Reddito di cittadinanza: generoso con i single e parsimonioso con le famiglie numerose
di Andrea Gorga
11 febbraio 2019
- Il provvedimento tratta con un unico strumento due problemi che in linea di principio vanno tenuti distinti e che sono distinti in quasi tutti gli altri paesi: il sostegno alle famiglie in condizione di disagio sociale e il contrasto alla disoccupazione.
- I tempi di attuazione della misura sono del tutto incongrui e determineranno livelli di inefficienza e confusione, che ipotecheranno il funzionamento del sussidio per molti anni a venire.
- Per mantenere fermo il numero simbolo del Rdc (780 euro), si è costruito un sistema che limita, spesso in maniera arbitraria, la platea dei beneficiari, è generoso con i single (cui spetta la misura simbolo di 780 euro) e molto restrittivo con le famiglie numerose.
- La scala di equivalenza per tenere conto della numerosità dei nuclei famigliari penalizza fortemente le famiglie numerose, che sono quelle in cui è maggiormente concentrata la povertà. Anche la misura fissa per l’affitto (280 euro/mese) contribuisce a penalizzare le famiglie numerose.
- Un’ulteriore distorsione è creata dal fatto che l’ammontare del beneficio erogato non dipende dal territorio, ma è calcolato a livello nazionale. Secondo l’Istat la soglia di povertà varia sensibilmente al variare del luogo di residenza. Al sud il costo della vita è dal 25 al 32 per cento (a seconda della dimensione della città) più basso rispetto al nord, quindi il Reddito di Cittadinanza finirà per essere relativamente più generoso con le persone residenti nel Mezzogiorno.
A sintesi di queste distorsioni, il massimo beneficio affluisce ai single residenti al Sud, i quali arriveranno a percepire un reddito fino al 40 per cento superiore rispetto alla soglia di povertà. Per converso una famiglia con due adulti e due ragazzi in una città del Nord rimarrà povera, in quanto arriverà a percepire 1.180 euro, a fronte di una soglia di povertà Istat pari a 1.653 euro.
Nel seguito della nota, si sviluppano una serie di confronti con analoghe misure di contrasto a alla povertà esistenti in altri paesi europei. Emergono due considerazioni:
- L’entità del sussidio per un single, rapportata al Pil pro capite del paese, collocherebbe l’Italia al sesto posto in Europa a poca distanza dai paesi nordici e ben al di sopra di Francia, Germania e Spagna. La collocazione dell’Italia peggiora man mano che cresce la dimensione famigliare che viene presa a riferimento per il confronto.
- Per quanto riguarda la platea dei beneficiari, rapportata alla dimensione della povertà, l’Italia si collocherebbe intorno alla metà della classifica europea, di gran lunga al di sotto dei paesi scandinavi e di quasi tutti i paesi dell’Europa Occidentale, ma sopra i paesi dell’Europa centro-orientale. Questo riflette sia i requisiti stringenti in termini di reddito e patrimonio, sia il requisito di residenza per stranieri (10 anni di residenza per ottenere il beneficio) che hanno limitato l’erogazione del Reddito di Cittadinanza ad un numero di famiglie relativamente basso.
- Per quanto riguarda i requisiti di residenza, l’Italia sarebbe uno dei paesi più restrittivi in europa; saranno pochissimi gli stranieri che potranno beneficiare del Reddito di Cittadinanza. Le famiglie di stranieri sono peraltro tra le più esposte alla povertà. L’Istat stima che il 30 per cento circa delle famiglie composte da stranieri vivano in condizioni di povertà assoluta, mentre questa percentuale è di solo il 5 per cento per le famiglie di soli italiani.
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Requisiti
Le condizioni di accesso alla misura considerano, oltre al reddito, anche la ricchezza e il possesso di beni considerati “di lusso”. Nello specifico:
- ISEE inferiore ai 9.360 euro. Questo indicatore tiene conto del reddito, del patrimonio e della composizione familiare e consente di valutare la condizione economica complessiva di una famiglia.
- Reddito inferiore ai 6.000 euro per un single, poi parametrato secondo la scala di equivalenza, al crescere della dimensione del nucleo familiare. La soglia aumenta a 9360 euro nel caso il nucleo familiare risieda in un’abitazione in locazione.
