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L'UE e il peso del debito

25 maggio 2022

L'UE e il peso del debito

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Le raccomandazioni pubblicate due giorni fa dalla Commissione Europea hanno suscitato un notevole interesse politico nel nostro Paese. Visto che però c’è stata parecchia confusione in proposito, vorrei chiarire cosa è accaduto e quali sono le implicazioni per l’Italia.

Cosa è accaduto? Due cose. La prima riguarda le regole europee sui conti pubblici, la cui efficacia era stata sospesa dall’attivazione della cosiddetta general escape clause nella primavera del 2020. Alla luce dell’elevata incertezza macroeconomica derivante dalla guerra in Ucraina, la clausola resta attiva per tutto il 2023. Sembra che le discussioni su questo punto all’interno della Commissione siano state piuttosto accese. Fatto sta che alla fine le regole rimangono in sospeso. Attenzione: per uno dei tanti bizantinismi delle procedure europee in quest’area, il rinvio della riattivazione delle regole non comporta che una “procedura di deficit eccessivo” (quella che, per esempio, parte se un paese eccede il deficit del 3 per cento del Pil) non possa iniziare prima del 2024. Infatti (e questo ci fa capire come la discussione in proposito sia stata animata), i documenti della Commissione indicano esplicitamente che, per l’Italia, “la Commissione non ha proposto di aprire nuove procedure di deficit eccessivo nella primavera del 2022 e rivaluterà la rilevanza di proporre di aprire procedure di deficit eccessivo nell’autunno 2022”. Ma se anche tale procedura fosse avviata, cosa che, comunque secondo me non avverrà, non ci sarebbero conseguenze di fatto per l’Italia per tutto il 2023.

La seconda cosa che ha fatto la Commissione è di pubblicare le proprie raccomandazioni a tutti i paesi dell’Unione su cosa dovrebbero fare con le loro politiche economiche. Qui non c’è nulla di nuovo. Si ripete, cosa fatta in tutti gli anni precedenti, che l’Italia ha squilibri macroeconomici eccessivi per effetto del suo alto debito pubblico e bassa crescita della produttività. E si fa poi l’abituale elenco delle cose che dovremmo fare: implementare il Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza (PNRR), che è considerato come adeguato per ridurre le nostre debolezze strutturali, condurre una politica di bilancio prudente (tenendo l’aumento della spesa pubblica al di sotto della crescita del Pil potenziale) e attuare la riforma fiscale (che, notate, non è parte del PNRR), compresa la revisione del catasto. Rispetto alla riforma fiscale, la Commissione reitera la necessità di tassare meno il lavoro e di più le case.

Passiamo alle implicazioni di tutto questo per l’Italia. Non sono particolarmente rilevanti, per lo meno nell’immediato. Parto dalle tasse sulla casa. La raccomandazione della Commissione, peraltro reiterata di recente anche dal Fondo Monetario Internazionale, resta una raccomandazione senza effetto pratico, dato che, come notato, la riforma fiscale non è sottoposta alla condizionalità del PNRR. Passo alla cosa che forse sembra più rilevante: il mantenimento per tutto il 2023 della clausola che sospende l’efficacia delle regole europee sui conti pubblici. Anche qui, però, le implicazioni sono meno forti di quanto si potrebbe pensare. Primo, finché al timone ci sono Mario Draghi e Daniele Franco, la nostra politica di bilancio sarà comunque gestita con un elevato grado di prudenza, indipendentemente dalle regole europee. Secondo, il vero vincolo ai nostri conti pubblici non è mai venuto dalle regole europee, ma dal comportamento dei mercati finanziari. Forse perché siamo la patria del diritto, tendiamo a pensare che il mondo sia controllato solo da leggi e regolamenti. Per cui, se non violiamo le regole europee, possiamo stare tranquilli. È un po’ come pensare che sospendere il limite di velocità, ci garantirebbe da incidenti stradali. Magari! Non è così. Quello che ci ha vincolato in passato è stata la reazione dei nostri creditori (gli acquirenti dei nostri Titoli di Stato) al nostro elevato debito pubblico. E anche guardando in avanti, resta quello il problema. I tassi di interesse hanno cominciato a crescere in tutto il mondo, compreso in Europa, e il tasso sui BTP, anche per effetto del ritorno dello spread ai massimi da due anni, è di recente salito al 3 per cento. La BCE, a causa dell’elevata inflazione, sta per terminare il programma di acquisto dei nostri BTP e l’ultimo intervento di Christine Lagarde ha fatto pensare che già da luglio potrebbe esserci un aumento dei tassi di interesse della nostra banca centrale, con effetti inevitabili sui tassi di mercato. Questo è un oggettivo elemento di preoccupazione e il prolungamento di un anno della general escape clause non rende questo rischio meno rilevante.

Un articolo di

Carlo Cottarelli

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