Università Cattolica del Sacro Cuore

Scuola statale: abbiamo pochi insegnanti o abbiamo insegnanti poco pagati?

di Stefano Olivari e Matilde Casamonti
30 ottobre 2020

Ad agosto la Ministra dell’Istruzione Azzolina ha sostenuto la necessità di aumentare l’organico scolastico per superare il presunto sovraffollamento strutturale delle classi in modo permanente, anche dopo l’emergenza Covid. Ma, al di là dell’emergenza Covid, è davvero necessario aumentare il numero di insegnanti nel medio periodo? Sembrerebbe di no. In Italia, il personale docente è relativamente numeroso. Abbiamo tanti insegnanti ma sono poco pagati, poco incoraggiati e poco formati. E sono troppo precari.

*La nota è stata ripresa da Italian Times in questo articolo del 30 ottobre 2020.   

* * *

Quanti sono oggi gli insegnanti nella scuola statale?

Non esistono dati ufficiali aggiornati, ma si stima che quest’anno scolastico gli insegnanti nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria e secondaria (di ruolo e non di ruolo, compreso quelli di sostegno e di religione) potrebbero arrivare a 915mila, senza contare quelli assunti per far fronte all’emergenza Covid (Fig.1).[2] Con 7,5 milioni di alunni, ci saranno circa 12 insegnanti ogni 100 studenti.

Cosa è successo negli ultimi decenni al rapporto tra insegnanti e alunni?[3]

Il numero di insegnanti nella scuola statale è aumentato ininterrottamente dagli anni ‘60 fino ai primi anni ‘90. Alcune importanti innovazioni istituzionali tra gli anni ‘60 e ‘70, come la nascita della scuola materna statale e della scuola media unica, hanno determinato una crescita del numero di studenti da 6 a 10 milioni, ma l’aumento è stato più forte per i docenti, più che raddoppiati nello stesso periodo.[4] Da 6 insegnanti ogni 100 studenti, all’inizio degli anni ’60, si è così arrivati a 8 (Fig. 2). Tra il 1976 e il 1995, col progressivo calo delle nascite (fino al minimo storico di 1,19 figli per donna nel 1995), il corpo studentesco è calato di circa 2 milioni. Il numero di insegnanti è invece cresciuto di circa 100mila unità, portando il numero di insegnanti ogni 100 studenti a 11. Tale numero è poi rimasto stabile fino al 2009. Da metà anni ‘90, infatti, a seguito di alcune riforme dell’ordinamento scolastico, la crescita dell’organico si è arrestata.[5] Il numero di docenti è inizialmente diminuito e poi, nel primo decennio del 2000, si è stabilizzato intorno a circa 850mila unità. Anche il calo del numero di studenti si è fermato. Le minori nascite sono state compensate dalla crescente immigrazione.

Con la crisi finanziaria del 2008, la scuola ha subito forti tagli a fondi e personale. La riforma Gelmini (legge 133/2008) ha ridotto considerevolmente l’organico, determinando tra il 2009 e il 2012 un calo del numero di docenti ogni 100 studenti da 11 a 10.[6] La successiva riforma Buona Scuola (legge 107/2015) ha invece determinato un forte aumento dei docenti. Così, anche per effetto della nuova riduzione a partire dal 2016/17 del numero degli studenti, il numero di docenti ogni 100 studenti ha raggiunto il suo massimo storico di 12.

Il confronto internazionale

Nel 2018, e quindi anche prima del più recente aumento, il numero di insegnanti nella scuola statale era in media più alto rispetto ai paesi OCSE: al netto dei docenti di sostegno e di religione, c’erano circa 9 insegnanti ogni 100 studenti contro i 7 della media OCSE (Fig.3).[7] Corrispondentemente,  le nostre classi erano meno affollate di quelle della media OCSE: nel 2018, la dimensione media di una classe nella scuola primaria e secondaria di primo grado era di rispettivamente 19 e 21 studenti contro una media OCSE di 21 e 23. Tutti i principali grandi paesi hanno classi più grandi delle nostre (Fig.4).

Peraltro, il fatto di avere più insegnanti e classi piccole non sembra tradursi in risultati migliori per i nostri studenti: i test PISA rivelano che le prestazioni scolastiche italiane sono più basse rispetto agli altri paesi, soprattutto in lettura e scienze.[8] Lo stesso OCSE ha in passato concluso che l’evidenza di un effetto di una riduzione della dimensione delle classi sui risultati scolastici è debole.[9]

Non abbiamo quindi pochi insegnanti. Piuttosto, le problematiche relative al personale docente sono altre: (i) bassa retribuzione, (ii) scarsi incentivi, (iii) bassa formazione, e (iv) aumento di contratti precari.

