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Dalle riforme al PNRR: la corsa contro il tempo per la ripartenza

31 gennaio 2022

Dalle riforme al PNRR: la corsa contro il tempo per la ripartenza

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Riuscirà una coalizione di governo che, la scorsa settimana, non è stata capace di trovare un nuovo Presidente della Repubblica a portare avanti in modo unitario un programma economico che, per il 2022, è, diciamo, di una certa difficoltà? Alla fine un Presidente è stato trovato e, per fortuna nostra, ha dato prova negli ultimi sette anni di grande valore. Ma, come cantava Guccini, “bisogna saper scegliere in tempo, non arrivarci per contrarietà”. Invece, al Mattarella bis si è arrivati, e solo per la grande disponibilità dimostrata dal nostro Presidente, dopo una settimana di personalismi, colpi di scena e spaccature continue tra i partiti che appoggiano Draghi. Non è certo un buon segnale. Vediamo allora cosa aspetta il governo nel 2022 in termini di politica economica. Ci sono almeno tre grandi aree.

La prima riguarda il completamento delle riforme iniziate l’anno scorso. Senza ulteriore azione, molte di queste riforme non avranno effetti pratici. Questo perché, di necessità vista la complessità delle questioni trattate, si è dovuta seguire la strada delle leggi delega. La riforma della giustizia civile e quella della giustizia penale, delegano il Governo a scrivere decreti legislativi entro una certa data. Senza di questi, nulla cambierebbe. Lo stesso vale per la fondamentale riforma del fisco, che è stata inviata al Parlamento ma che deve essere ancora approvata, e per il disegno di legge delega sui contratti pubblici (la riforma del codice appalti). Non sono cose semplici e le difficoltà sono accresciute dal fatto che alcuni aspetti delle leggi delega, compresa la maggior parte della riforma fiscale, lasciano un’enorme spazio di manovra al Governo. Alcuni potrebbero vedere questo come un vantaggio. Ma in realtà un ampio spazio di manovra significa che le difficili scelte, scelte di elevata valenza politica che potrebbero scuotere il Governo, devono ancora essere prese.

La seconda area riguarda le condizioni definite nel Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza (PNRR) che dovranno essere rispettate nel 2022 per avere accesso ai quasi 50 miliardi di finanziamenti europei previsti per quest’anno. Ce ne sono un centinaio, e 59 di queste richiedono l’approvazione da parte del Parlamento. Oltre ad alcune cose già citate (la riforma del codice appalti da realizzare entro giugno 2022), c’è la legge sulla concorrenza, approvata dal Governo, ma che dovrà essere votata dal Parlamento entro dicembre. C’è la riforma del sistema di istruzione primaria e secondaria, di assoluta importanza per il futuro della società e dell’economia italiana. Ci sono misure che riguardano la lotta all’evasione fiscale, la definizione di tetti di spesa per il triennio 2023-2025 (entrambe entro giugno) e il nuovo regolamento relativo alle concessioni portuali (fine anno). Ben 13 condizioni riguardano l’aggiudicazione di appalti per la realizzazione di altrettanti grandi investimenti pubblici. Per esempio, entro dicembre andranno assegnati gli appalti relativi alle linee di alta velocità Napoli-Bari e Palermo-Catania. E, sempre nell’area del PNRR occorrerà portare avanti con energia la spesa per investimenti pubblici: molte condizioni fissate dal PNRR su questa spesa riguardano gli anni successivi al 2022, ma se non vogliamo mancare gli obiettivi occorre muoversi già da ora.  

La terza area riguarda, se così la si può chiamare, la straordinaria amministrazione, ossia le emergenze congiunturali. Per restare su quelle note (lasciamo perdere le sorprese), iniziamo l’anno con una crisi energetica, il generale aumento dell’inflazione e le conseguenze economiche di omicron (fra l’altro, l’anno scorso la crescita più alta del previsto aveva creato un “tesoretto” che abbiamo già speso e ora servono soldi per affrontare le nuove emergenze). La rete di protezione fornita dalla BCE (che, in base ai piani correnti, dovrebbero acquistare nel 2022 titoli di stato italiani per una sessantina di miliardi) ci aiuterà, ma il famigerato spread è comunque salito ai massimi da ottobre 2020 e, se l’inflazione in Europa resterà elevata, la BCE potrebbe dover rivedere i propri piani di acquisto. E, parlando di Europa, non possiamo dimenticarci che il 2022 sarà l’anno in cui verranno riscritte le regole europee sui conti pubblici, ora sospese per dare più flessibilità nell’affrontare la crisi pandemica, ma che ridiverranno operative, nella nuova forma, nel 2023.

Con tutta questa carne al fuoco, anche una coalizione coesa avrebbe seri problemi di implementazione, figuriamoci una in cui convivono le due anime del centrosinistra e di parte del centrodestra. E, per  giunta, in un anno pre-elettorale. Dobbiamo allora contare sull’abilità, anche questa provata, di Mario Draghi nel tenere insieme la coalizione (ho più volte scritto che la sua permanenza a Palazzo Chigi, sarebbe stata un grande vantaggio per il 2022). Ma oltre alla sua abilità servirà un grande senso di responsabilità da parte di tutti i partiti di governo. Speriamo che gli eventi dell’ultima settimana non siano indicativi di quel che ci aspetta.   

Un articolo di

Carlo Cottarelli

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