- Patrimonio mobiliare inferiore ai 6.000 euro
- Patrimonio immobiliare inferiore ai 30.000 euro
- Nessun componente del nucleo familiare deve essere intestatario di autoveicoli immatricolati nei 6 mesi precedenti la richiesta di erogazione del Reddito di Cittadinanza
- Nessun componente del nucleo familiare deve possedere auto con cilindrata superiore ai 1600cc e motocicli con cilindrata superiore ai 250cc acquistati nei due anni precedenti la richiesta di erogazione del beneficio
- Nessun componente deve possedere navi e imbarcazioni da diporto
I molteplici requisiti patrimoniali e reddituali misurano le stesse caratteristiche, ma in modalità differenti. Il reddito per esempio entra nel calcolo dell’ISEE al netto di alcuni costi come il canone di locazione, quindi può facilmente avvenire che una famiglia, pur avendo un ISEE inferiore alla soglia, non possa accedere al Reddito di Cittadinanza. Prendiamo per esempio un caso semplificato di una famiglia con un unico componente che guadagna 10.000 euro ogni anno, non possiede alcun patrimonio e paga 300 euro al mese di affitto (3.600 euro annui). L’ISEE in questo caso sarebbe pari a 6.400 euro e di gran lunga inferiore alla soglia, ma un reddito di 10.000 euro non è comunque compatibile con il secondo requisito e l’individuo in questione non avrà diritto al Reddito di Cittadinanza. Naturalmente in questo caso l’incentivo a dichiarare un reddito inferiore alla soglia oppure a ridurre le ore di lavoro è molto elevato.
Anche il patrimonio viene considerato nel calcolo dell’ISEE, ma solo per un ammontare pari al 20 per cento. Un nucleo familiare composto da una persona con 10.000 euro nel conto corrente e che non percepisce alcun reddito, ha un ISEE pari a 2.000 euro, ma non rispetta il requisito massimo di patrimonio mobiliare. Naturalmente, anche in questo caso, l’incentivo ad azzerare il conto comprando asset sicuri (ad esempio l’oro) è molto elevato.
Nel caso in cui si rispettino tutti i requisiti e si sia abili al lavoro, sarà richiesto di sottoscrivere il Patto per il Lavoro che vincola il richiedente ad accettare una di 3 offerte di lavoro ritenute congrue con vincolo geografico che si amplia nel tempo: 100 km dalla residenza nei primi 6 mesi, 250 km nei successivi 6 mesi e l’intero territorio nazionale negli ultimi 6 mesi di ricezione del sussidio. La durata massima dell’erogazione del reddito sarà 18 mesi con possibilità di rinnovo. Nel secondo ciclo di erogazione, il beneficiario avrà però l’obbligo di accettare la prima offerta ricevuta senza vincolo geografico.
Nel caso in cui il beneficio sia erogato ingiustamente sulla base di false dichiarazioni, la pena prevista va da due a sei anni di reclusione: molto severa se si pensa che reati simili commessi da pubblici ufficiali sono puniti con la reclusione da uno a sei anni[1] oppure per esempio che la pena massima per omicidio colposo è di 5 anni.
Povertà e disoccupazione
Molte delle famiglie che accederanno al Reddito di Cittadinanza sono in condizioni di disagio sociale, indipendentemente dalla loro condizione lavorativa. La povertà è infatti un concetto multidimensionale che prende in considerazione diversi fattori: la salute propria e dei famigliari, la presenza di dipendenze, l’educazione, l’alimentazione, ecc. Una buona parte degli inoccupati avranno verosimilmente bisogno di assistenza sociale prima di poter essere inseriti nel mondo del lavoro. Inoltre, una famiglia in povertà assoluta su quattro non può aumentare la propria offerta di lavoro in quanto le persone in età lavorativa sono già occupate a tempo pieno.[2]
Nella maggior parte dei Paesi occidentali, povertà e disoccupazione sono affrontati con strumenti diversi, ma il governo ha ritenuto di incidere su entrambi attraverso lo stesso strumento, tarato sulla lotta alla disoccupazione.