(i) Bassa retribuzione

I nostri insegnanti guadagnano meno di quelli dei paesi OCSE: gli stipendi italiani sono simili a quelli francesi, ma inferiori a quelli portoghesi, spagnoli, austriaci, danesi, irlandesi, americani e addirittura quasi la metà di quelli tedeschi (Fig.5). Ad esempio, nel 2019 lo stipendio medio per la scuola primaria era di quasi 38.000 dollari contro una media OCSE di 46mila dollari a parità di potere d’acquisto.[10] Il divario rimane sostanziale anche nella scuola secondaria.[11] Anche tenendo conto delle indennità e bonus legati alla performance lavorativa degli insegnanti (c.d. “stipendi effettivi”), calcolati dopo un periodo di insegnamento di 15 anni, le retribuzioni italiane sono più basse rispetto alla media OCSE (Fig. 6).

Le basse retribuzioni non sono un fenomeno recente e non sono dovute alla diversità nel reddito pro-capite tra paesi: tra il 2005 e il 2019, in Italia, lo stipendio degli insegnanti è stato più o meno pari al livello del reddito pro capite, mentre, nello stesso periodo, lo stipendio medio dei docenti nei paesi OCSE è stato tra il 26 e l’11 per cento più alto della retribuzione media (Fig. 7).[12]

(ii) Scarsi incentivi

Gli aumenti salariali degli insegnanti nel corso della vita lavorativa sono meno elevati di quelli degli altri paesi. Se in Italia e nei paesi OCSE gli insegnanti della scuola dell’infanzia guadagnano circa la stessa cifra a inizio carriera, ovvero 31mila dollari, dopo 15 anni i primi guadagnano poco meno di 38mila dollari, mentre i secondi oltre 41mila. Il divario aumenta per i livelli di scuola più alti. Un insegnante delle superiori riceve inizialmente circa 33mila dollari e dopo 15 anni 42mila. Nei paesi OCSE, invece, un pari insegnante inizia guadagnando circa 36mila dollari per poi ottenerne 50mila dopo 15 anni.[13] Inoltre, gli aumenti in Italia sono legati all’anzianità di servizio e non al merito.

(iii) Bassa formazione

Il sondaggio TALIS condotto dall’OCSE indica che nel 2018 solo il 36 per cento degli insegnanti si sentiva preparato all’utilizzo di nuove tecnologie per l’insegnamento e solo il 64 per cento degli insegnanti indicava di aver ricevuto una qualche tipologia di formazione pedagogica prima di iniziare ad insegnare.[14] Questo dato è probabilmente migliorato negli ultimi anni grazie alla riforma Buona Scuola che ha introdotto 24 crediti obbligatori per poter essere abilitati all’insegnamento. Questa riforma ha inoltre reso obbligatoria la formazione in servizio dei docenti, per cui sono stati stanziati 30 milioni annui per il triennio 2016-2019. Si tratta però di qualche decina di euro all’anno per insegnante e l’obbligatorietà di formazione è stata di fatto resa facoltativa dall’ultimo contratto scuola per il triennio 2016-2018.

(iv) Precariato

Negli ultimi anni c’è stato un crescente ricorso a contratti di natura precaria sia per i docenti su posti comuni, sia per quelli di sostegno.[15] Nonostante le ingenti immissioni di ruolo nel 2011 e nel 2015, il numero dei supplenti negli ultimi anni è tornato ai livelli del 2009.[16] Questo per le difficoltà a fare i concorsi pubblici e per le attuali politiche di immissione in ruolo per la scuola. Una stabilizzazione dei docenti con contratti precari in essere potrebbe avere dei benefici sulla qualità dell’insegnamento, favorendo una continuità nella didattica. 

Conclusioni

Non sembra che nel complesso in Italia ci siano così pochi insegnanti da giustificare un aumento permanente del loro numero. Non abbiamo “classi pollaio” a causa di un basso numero del personale docente. Anzi, il numero degli insegnanti rispetto a quello degli studenti è a un massimo storico. Aumentare le risorse per la pubblica istruzione è prioritario, ma queste risorse dovrebbero essere utilizzate per meglio retribuire gli insegnati, sulla base del merito, per l’istituzione di un’efficace formazione professionale che migliori la qualità dell’insegnamento e per una stabilizzazione dei contratti di precariato.

