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Il miraggio del calo dei debiti

08 gennaio 2024

Il miraggio del calo dei debiti

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I margini di manovra per il governo sono risicatissimi, probabile che gli obiettivi del deficit siano rivisti al rialzo. Poi arriveranno gli effetti del fattore demografico.

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Lo stato e le prospettive dei nostri conti pubblici non sono molto diverse dal passato: il debito pubblico resta alto e non ci sono prospettive per ridurlo. Questo lascia esposta l’Italia al rischio che un evento sfavorevole causi una fuga degli investitori dal mercato dei nostri titoli di Stato. Per fortuna sono eventi rari. Ma il rischio comunque esistente lo si paga con un livello dei tassi di interesse sul debito più alto di quello degli altri Paesi dell’area dell’euro, con conseguenze negative per l’economia.

Partiamo dalla dinamica del rapporto tra debito pubblico e Pil prevista dal governo. Il rapporto, dal 140,2 per cento a fine 2023, dovrebbe scendere al 140,1 per cento a fine 2024; al 139,9 per cento a fine 2025 e al 139,6 per cento a fine 2026. Tre anni per una discesa dello 0,6 per cento, un’inezia. Le cose potrebbero però andar peggio. Primo, il governo prevede entrate da privatizzazioni pari all’1 per cento del Pil nel triennio senza che (a parte Monte dei Paschi e Ita) sia chiaro cosa si intende vendere. Secondo, il governo prevede che il Pil nel 2024 cresca dell’1,2 per cento, cosa improbabile visto che negli ultimi cinque trimestri abbiamo viaggiato allo 0,4 per cento. Quindi, è probabile che il rapporto tra debito pubblico e Pil aumenti leggermente nel triennio.

C’è un altro problema: queste previsioni assumono che dopo il 2024 il governo non confermi i tagli temporanei di imposte e contributi sociali inclusi nell’ultima legge di bilancio, che ammontano a 14 miliardi (lo 0,7 per cento del Pil). Il costo politico di non confermarli sarebbe alto, nell’anno di un possibile referendum sulla riforma costituzionale. Più probabile quindi che, in assenza di pressioni esterne, l’obiettivo di deficit sia rivisto verso l’alto nel 2025-26. Se ciò avvenisse, il debito crescerebbe ulteriormente. E dopo il 2026 ci penseranno i fattori demografici a far proseguire la crescita, come riconosciuto negli scenari (in assenza di interventi, comprese le riforme) inclusi nei documenti governativi.

Questo, come ho detto, senza pressioni esterne. Vedremo se le discussioni con la Commissione europea alla luce del nuovo patto di stabilita richiederanno un intervento per ora non previsto da Giorgetti. Non entro nei dettagli, ma il problema non è tanto il 2024 (anche se potrebbe partire una procedura di deficit eccessivo), ma il biennio seguente. Vedremo che accadrà.

Questo per quanto riguarda il livello del debito. La composizione del debito, in termini di soggetti creditori, è pure importante. La cosa che ci ha aiutato molto a partire al 2015 è che una quota crescente del nostro debito è in mano alla BCE, o, meglio, alla Banca d’Italia che è parte del sistema delle banche centrali europee. Si tratta al momento di circa un quarto del debito pubblico italiano, non poco. Questo dà più stabilita al nostro debito rispetto a dieci anni fa. La brutta notizia è che questa quota si sta riducendo per la fine delle operazioni della BCE a sostegno al mercato dei titoli di Stato. La buona notizia è però che il calo sta avvenendo a un ritmo lento. L’altra cosa che aiuta è la leggera crescita nella quota di titoli di Stato detenuti dalle famiglie italiane che, si spera, sarebbero restie a venderli in periodi di tensione. Tutto sommato, però, non mi sembra ci si possa aspettare che la staticità nel livello del debito possa essere compensata da una più favorevole sua composizione.

Insomma, niente di nuovo sul fronte occidentale. Il problema del debito resta. Come ho detto, questo non significa che ci si debba aspettare una crisi. Per questa servirebbe uno shock all’economia. La crisi del 2011 fu causata dal contagio della crisi greca, compresa la percezione che la ristrutturazione del debito pubblico fosse ormai cosa accettabile nell’area dell’euro, grazie anche alle improvvide dichiarazioni di Merkel e Sarkozy a Daeuville a fine 2010. Nel marzo del 2020 ci stavamo avviando verso una crisi a causa dello scoppio del Covid, poi intervenne la BCE.

Ecco, se eventi di questo tipo si verificassero, occorrerebbe sperare nell’intervento della BCE per spegnere l’incendio. La BCE ha introdotto nel 2022 un nuovo strumento (chiamato Transmission Protection Instrument) che consente interventi a favore di un Paese se il Paese in questione sta rispettando gli impegni europei (tipo PNRR e Patto di stabilità). Altrimenti occorrerebbe richiedere aiuto al Mes, ironia della sorte.

Ma, come ho detto, le crisi del debito sono rare. Più probabile è che continueremo a pagare il nostro alto debito pubblico con uno spread più elevato, il che comunque assorbirà risorse utili per far crescere l’Italia.

Un articolo di

Carlo Cottarelli

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