È vero che, in casi in cui il disagio sociale esuli dalla sola mancanza di lavoro, viene sottoscritto il Patto per l’Inclusione Sociale che prevede numerose forme di assistenza tra cui il sostegno socio-educativo, l’assistenza domiciliare, servizi di mediazione familiare e culturale ecc. Ma il fatto è che la maggior parte delle risorse andranno a centri per l’impiego, ANPAL (agenzia per le politiche attive del lavoro) e altri enti preposti a tutelare gli individui esclusivamente dall’assenza di lavoro, tralasciando tutte le altre dimensioni della povertà.
Si può ritenere che questa sia una scelta volta a evitare un dispendio eccessivo di risorse. Rimane però l’incognita di come faranno le strutture predisposte dal governo a gestire le altre dimensioni di povertà considerando l’aumento della platea dei beneficiari rispetto al Reddito di Inclusione. In particolare, l’architettura del provvedimento finisce per marginalizzare servizi sociali comunali, che sono gli unici a possedere le competenze necessarie per comprendere i molteplici volti della povertà.
I tempi di attuazione
La volontà politica di accelerare i tempi per l’erogazione del Reddito di Cittadinanza potrebbe provocare importanti conseguenze negative al funzionamento della misura anche negli anni a venire. Come peraltro già sottolineato anche dall’Alleanza contro la povertà, senza un’attenta pianificazione e adeguamento delle strutture amministrative, si rischia di trasformare questo strumento in un finanziamento a pioggia, peraltro spesso poco incisivo nei confronti delle categorie più esposte alla povertà.
Allo scopo di utilizzare al meglio le risorse pubbliche e sviluppare un circolo virtuoso tra politiche attive del lavoro e lotta alla povertà, sarebbe auspicabile una pianificazione pluriennale che rivolga in primo luogo l’attenzione alla predisposizione e adeguamento delle strutture, per poi, solo in seguito, finalizzare l’erogazione dei benefici.
Particolare preoccupazione genera l’assunzione, al di fuori delle normali procedure, di migliaia di funzionari per i centri dell’impiego, i quali non avranno le professionalità e la formazione necessaria per svolgere i compiti a cui saranno chiamati.
Si aggiunga che attualmente, in gran parte del paese, i centri dell’impiego non sono attrezzati per identificare delle offerte di lavoro da proporre ai beneficiari del Reddito di Cittadinanza, per cui nella realtà le norme volte ad evitare abusi sono destinate a rimanere sulla carta.
La questione dei tempi è cruciale anche in relazione all’articolo 12 comma 9 relativo alla revisione del beneficio in caso di esaurimento delle risorse. Il modo giusto di procedere in presenza di un vincolo finanziario sarebbe quello di dare congruo tempo (due o tre mesi) dopo l’approvazione della norma per raccogliere tutte le domande e poi suddividere le risorse per calcolare il beneficio individuale. Invece in questo modo, le domande potranno essere avanzate dall’inizio di marzo, quando il decreto potrebbe non essere ancora approvato dal Parlamento. Se, anche a causa delle difficoltà di avvio del sistema, a marzo le domande saranno poche relativamente a quelle che verranno presentate nei mesi successivi potrebbe verificarsi la necessità di rivedere il beneficio al ribasso. Ai primi arrivati, si darebbe dunque il beneficio pieno (780 euro per i single non proprietari di case) per qualche mese. Successivamente, ci si potrebbe trovare nella situazione di dover abbassare il beneficio (ovviamente sia per i nuovi che per i vecchi beneficiari). Data la rilevanza quantitativa della misura e la diffusa aspettativa di un beneficio “base” di 780 euro, questa revisione, in sé fisiologica, potrebbe rivelarsi molto difficile da gestire sul piano sociale e politico.