Appendice Statistica

Per ricostruire la serie storica del numero degli insegnanti, si è fatto ricorso a diverse fonti. Fino a metà anni ‘90 le rilevazioni sulla scuola erano infatti svolte dall’Istat; successivamente, le competenze sono passate al Ministero dell’istruzione, università e ricerca (MIUR), il che ha portato a vari cambiamenti nel focus delle rilevazioni. Ad esempio, nelle pubblicazioni MIUR sono stati esclusi dai conteggi gli insegnanti di religione. Per evitare salti di serie, il numero degli insegnanti di religione è ricavato dai dati del MEF. Il passaggio di competenze tra Istat e MIUR ha anche causato l’assenza di dati completi sui docenti nelle scuole primarie e secondarie statali tra il 1987 e il 1997. Il numero di docenti nelle scuole statali è stato quindi stimato come differenza tra il numero certo di docenti totale e quello dei docenti delle scuole paritarie, stimati per interpolazione lineare dato il loro stabile aumento nel tempo. Per gli anni scolastici dal 2010 al 2017 si è utilizzato come fonte primaria il numero di docenti fornito dalla banca dati digitale dell’Istat, perché i dati del MIUR dal 2014 forniscono solo il numero di posti di insegnamento di settembre (definiti in numero di ore settimanali) e non il numero complessivo di insegnanti. Numero di posti e di insegnanti sono diversi in quanto più insegnanti possono essere assunti per un singolo posto di insegnamento e perché i dati sui posti rilevati a settembre non tengono conto delle assunzioni che avverranno durante l’anno scolastico. Il problema si è riproposto anche in modo più netto per gli ultimi anni: dal 2018 in poi sono infatti disponibili solo i dati sui posti di insegnamento assegnati a settembre e non sul numero effettivo di insegnanti. Per stimare il numero di insegnanti si è quindi ipotizzato che la differenza tra posti di insegnamento e insegnanti sia rimasta stabile negli ultimi anni. Perciò agli 836mila posti assegnati a settembre 2018 sono state aggiunte, per gli anni scolastici 2018/19, 2019/20 e 2020/21, quasi 80mila unità, pari alla differenza media tra posti e insegnanti negli anni scolastici 2016/17 e 2017/18.

