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I margini sono stretti ma sarà dura fermare l’assalto alla diligenza

18 ottobre 2021

I margini sono stretti ma sarà dura fermare l’assalto alla diligenza

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Il governo dovrà inviare al Parlamento entro il 20 ottobre la Legge di Bilancio per il 2022. Cosa possiamo attenderci? Cosa ci dovrebbe stare e, ugualmente importante, cosa non ci dovrebbe stare? Non aspettatevi troppe novità. I soldi a disposizione non sono molti.

La LdB si dovrà collocare entro il quadro definito dalla Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NADEF) del settembre scorso. La NADEF ci dice che il deficit pubblico (ossia, grosso modo, la differenza tra la spesa pubblica e le tasse pagate dagli italiani) sarà pari al 5,6 per cento del PIL, 106 miliardi, in forte calo rispetto al 2021 (168 miliardi) visto che la ripresa economica comporta maggiori entrate e minori necessità di spesa. La NADEF dice anche che, senza nuove misure, il deficit sarebbe stato di 83 miliardi. Il che significa che nella LdB avranno spazio misure per circa 23 miliardi (106 meno 83). Come saranno utilizzate? Lo doveva indicare il Documento Programmatico di Bilancio da inviare a Bruxelles venerdì scorso (in preparazione della LdB da mandare in Parlamento entro il 20 ottobre), ma ancora non è stato approvato.

La NADEF dà però qualche indicazione generale. Qualche miliardo verrà usato per le cosiddette “politiche invariate”. Si tratta di misure che sono rinnovate di anno in anno per lasciare le cose come stanno. Non sono quindi vere nuove misure. Entrano in questa categoria il costo delle missioni militari all’estero (che dovrebbe essere più basso nel 2022 visto il ritiro dall’Afghanistan), il costo delle operazioni “strade sicure”, i finanziamenti al terzo settore. Non dovrebbe trattarsi di cifre grosse. Verranno però rinnovate altre e più consistenti misure introdotte di recente: l’aumento delle spese sanitarie, gli incentivi all’efficientamento energetico (alias il prolungamento del superbonus al 110 per cento), il fondo di garanzia per le PMI e gli incentivi agli investimenti innovativi. Ci sarà anche la messa a regime dell’assegno unico, entrato in vigore nel 2021 ma che era stato interamente finanziato solo fino a dicembre. Quindi, non si tratta, anche qui, di veri cambiamenti di politica, ma di continuazione di politiche già esistenti. Il rinnovo dei finanziamenti fornisce però l’occasione di valutare se qualche correttivo non debba essere introdotto a tali provvedimenti. Per esempio, una misura come il superbonus al 110 per cento, in cui le spese ricadono interamente a carico dello stato, non porta al rischio di una gonfiatura eccessiva dei costi di realizzazione (se paga lo stato, perché dovrei preoccuparmi che il prezzo sia giusto)? Gli attuali massimali per tipo di costo potrebbero non essere sufficienti per evitare il problema (vedi la recente nota di Ricciardi e Brugnara sul sito dell’Osservatorio Conti Pubblici Italiani). Stesso discorso per il reddito di cittadinanza. La Nadef non lo cita esplicitamente, ma il governo, pur mantenendolo, sembra essere intenzionato a modificarlo. Qui l’esigenza è quella di evitare gli abusi, ma, soprattutto di rendere il reddito di cittadinanza più equo: al momento è molto generoso per i single che vivono in piccole città e nelle regioni del Mezzogiorno (dove il costo della vita è più basso), mentre è meno generoso per le famiglie con figli, soprattutto se vivono al Nord e in grandi città (dove il costo della vita è maggiore).

Le misure davvero nuove saranno quindi limitate. La NADEF nomina la riforma degli ammortizzatori sociali, che di per sé dovrebbe costare parecchi miliardi, e “un primo stadio della riforma fiscale”, visto che il disegno di legge delega sul fisco, di recente approvato dal governo, ha tempi parecchi lunghi. Non restano molti soldi per tagliare le tasse ma qualcosa sarà fatto forse sui redditi medio-bassi. La NADEF non parla dell’uscita da Quota 100, ma sembra politicamente impossibile evitare un ritorno alla legge Fornero. Qui l’orientamento del governo, o per lo meno del Presidente del Consiglio e del Ministro dell’Economia, sembra orientato, appropriatamente, solo a estendere i benefici previsti per i lavori usuranti. Ma il tema è molto scottante. Qualunque maggiore spesa si andrà a sommare al costo di Quota 100: 30 miliardi cumulati dalla sua introduzione al 2028.

La LdB conterrà anche spese finanziate non in deficit ma attraverso i finanziamenti a fondo perduto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Nel valutare l’effetto macroeconomico della manovra non dobbiamo dimenticarci di queste spese, ma anche queste erano già previste. Si spera che rientrino in questa categoria, oltre agli investimenti pubblici, anche spese per la pubblica istruzione, altrimenti mancanti e molto più rilevanti di tante delle spese sopra elencate.

Cosa non dovrebbe stare nella LdB (ma probabilmente ci sarà)? La pletora di mini misure (l’assalto alla diligenza) che ha sempre caratterizzato le nostre leggi di bilancio nonostante la legge sul bilancio dello stato del 2009 ne proibisca l’inclusione. Sono misure dal costo non irrilevante e che assorbono tempo che potrebbe essere utilizzato da governo e parlamento per i provvedimenti davvero essenziali.

Un’ultima cosa si dovrà decidere. Poche settimane fa il governo ha stanziato 3,5 miliardi per evitare che l’aumento del prezzo dell’energia sui mercati internazionali ricadesse interamente su famiglie e imprese nel quarto trimestre di quest’anno. Da allora i prezzi energetici sono rimasti alti. Deciderà il governo di prolungare anche al 2022 i sussidi all’energia, compreso la sua componente “sporca”?

Un articolo di

Carlo Cottarelli

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