Penalizzazioni per le famiglie numerose
Inizialmente il Reddito di Cittadinanza era nato come beneficio erogato indipendentemente dalla condizione abitativa e pari a 780 euro per una famiglia composta da una singola persona. Nella forma presentata in campagna elettorale sarebbe costato almeno 17 miliardi di euro e sarebbe stato tra i più generosi d’Europa. Il decreto appena approvato ha invece previsto un reddito minimo pari a 500 euro mensili più 280 euro nella forma di contributo per l’affitto. Questa modalità di erogazione consente di ridurre il peso del Reddito di Cittadinanza per le finanze pubbliche, non solo perché il supporto per la casa non è erogato a tutti i destinatari della misura, ma anche perché la componente destinata all’affitto non aumenta all’aumentare dei componenti della famiglia. Tenendo ferma la platea considerata dal decreto legge infatti, anche considerando l’erogazione del supporto alla casa a tutti i beneficiari, il risparmio per le casse dello Stato è nell’ordine dei 3,5 miliardi di euro sull’anno[3]: in sostanza, con questo artificio, minori risorse vengono destinate alle famiglie numerose.
Un’ulteriore modifica apportata al decreto rispetto a quanto era stato prospettato[4] è la scala di equivalenza. Quest’ultima è un insieme di coefficienti che consente di calcolare l’ammontare mensile da corrispondere a famiglie che contano più di un componente. Più è grande il nucleo familiare, più il coefficiente sarà elevato e maggiore sarà il beneficio erogato. La povertà è infatti prevalentemente un concetto familiare, piuttosto che individuale. Esistono delle scale di equivalenza standard che sono normalmente utilizzate, come la scala di equivalenza ISEE e quella OCSE. La precedente proposta del M5s utilizzava la scala di equivalenza dell’OCSE, mentre il REI utilizza quella ISEE. Il governo ha deciso di sviluppare una nuova scala di equivalenza molto meno generosa di quelle precedentemente menzionate.
La Figura 1 mostra come cresce il beneficio al crescere del numero di componenti del nucleo familiare.[5] L’ammontare erogato per componente familiare è calcolato moltiplicando i 500 euro di reddito minimo per il coefficiente corrispondente nella scala di equivalenza più i 280 euro di supporto alla casa. Come evidenziato in figura, la scala di equivalenza sviluppata per il Reddito di Cittadinanza è molto meno generosa di quelle standard e penalizza le famiglie numerose rispetto ai singoli individui (per nuclei di una sola persona il reddito rimane pari a 780 euro). Sulla base dell’attuale platea del Reddito di Cittadinanza stimata relazione tecnica, se confrontiamo l’ammontare erogato con la scala di equivalenza del Reddito di Cittadinanza con l’ammontare che sarebbe stato erogato con la scala di equivalenza OCSE (quella utilizzata nella proposta del M5s della scorsa legislatura), il risparmio per lo Stato è di circa 2,1 miliardi sull’anno. Se lo aggiungiamo al risparmio derivante dallo scorporo del supporto per la casa dal reddito minimo, i minori costi a regime per le casse pubbliche arrivano fino a 5,6 miliardi di euro; si tratta di risorse che non saranno erogati alle famiglie più numerose.
Oltre ad essere beneficiarie di un reddito minimo relativamente basso, rispetto a quello corrisposto ai single, le famiglie numerose saranno anche svantaggiate per ciò che riguarda l’accesso stesso alla misura. I requisiti infatti utilizzano diverse scale di equivalenza. In particolare, il requisito ISEE utilizza i coefficienti della scala di equivalenza ISEE, mentre il requisito del reddito familiare utilizza coefficienti della scala di equivalenza sviluppata per il Reddito di Cittadinanza. Questo rende relativamente più difficile per le famiglie numerose rispettare il requisito del reddito familiare, rispetto alle famiglie composte da una sola persona. Prendiamo ad esempio un nucleo di 5 persone: 2 adulti e 3 minori. Assumiamo che la famiglia abbia un reddito (al netto dell’affitto) di 21.125 euro ogni anno. In questo caso l’ISEE sarebbe pari a 6.500 euro, ben al di sotto della soglia[6]. Il requisito del reddito familiare risulta però molto più stringente in quanto questo aumenta molto lentamente a causa della scala di equivalenza utilizzata. Per un nucleo cosi composto la soglia di reddito familiare sarebbe pari a 15.360 euro e non consentirebbe di accedere al beneficio. Prendiamo invece in considerazione un single con reddito (al netto dell’affitto) di 6.500 euro. Quest’ultimo valore corrisponde anche all’ISEE in quanto per un single il coefficiente applicato in tutte le scale di equivalenza è 1. La soglia di reddito familiare sarebbe pari a 9.360 euro. Con questo semplice esempio riassunto in tabella mostriamo come nuclei familiari con lo stesso ISEE sono inclusi o esclusi dall’erogazione del beneficio sulla base della numerosità dei componenti.