Tav. 1: Numero di insegnanti e di studenti nelle scuole statali
Anno Insegnanti Studenti (valori in migliaia)
Infanzia Primaria Second. I grado Second. II grado Totale Infanzia Primaria Second. I grado Second. II grado Totale
1960/61 0 181.331 102.475 51.030 334.836 0 4.032 1.257 628 5.917
1961/62 0 183.335 118.045 58.941 360.321 0 4.035 1.389 700 6.124
1962/63 0 186.953 126.264 63.364 376.581 0 4.011 1.451 782 6.244
1963/64 0 188.847 131.130 67.005 386.982 0 4.042 1.553 876 6.471
1964/65 0 190.003 134.569 74.812 399.384 0 4.091 1.611 993 6.695
1965/66 0 190.745 139.632 91.489 421.866 0 4.142 1.682 1.089 6.913
1966/67 0 193.447 145.096 87.631 426.174 0 4.186 1.711 1.189 7.086
1967/68 0 197.917 151.627 92.350 441.894 0 4.259 1.784 1.248 7.291
1968/69 0 201.311 157.787 99.015 458.113 0 4.319 1.877 1.313 7.509
1969/70 3.444 205.114 167.885 105.573 482.016 89 4.397 1.961 1.385 7.832
1970/71 3.577 210.141 187.154 115.867 516.739 93 4.501 2.066 1.475 8.135
1971/72 8.096 216.153 198.593 125.934 548.776 191 4.572 2.186 1.553 8.502
1972/73 12.842 225.805 215.781 138.519 592.947 298 4.619 2.319 1.635 8.871
1973/74 16.007 236.519 224.958 145.637 623.121 365 4.618 2.426 1.723 9.132
1974/75 19.807 240.985 228.211 151.764 640.767 444 4.585 2.523 1.794 9.346
1975/76 23.341 242.866 239.264 161.553 667.024 513 4.504 2.669 1.893 9.579
1976/77 27.208 258.842 237.295 192.845 716.190 584 4.412 2.755 1.983 9.734
1977/78 30.678 258.777 245.553 198.928 733.936 640 4.318 2.813 2.037 9.808
1978/79 45.294 256.039 250.150 203.930 755.413 691 4.225 2.795 2.098 9.809
1979/80 51.433 262.145 258.534 209.977 782.089 725 4.171 2.771 2.139 9.806
1980/81 57.314 260.502 262.460 212.843 793.119 751 4.085 2.755 2.153 9.744
1981/82 58.705 265.859 267.357 224.370 816.291 763 4.002 2.723 2.167 9.655
1982/83 59.281 263.346 269.808 216.202 808.637 772 3.878 2.721 2.189 9.560
1983/84 61.120 268.276 269.299 216.926 815.621 775 3.752 2.686 2.235 9.448
1984/85 62.364 263.747 278.980 220.791 825.882 781 3.607 2.669 2.279 9.336
1985/86 63.485 261.029 281.694 233.052 839.260 807 3.428 2.640 2.349 9.224
1986/87 65.406 254.330 283.219 241.637 844.592 809 3.255 2.592 2.400 9.056
1987/88* 65.406 255.942 282.198 254.462 858.009 805 3.107 2.500 2.458 8.870
1988/89* 65.406 261.595 281.047 261.979 870.027 805 2.984 2.390 2.519 8.699
1989/90* 70.994 265.434 268.806 272.594 877.828 823 2.918 2.278 2.594 8.612
1990/91* 73.144 258.291 259.465 279.669 870.568 824 2.814 2.147 2.577 8.362
1991/92* 74.603 269.928 253.331 286.326 884.188 837 2.760 2.038 2.584 8.219
1992/93* 74.826 272.607 248.418 284.421 880.272 840 2.690 1.956 2.560 8.046
1993/94* 78.262 276.369 239.093 273.691 867.415 852 2.632 1.905 2.543 7.933
1994/95* 78.401 276.374 231.689 272.999 859.463 881 2.618 1.867 2.494 7.861
1995/96* 79.822 273.788 226.878 278.002 858.490 891 2.602 1.833 2.479 7.806
1996/97 82.080 276.818 215.102 282.710 856.710 911 2.606 1.786 2.448 7.751
1997/98* 82.539 274.409 204.442 259.465 820.854 918 2.570 1.712 2.399 7.599
1998/99 81.792 263.190 196.543 255.353 819.631 917 2.589 1.683 2.351 7.540
1999/00  86.068 267.263 196.464 272.009 844.557 925 2.574 1.682 2.361 7.542
2000/01 83.852 264.014 193.021 258.468 822.195 936 2.559 1.685 2.382 7.562
2001/02 88.228 269.543 199.081 273.796 853.809 948 2.534 1.704 2.421 7.608
2002/03 88.158 268.390 197.992 272.718 850.887 953 2.515 1.701 2.435 7.605
2003/04 87.826 266.519 195.263 265.707 839.839 962 2.523 1.709 2.452 7.645
2004/05 87.545 262.638 192.494 262.189 829.278 965 2.522 1.693 2.475 7.655
2005/06 90.193 271.151 198.816 274.522 859.898 967 2.539 1.665 2.510 7.682
2006/07 91.188 275.892 202.026 282.626 877.426 953 2.565 1.630 2.540 7.687
2007/08 91.693 274.182 198.003 279.122 868.633 961 2.575 1.624 2.548 7.708
2008/09 91.808 271.390 197.353 275.173 861.655 967 2.572 1.652 2.518 7.708
2009/10 91.198 258.633 180.826 264.685 821.668 993 2.569 1.669 2.485 7.716
2010/11 91.807 253.894 178.347 254.668 805.206 1.002 2.573 1.678 2.471 7.724
2011/12 92.911 246.438 177.528 248.941 791.967 1.013 2.565 1.683 2.470 7.731
2012/13 92.498 246.874 177.997 248.385 792.333 1.014 2.575 1.674 2.475 7.738
2013/14 94.030 250.202 180.909 253.076 805.088 1.013 2.581 1.659 2.505 7.758
2014/15 95.050 252.849 183.181 257.227 815.132 1.004 2.578 1.640 2.531 7.753
2015/16 95.966 269.818 190.093 278.044 860.816 984 2.568 1.637 2.528 7.717
2016/17 97.781 273.804 194.688 289.461 882.444 946 2.558 1.630 2.533 7.668
2017/18 101.136 278.640 196.770 295.722 899.393 921 2.524 1.631 2.539 7.614
2018/19* n.d. n.d. n.d. n.d. 901.731 919 2.499 1.629 2.636 7.683
2019/20* n.d. n.d. n.d. n.d. 914.497 901 2.443 1.629 2.626 7.599
2020/21* n.d. n.d. n.d. n.d. 915.504 876 2.384 1.612 2.635 7.507
Fonte: elaborazione Osservatorio CPI su dati Istat e MIUR.
Nota: (*) dati stimati. Dal 1998/99 sono stati esclusi dai conteggi i dati riguardanti la Valle d'Aosta e le Province Autonome di Trento e Bolzano perché da quell'anno le scuole di queste regioni hanno smesso di essere gestite dallo Stato. Dal 1998/199 al 2020/21 gli insegnanti di religione sono inclusi solo nel totale.
 

