I condoni fanno sì entrare un po’ di soldi nell’immediato, ma, essendo un premio a chi non ha pagato, incoraggiano la prosecuzione di comportamenti evasivi.
* * *
Da giorni assisto o partecipo a trasmissioni televisive in cui esponenti del governo (da ultima Meloni ieri ad Agorà) vantano il record nel recupero dell’evasione fiscale registrato dall’Agenzia delle Entrate nel 2023: 24,7 miliardi. Altri esponenti dei partiti di maggioranza hanno in generale parlato del successo nel ridurre l’evasione conseguito da questo governo. Anche se un po’ d’oro c’è effettivamente, non è tutto oro quello che luccica. Chiariamo la questione.
Prima di tutto occorre non confondere le tasse recuperate in un certo anno dall’Agenzia (i 24,7 miliardi sopra citati) con quanto viene inizialmente evaso, l’evasione vera e propria. Per quest’ultima, le stime si fermano al 2021 e quindi non si sa nulla del successo di questo governo nel combatterla. I dati fino al 2021, contenuti nell’ultima “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione” preparata da una Commissione di tecnici di nomina MEF, ci dicono che tra il 2017 e il 2021 l’evasione è scesa da 109 miliardi a 84 miliardi: un calo di 25 miliardi, mai visto in così poco tempo. Questo per effetto di misure come la fatturazione elettronica e un po’ di altre cose più tecniche (split payment, reverse charge) introdotte nello scorso decennio dai governi di centrosinistra. Certo, il 2021 era un anno ancora toccato dalle anomalie della crisi Covid, ma stime preliminari fatte dalla Commissione europea suggeriscono che nel 2022 l’evasione, in particolare dell’IVA, sia rimasta bassa. Questo è quanto si sa sull’evasione, e la sua riduzione non è certo attribuibile a questo governo.
Passiamo al recupero di quanto non pagato in passato. I 24,7 miliardi del 2024, con un aumento di 4,5 miliardi rispetto al 2022, quando al governo c’era Draghi, sono in effetti un record, ma un record che deve essere qualificato. Primo, quasi tutto l’aumento è dovuto alla rottamazione delle cartelle, cioè a una forma di condono in cui il dovuto viene recuperato ma con dilazioni di pagamento pluriennali, e quindi con un rilevante sconto in termini reali per il contribuente, soprattutto grazie all’inflazione. E i condoni fanno sì entrare un po’ di soldi nell’immediato, ma, essendo un premio a chi non ha pagato, incoraggiano la prosecuzione di comportamenti evasivi. Al netto dei condoni, il recupero (da attività ordinarie di controllo) è salito solo di 0,6 miliardi, da 19 miliardi nel 2022 a 19,6 miliardi nel 2023. Secondo, il risultato del recupero ordinario ottenuto nel 2023 deve essere confrontato col passato tenendo conto dell’andamento del Pil, cresciuto per effetto dell’inflazione, che erode in termini reali quanto viene pagato dal contribuente (rendendo più facile la riscossione), sia della crescita reale: nel 2023 il rapporto tra recupero ordinario e Pil è stato dello 0,94 per cento, un po’ più basso del 2022 (0,97 per cento) e in linea con quello del 2019. Occorre aggiungere che comunque un recupero elevato nel 2022-2023 era previsto, dato che nel biennio precedente l’attività di recupero era stata ridotta moltissimo a causa del Covid. Insomma, nessun record. Siamo su livelli simili, nell’attività di recupero ordinario, a quelli che abbiamo raggiunto dal 2016-2017, ossia da quando a capo della riscossione è Ernesto Ruffini, scelto da Renzi. Casomai il vero merito del governo è quello di averlo riconfermato a capo dell’Agenzia delle Entrate, cosa non scontata. Infine, il (comunque) buon risultato nel recupero dell’evasione nel 2023 è stato raggiunto anche per effetto di misure previste dal PNRR, ereditate quindi da questo governo, come notato dal sito Pagella Politica.
Smorziamo quindi gli entusiasmi e facciamo in modo che la nostra Agenzia delle Entrate possa lavorare al meglio. In proposito, concludo ricordando il recente provvedimento che, nella sua versione preliminare, prevede la rimozione automatica dai ruoli dell’Agenzia delle cartelle esattoriali non riscosse dopo 5 anni. Per quelle di competenza dell’amministrazione centrale i soldi sarebbero persi. Per le altre, gli enti titolari potrebbero fare ulteriori tentativi, ma con maggiori difficoltà dopo l’uscita dell’Agenzia. Quindi, la rimozione automatica è accettabile solo se l’Agenzia sarà potenziata in termini di personale e di procedure per assicurare il recupero entro 5 anni. Il governo non si è ancora mosso in proposito (a parte un contestatissimo provvedimento preso in legge di bilancio). Occorre che si muova presto in quella direzione per evitare che il tetto dei 5 anni diventi un regalo a chi le tasse non le ha volute pagare.
Leggi l’articolo completo qui.