Appare quindi chiaro come il Reddito di Cittadinanza cosi disegnato tenda ad essere relativamente generoso nei confronti dei nuclei familiari composti da una sola persona e molto meno consistente per quanto riguarda le famiglie numerose.
Il problema è che, guardando ai dati Istat (Figura 2), la povertà ha un’incidenza molto maggiore in famiglie numerose, piuttosto che nuclei composti da pochi componenti. Quasi un quinto delle famiglie composte da 5 o più persone sono infatti in condizioni di povertà assoluta, mentre tra nuclei di una sola persona questa percentuale scende al 5 per cento. Un reddito minimo così disegnato rischia di essere poco incisivo nei contesti familiari dove più sarebbe necessario.
Soglie di povertà in diverse aree geografiche
Un’ulteriore distorsione è creata dal fatto che l’ammontare del beneficio erogato non dipende dagli enti territoriali preposti, ma è calcolato a livello nazionale. Secondo l’Istat la soglia di povertà varia sensibilmente al variare del luogo di residenza. Al nord il costo della vita è significativamente più elevato rispetto al sud, quindi il Reddito di Cittadinanza finirà per essere relativamente più generoso con le persone residenti nel Mezzogiorno.
In Figura 3 confrontiamo la soglia di povertà assoluta calcolata dall’Istat con l’ammontare del beneficio garantito dal Reddito di Cittadinanza.[7] Il reddito garantito dalla misura è sufficiente a sostentare solo famiglie di piccole dimensioni collocate nel sud Italia. Le famiglie numerose e in generale tutti nuclei familiari residenti al nord Italia rimarranno in condizioni di povertà anche ricevendo il Reddito di Cittadinanza. Il combinato disposto delle penalizzazioni per le famiglie numerose e della mancanza di aggiustamenti del contributo per le diverse aree geografiche crea una forte distorsione e tende a penalizzare maggiormente proprio le famiglie più a rischio. Coloro che invece saranno più remunerati con redditi ben superiori alla soglia di povertà sono i piccoli nuclei nel sud Italia. Ad esempio, un single in affitto residente in una piccola città del sud Italia beneficerà di 780 euro al mese a fronte di una soglia di povertà pari a 561 euro. In aggiunta alla spesa minima calcolata dall’Istat per poter sopravvivere, l’individuo in questione riceve ulteriori 220 euro. Una famiglia di quattro persone con due figli residente a Milano percepirà invece 1.180 euro a fronte di una soglia di povertà pari a 1.653 euro e continuerà a vivere in una condizione di disagio economico.
Confronto con altri Paesi Europei
Come detto, il reddito garantito alle famiglie con un solo componente dal Reddito di Cittadinanza è pari a 500 euro più un contributo per l’affitto che può arrivare fino a 280 euro. Una misura di questo tipo esiste già in tutti i paesi europei e, se dividiamo l’ammontare erogato ad un nucleo familiare composto da una singola persona al reddito pro capite, possiamo comparare la generosità del beneficio economico rispetto agli altri Paesi europei nell’OCSE[8].
L’Italia è in sesta posizione in questa classifica. Ci collochiamo leggermente sotto i Paesi scandinavi e ben al di sopra della media, nonché di Germania, Francia e Spagna (Paesi a noi più facilmente comparabili). Il reddito minimo garantito dal Reddito di Cittadinanza ad un nucleo familiare composto da una sola persona appare piuttosto generoso anche in un confronto con gli altri Paesi europei.
