Il Foglio

Forzare la retribuzione verso l'alto non è la soluzione. Il PNRR è l'unica speranza

16 giugno 2022

Forzare la retribuzione verso l'alto non è la soluzione. Il PNRR è l'unica speranza

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L'Italia ha un colossale problema di produttività, che non significa affatto, come qualcuno sostiene, che la gente non lavora. Significa tutto ciò per cui è stato disegnato il Recovery, a partire dalle pubbliche amministrazioni che non funzionano, la giustizia che di giusto ha ben poco, le università infestate dalle varie concorsopoli.

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Nell’introduzione di Mario Draghi al PNRR, è detto chiaramente che l’Italia è uno dei paesi che nell’ultimo quarto di secolo è cresciuto di meno e che dietro questa bassa crescita c’è la stagnazione della produttività. Ma il PNRR, che pure indica possibili vie di uscita da questa situazione, non scalda i cuori. Se invece si scopre che gli stipendi sono rimasti fermi negli ultimi decenni o addirittura sono diminuiti, questo è un tema che provoca reazioni indignate. Eppure le cose sono due facce delle stessa medaglia. I dati mostrati da Luigi Marattin il 3 giugno su questo giornale dovrebbero dire quasi tutto sull’argomento, ma dato che alcuni non si sono convinti affrontiamo nuovamente il problema e lo facciamo con un pizzico di pignoleria in più. Dal 1995 al 2019, il pil reale per ora lavorata (ossia il pil reale diviso il totale delle ore lavorate da tutti gli occupati) è cresciuto del 9 per cento in Italia, a fronte di valori compresi fra il 30 e il 50 per cento negli altri principali paesi. In Giappone, paese che fino a poco tempo fa veniva definito il malato del mondo, la crescita è stata del 34 per cento; in Germania, una volta considerata, con l’Italia, il malato d’Europa, la crescita è stata del 29; Francia e Regno Unito stanno attorno al 30.

Leggi l'articolo completo qui.

Un articolo di

Giampaolo Galli

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