Repubblica

Pil, una crescita che non basta

30 luglio 2024

Pil, una crescita che non basta

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Cosa ci dicono i dati pubblicati il 29 luglio da Istat ed Eurostat sulla crescita del Pil? Per quanto preliminari e incompleti (non tutti i dettagli a livello nazionale sono ancora disponibili), i dati suggeriscono tre considerazioni, ognuna delle quali ha una lettura positiva e una negativa.

La prima considerazione riguarda la crescita europea (mi focalizzo qui sull’area dell’euro, per noi più rilevante, piuttosto che sull’intera Unione europea, anche se le differenze sono contenute). La lettura positiva è che il Pil dell’Eurozona ha accelerato nel primo semestre di quest’anno rispetto all’anno scorso: il Pil è cresciuto dello 0,3% nel primo trimestre e, dato pubblicato il 29 luglio, anche nel secondo trimestre: si sta viaggiando quindi a una velocità annualizzata dell’1,2%, tre volte più alta di quella dell’anno scorso. Ha contribuito in modo decisivo a questo miglioramento l’andamento del Pil tedesco, in ripresa nel primo trimestre e probabilmente, anche se il dato non è stato ancora formalizzato da Eurostat, anche nel secondo. La lettura negativa è che nel confronto tra i due lati dell’Oceano Atlantico l’Europa ne esce male, ancora una volta. Nel primo semestre del 2024 il Pil americano è aumentato a una velocità annualizzata del 2,1%, quasi il doppio della velocità dell’area dell’euro. Questo prolunga una tendenza emersa a partire dagli anni Novanta. Come notato da Enrico Letta nel suo rapporto “Much more than a market”, il Pil pro capite americano è cresciuto del 60% tra il 1993 e il 2022, contro un aumento di meno della metà in Europa. Il declino relativo del vecchio continente è continuato nei trimestri più recenti.

La seconda considerazione riguarda la crescita italiana. Nel secondo trimestre il Pil è cresciuto dello 0,2%, in leggera discesa rispetto al primo trimestre e un po’ al di sotto della crescita dell’Eurozona. La lettura positiva è che, nonostante l’indebolimento nel secondo trimestre, nell’ultimo anno il Pil italiano è cresciuto un po’ più di quello dell’Eurozona: abbiamo fatto lo 0,9% contro lo 0,7% dell’area. Inoltre, se nel secondo semestre di quest’anno proseguiremo alla stessa velocità del primo semestre dovremmo chiudere con una crescita del Pil in media annua intorno all’1%, come previsto dal governo. La lettura negativa è che, se non siamo più i fanalini di coda dell’Europa, il nostro tasso di crescita resta inchiodato in prossimità dell’1%. Non ci sono segni che il programma che avrebbe dovuto trasformare l’Italia (il PNRR) portando la nostra economia crescere del 2% l’anno stia avendo effetti apprezzabili, nonostante gli oltre tre anni ormai trascorsi dalla sua presentazione. Di questo passo ci vorrà un’eternità per recuperare il divario di reddito pro capite che si è aperto nei primi vent’anni di questo secolo rispetto al resto dell’Europa.

La terza considerazione riguarda le prospettive di taglio dei tassi di interesse, cosa particolarmente importante per i Paesi come l’Italia con un debito pubblico elevato. La Bce non guarda, come primo obiettivo della sua azione, all’andamento del Pil, ma all’inflazione, ancora un po’ al di sopra del target del 2%. È però chiaro che, nel valutare le prospettive per l’andamento dei prezzi, la nostra banca centrale tiene conto di quanto l’economia stia crescendo: se l’Eurozona cresce poco la pressione sui prezzi sarà più contenuta. Anche in questo caso ci sono allora due letture. La lettura positiva, rispetto al calo dei tassi di interesse che farebbe comodo ai nostri conti pubblici, è che il tasso di crescita del Pil europeo, seppure in ripresa, appare comunque moderato: insomma, niente di eccezionale e tale da comportare un’eccessiva pressione sui prezzi. La lettura negativa è che l’attuale livello dei tassi di interesse, al contrario di quanto poteva apparire l’anno scorso, non ha impedito l’accelerazione del Pil europeo, in generale, e tedesco, in particolare. Questo potrebbe ritardare di qualche mese l’ulteriore calo dei tassi d’interesse dopo il primo timido taglio deciso dalla Bce a giugno. Personalmente resto del parere che la prima lettura sia più adeguata e che ci sia spazio per anticipare la riduzione dei tassi, ma la parte nordica del Board della Bce potrebbe invece preferire la seconda lettura.

Un articolo di

Carlo Cottarelli

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