[1] Si ringraziano Stefano Molina e la Fondazione Agnelli per l’aiuto fornito.

[2] La riforma Moratti (legge 53/2003) ha modificato la denominazione dei diversi gradi di scuola. Scuola materna, scuola elementare, scuola media e scuola superiore sono adesso chiamate scuola dell’infanzia, scuola primaria, scuola secondaria di primo grado e scuola secondaria di secondo grado.

[3] Come indicato nella Appendice Statistica le serie storiche sono state ricostruite sulla base delle diverse fonti disponibili.

[4] Nel 1962 fu istituita la scuola media unica (legge n. 1859/1962) e nel 1968 la scuola materna statale (legge n. 444/1968). Nel 1971 fu introdotto il tempo pieno nella scuola primaria (legge 820/1971). Nel 1973 (legge 477/73) furono indetti i concorsi speciali di abilitazione “solo per titoli”. Nel 1974 furono emanati i provvedimenti delegati sulla scuola. Nel 1977 (legge 517/1977) fu introdotto l’insegnante di sostegno nelle classi con alunni con disabilità.

[5] Tra le principali riforme dell’ordinamento scolastico ricordiamo la riforma della PA (legge Delega n. 59/1997) che ha comportato una maggiore autonomia delle scuole ed ha attuato una razionalizzazione del sistema scolastico (c.d. “dimensionamento ottimale”, DPR 233/1995), e la riforma Moratti (legge 53/2003) che ha riorganizzato l’ordinamento scolastico. Per circa 15.000 unità il calo è imputabile al fatto che dall’anno scolastico 1997/98 in poi le scuole delle Province Autonome di Trento e Bolzano e della Valle d’Aosta non sono più gestite dallo Stato.

[6] L’art. 64 della legge 133/2008 previde una riduzione del 17 per cento della dotazione organica del 2007/08 entro il 2011 per restare in linea con gli obiettivi di contenimento per la spesa del pubblico impiego ed al fine di incrementare di un punto percentuale il rapporto studenti-insegnanti.

[7] I dati OCSE (Education at a glance, 2020) classificano come “docente” tutto il personale coinvolto direttamente nell’insegnamento agli studenti ed esclude gli insegnanti di sostegno e di religione.

[9] Vedi p. 394 della pubblicazione dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico “Education at a glance” del 2016 (https://read.oecd-ilibrary.org/education/education-at-a-glance-2016_eag-2016-en#page396).

[10] La media OCSE è stata calcolata solo per i paesi con dati disponibili per il 2019.

[11] I dati sugli stipendi includono i compensi annuali lordi al netto dei contributi sociali stabiliti per legge. Sono escluse le indennità regionali per insegnamento in aree remote, i prezzi ridotti per l’utilizzo di trasporti pubblici e per l’acquisto di materiale scolastico o altre componenti che si aggiungono al compenso complessivo degli insegnanti. Ad esempio, nei dati italiani non è incluso il bonus di 500 euro per la Carta del Docente, introdotto con la riforma della Buona Scuola (Legge 107/2015).

[12] Anche utilizzando i dati espressi a parità di potere d’acquisto, disponibili per il 2019, il rapporto tra lo stipendio degli insegnanti e il reddito pro capite in Italia rimane più basso della media OCSE.

[13] La media OCSE è calcolata considerando i paesi con dati disponibili per il 2019 sugli stipendi d’ingresso, dopo 10 e 15 anni di carriera lavorativa.

[14] OECD Teaching and Learning International Survey (2018).

[15] Fanno parte dei contratti di natura precaria tutti i rapporti di lavoro a tempo determinato. Ci sono tre tipologie di supplenze: (i) le supplenze annuali coprono cattedre e posti vacanti, disponibili dopo aver effettuato i trasferimenti; (ii) le supplenze fino al termine delle attività didattiche (da settembre a giugno) sono utilizzate per la copertura dei posti non vacanti, cioè coperti da titolari in servizio altrove, dei posti in aspettativa e dei posti costituitisi in corso dell’anno per l’aumento del numero delle classi e degli alunni o per altre esigenze; (iii) le supplenze brevi per la sostituzione di docenti assenti temporaneamente sono coperte dalle graduatorie di circolo e d'istituto.

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