Congedi parentali e di maternità/paternità: chi si prende cura dei minori?
di Matilde Casamonti
26 marzo 2021
In Italia sono le donne a farsi carico della maggior parte delle attività di cura dei minori. Tra il 2015 e il 2019, oltre l’80 per cento dei beneficiari dei congedi parentali erano donne. Si registrano comunque lenti miglioramenti. Tra il 2015 e il 2019, la quota di uomini che ha utilizzato un congedo parentale è aumentata dal 15 al 21 per cento. Anche i congedi di paternità, cioè i congedi esclusivi per i padri utilizzabili nelle vicinanze del parto, sono aumentati. Siamo comunque ancora molto lontani da una situazione ottimale.
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I congedi parentali in Italia
Tra il 2015 e il 2019 in media circa 320mila dipendenti del settore privato e agricolo hanno beneficiato del congedo parentale. Di questi, in media, l’82 per cento erano donne.[1] Durante il periodo c’è però stato un miglioramento: la percentuale di uomini sul totale dei beneficiari è aumentata dal 15 per cento nel 2015 al 21 per cento nel 2019 (fig.1).[2]
I congedi vengono quindi utilizzati più dalle madri che dai padri. Inoltre, vengono utilizzati dalle donne per periodi più lunghi: nel 2015, in media, una lavoratrice in congedo ha beneficiato di 70 giorni di congedo contro i 30 giorni per un lavoratore (fig.2). La durata media dei congedi è scesa nel periodo, rimanendo comunque più elevata per le donne che per gli uomini (rispettivamente 58 e 25 giorni nel 2019, fig.2).
Ancora non sono disponibili dati sull’utilizzo dei congedi parentali Covid introdotti per fornire un sostegno maggiore alle famiglie rispetto alle misure tradizionali. È però probabile che queste misure siano state utilizzate in grande maggioranza dalle madri lavoratrici, come suggerito dal fatto che, soprattutto nelle prime settimane dallo scoppio dell’emergenza, il numero di dimissioni volontarie è aumentato di più per le donne che per gli uomini.[3]
Congedi parentali: un confronto europeo
I congedi parentali in Europa (EU 27 membri) possono essere confrontati sotto tre profili:[4]
- Durata del congedo. In Austria, Romania, Repubblica Ceca, Estonia, Francia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Slovacchia, Spagna e Germania, la durata dei congedi eccede i 2 anni (fig.3). In quasi tutti gli altri Stati membri la durata è inferiore ad un anno, tranne che in Bulgaria, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Danimarca e Svezia.
- Indennità garantita ai genitori. In Grecia, Cipro, Irlanda, Malta, Paesi Bassi e Spagna i genitori in congedo parentale non ricevono alcuna indennità. In Belgio, Italia, Francia e Slovacchia il contributo arriva solo al 30 per cento della retribuzione, mentre in Bulgaria, Lettonia e Lituania è un po’ più alto, tra il 30 e il 66 per cento. Il resto dei paesi garantisce ai genitori un’indennità superiore al 66 per cento della loro retribuzione.
- La presenza di incentivi o meno per l’utilizzo da parte dei padri. Austria, Croazia, Finlandia, Francia, Italia, Germania, Portogallo e Romania offrono una qualche forma di bonus (ad es. un congedo aggiuntivo) se i padri utilizzano il congedo parentale.
Nel complesso, il congedo parentale non appare molto generoso in Italia essendo inferiore all’anno e con un’indennità piuttosto bassa. L’incentivo concesso ai padri è peraltro piuttosto limitato.
I congedi di maternità e di paternità in Italia e in Europa
In quasi tutti i paesi europei, oltre al congedo parentale, ai genitori spetta anche un congedo di maternità o di paternità, ovvero un breve periodo di astensione dal lavoro a cavallo del parto, in cui viene garantita un’indennità elevata.[5] In Italia il congedo di maternità dura 5 mesi, in linea con la media europea, cioè circa 4 mesi e mezzo. L’indennità garantita in questo periodo è pari all’80 per cento della retribuzione. In Europa solo in Portogallo e Svezia non è previsto un congedo di maternità, che in pratica è però sostituito da generosi congedi parentali.[6]
Il congedo di paternità è stato introdotto in Italia nel 2012, sotto la spinta della Direttiva Europea 2010/18/UE. Inizialmente era stato previsto un congedo di solo un giorno, ma negli anni è stato progressivamente allungato, fino a 10 giorni per il 2021 con l’ultima legge di bilancio.[7] Tra il 2015 e il 2019 il numero di beneficiari di questo congedo è aumentato costantemente, da circa 83mila a 136mila (+64 per cento, fig.4).
Quasi tutti i paesi europei hanno previsto un congedo per i padri, tranne Austria, Croazia, Germania, Lussemburgo e Slovacchia. Portogallo e Spagna sono i paesi con congedi di paternità più lunghi (5 e 12 settimane rispettivamente, fig.5). Con 7 giorni nel 2020 e, come si è detto, 10 giorni dal 2021, l’Italia è agli ultimi posti in Europa per durata del congedo di paternità.
[1] Il congedo parentale consente ai genitori di astenersi dal lavoro, per ogni figlio/figlia, per un periodo di 6 mesi l’uno, ma con un massimo di 10 mesi per la famiglia (11 se il padre lavoratore si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato di almeno tre mesi). Il congedo deve essere fruito nei primi 12 anni dalla nascita. Il congedo può essere fruito dai genitori anche contemporaneamente. Nei primi 6 anni dalla nascita, i genitori in congedo ricevono il 30 per cento del salario; dai 6 agli 8 anni, l’indennità è del 30 per cento del salario solo se il loro reddito non eccede 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione. Sopra gli 8 anni non c‘è una indennità. Vedi: https://www.inps.it/nuovoportaleinps/default.aspx?itemdir=50583.
[5] Solo in Irlanda i congedi di maternità e di paternità forniscono un contributo limitato, al di sotto del 66 per cento della retribuzione.
[6] In Portogallo esiste un periodo di congedo parentale iniziale che spetta per le prime tre settimane alla madre, il resto del congedo può essere ripartito tra i due genitori. In Svezia, invece, è obbligatorio per le donne prendersi due settimane prima o dopo il parto, tuttavia, per ricevere un’indennità devono far ricorso al congedo parentale.