cioè che vi sia bisogno di una qualsivoglia manovra restrittiva. La risposta, a essere benevoli, è che il nostro “tendenziale” è uno specchietto per le allodole. Serve perché è su questo che la Ragioneria dello Stato deve fare i conti delle misure che vengono prese nella legge di bilancio. Ma non serve per capire quali siano le tendenze di medio termine dei conti pubblici.

Ovviamente, gli estensori del Def sono ben consapevoli di tutto ciò, e infatti a pagina 23 del Volume secondo pubblicano una microscopica tabella che “espone l’impatto del rifinanziamento di alcune misure cui si potrebbe dar corso in considerazione degli impegni internazionali e fattori legislativi”. Finalmente un piccolo squarcio di luce! Nel 2025 (l’unico anno che conta per i politici) l’indebitamento netto della PA, lungi da scendere virtuosamente in direzione 3 per cento, sale: dal 4,3 per cento del preconsuntivo 2024 al 4,6 per cento. Dunque l’anno prossimo non aumenta solo il debito/Pil (colpa del Superbonus), aumenta anche il deficit/Pil che con il Superbonus non c’entra nulla. Incredibilmente, questo aumento non è oggetto di una sola riga di commento. Eppure, la differenza fra il deficit 2025 a politiche invariate (101,893 miliardi) e quello a legislazione vigente (81,970 miliardi) è di ben 19,923 miliardi! Comunque sia, questo è il punto di partenza per la trattativa sulla prossima legge di bilancio, (al ribasso) con la Commissione e (al rialzo) con la politica italiana; 4,6 per cento e 19,9 miliardi: con tutto il dovuto rispetto per il difficile lavoro dei bravi economisti del MEF, questi sono gli unici due numeri che contano nelle centinaia di pagine degli spessi volumi del Def.

Leggi l’articolo completo qui.

Un articolo di

Giampaolo Galli

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