Repubblica

Al bivio dell'inflazione

01 giugno 2022

Al bivio dell'inflazione

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Ieri mattina, il Governatore Visco nelle sue Considerazioni Finali ha fornito, come sempre, una valutazione completa ed equilibrata dei problemi fronteggiati dall’economia italiana. Ha toccato molti temi, dalle conseguenze per la crescita e la globalizzazione dell’aggressione russa all’Ucraina, dalle riforme del PNRR al debito pubblico, dagli andamenti del nostro sistema finanziario ai rischi connessi alla crescita delle criptovalute e all’opportunità legate invece all’euro digitale. Inevitabile però che, con la pubblicazione nel corso della mattinata dei dati sull’inflazione per l’Italia e per l’area dell’euro, le domande dei media per chi lasciava la Banca d’Italia si siano concentrate sull’andamento dei prezzi e sulle politiche economiche per contenerla o per contenerne gli effetti. I dati sono infatti tutt’altro che rassicuranti.

Nel nostro paese, il tasso d’inflazione a 12 mesi (ossia l’aumento dei prezzi al consumo tra il maggio 2021 e il maggio 2022) è salito al 6,9 per cento, riprendendo il sentiero di crescita interrotto ad aprile dal taglio delle accise sui carburanti. Nel solo mese di maggio l’aumento dei prezzi è stato dello 0,9 per cento, il che significa una velocità annualizzata di oltre l’11 per cento. Ma la cosa forse più preoccupante è che l’aumento dei prezzi è stato alto anche al netto dei prezzi dei prodotti energetici e degli alimentati: la cosiddetta “core inflation” o inflazione di fondo, è balzata dal 2,4 per cento dei dodici mesi terminanti ad aprile al 3,3 per cento di maggio. E nel solo mese di maggio è stata dello 0,7 per cento, con una velocità annualizzata dell’8,7 per cento. Quindi, l’inflazione ha ora una base più ampia. Più o meno la stessa cosa nel complesso della zona euro. A maggio l’inflazione a 12 mesi ha superato l’8 per cento, con un aumento mensile dei prezzi dello 0,8 per cento e con una forte accelerazione dell’inflazione “core”. Ha colpito il fatto che, in Italia, tassi di inflazione a questo livello non si vedevano dal 1986 (quando Craxi era il presidente del Consiglio e Bearzot il CT della nazionale di calcio). E per la maggior parte degli altri paesi dell’euro zona occorrerebbe andare anche più indietro nel tempo.

Questi sviluppi sollevano due domande.

La prima riguarda la politica monetaria: cosa dovrebbe fare la BCE per controllare l’inflazione? Nelle sue Considerazioni Finali il governatore ha osservato che la politica monetaria “non può contrastare l’aumento dei corsi delle materie prime”. Ora, si potrebbe sostenere che l’aumento dei prezzi delle materie prime, iniziato nel corso del 2021, è stato influenzato dal comportamento delle politiche di bilancio e fiscali di tutti i paesi del mondo, anche se, indubbiamente, altri fattori (compresi quelli di natura geopolitica) sono stati rilevanti. In ogni caso, lo stesso governatore riconosce che l’attuale situazione congiunturale “rende opportuno abbandonare la politica di tassi ufficiali negativi”, ossia la politica seguita dalla BCE dall’inizio della crisi del Covid. In uno dei suoi ultimi interventi pubblici Christine Lagarde, presidente della BCE, aveva già suggerito che la BCE avrebbe potuto rivedere la propria politica di tassi di interesse nel corso dell’estate. I dati di maggio rendono questo intervento ancor più probabile. Un altro fattore suggerisce che una stretta monetaria, vedremo di che entità, sia imminente. I dati dell’economia reale, per lo meno in Italia, sono meglio del previsto. Ieri l’Istat ha rivisto le stime del Pil per il primo trimestre alzando il tasso di crescita stimato dal -0,2 per cento al +0,1 per cento. Non è una revisione enorme, ma neppure da sottovalutare. Un segno meno nella crescita renderebbe più difficile un aumento dei tassi di interesse.

La seconda domanda riguarda la politica di bilancio: cosa dovrebbe fare il governo di fronte all’inflazione? La risposta di Visco è chiara: il governo deve intervenire per ridurre il rischio di una rincorsa tra prezzi e salari che aggraverebbe l’inflazione e renderebbe inevitabile un aumento ancora più forte dei tassi di interesse. Questo intervento, dice però il governatore, deve essere selettivo, soprattutto in Italia dove l’alto debito pubblico riduce le risorse disponibili: “gli interventi di bilancio devono essere ben mirati e ben calibrati per massimizzarne l’efficacia e contenerne il costo”. Il governo è finora intervenuto con sussidi a famiglie e imprese per 35 miliardi. Di questi meno della metà sono stati indirizzati specificatamente a famiglie a redditi più bassi o a imprese particolarmente colpite. Guardando in avanti, è probabile che una maggiore selettività sia necessaria, anche perché l’aumento dei tassi di interesse nella zona euro, reso comunque necessario dall’elevata inflazione, colpirà in modo più intenso il bilancio di stati, come il nostro, che sono altamente indebitati.

Un articolo di

Carlo Cottarelli

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