Dal paragrafo precedente è apparso chiaro come il sussidio non possa essere sufficiente a coprire l’intera platea dei poveri assoluti: molte famiglie numerose e famiglie del nord Italia sotto la soglia di povertà rimangono escluse anche solo per il requisito ISEE. Considerando però che i requisiti per accedere al Reddito di Cittadinanza sono molteplici, è necessaria una misura che ci consenta di confrontare la platea dei beneficiari di questa misura rispetto a quanto avviene in altri Paesi per misure equivalenti. Per rendere il dato comparabile dividiamo il numero dei beneficiari per il numero di poveri assoluti nel Paese secondo Eurostat.
La figura 5 mostra il rapporto tra il numero di beneficiari di politiche di sostegno al reddito simili al Reddito di Cittadinanza rispetto al numero di poveri assoluti nel Paese.[9] Oltre a programmi equivalenti al reddito minimo garantito, sono stati considerati anche sussidi di disoccupazione non contributivi, cioè il cui diritto non dipende dalla recente perdita di occupazione.[10] Tutti questi programmi hanno natura assistenziale e sono generalmente condizionati dall’accettazione di un percorso di introduzione al mercato del lavoro.
L’Italia si colloca intorno a metà classifica, poco al di sopra dei Paesi dell’est Europa e di gran lunga al di sotto dei Paesi scandinavi. Questo riflette sia i requisiti stringenti in termini di reddito e patrimonio sia il requisito di residenza per stranieri (10 anni di residenza per ottenere il beneficio) che hanno limitato l’erogazione del Reddito di Cittadinanza ad un numero di famiglie relativamente basso.
Alla luce di ciò, potrebbe avere maggior senso aggiustare al ribasso il beneficio per singole persone e utilizzare le risorse allo scopo di allentare i requisiti e aumentare la platea dei beneficiari. Un’ipotesi di modifica potrebbe riguardare in primo luogo l’utilizzo di una scala di equivalenza poco generosa nel calcolo della soglia di reddito familiare massimo. Decidere di utilizzare la scala di equivalenza ISEE solo per quanto riguarda questo requisito potrebbe consentire a tante famiglie numerose di accedere a questa misura e risolverebbe in parte la differenza di trattamento nell’accesso al Reddito di Cittadinanza tra famiglie numerose e single.
La Figura 5 può lasciar trasparire che l’Italia abbia una spesa sociale inferiore agli altri Paesi, ma è vero il contrario. Siamo quarti tra i Paesi OCSE per spesa sociale rispetto al Pil, ma le risorse sono in gran parte allocate per finanziare programmi di previdenza (circa tre quarti della spesa sociale), piuttosto che per programmi di sostegno al reddito. Anche per questo motivo siamo stati tra gli ultimi in Europa ad introdurre un reddito minimo garantito.
Confronto sui requisiti di cittadinanza e territorialità
Per comprendere quali siano i requisiti territoriali generalmente richiesti per accedere ad una forma di supporto al reddito, abbiamo confrontato i requisiti del Reddito di Cittadinanza con quello degli altri Paesi Europei. Nella tabella in appendice si riassumono i requisiti di residenza per nei Paesi UE[11].
È interessante individuare due differenti blocchi: generalmente, i paesi avanzati del blocco UE (Austria, Belgio, Francia, Germania, Olanda) prevedono un requisito territoriale piuttosto inclusivo, quale la normale residenza. Di contro, la maggior parte dei paesi dell'est Europa (es. Lettonia, Polonia, Lituania, Repubblica Ceca, Ungheria) sembrano richiedere requisiti più stringenti, quali la residenza permanente – in genere ottenibile dopo un minimo di 5 anni di residenza continuativa nel paese. L'Italia, in questo senso, si collocherebbe in un quadro più simile a quanto previsto in questi ultimi, ma con requisiti di residenza ancor più selettivi.
Considerando che per ottenere la cittadinanza è necessario il medesimo requisito di residenza, saranno pochissimi gli stranieri che potranno beneficiare del Reddito di Cittadinanza. Le famiglie di stranieri sono peraltro tra le più esposte alla povertà. L’Istat stima che il 30 per cento circa delle famiglie composte da stranieri vivano in condizioni di povertà assoluta, mentre questa percentuale è di solo il 5 per cento per le famiglie di soli italiani.
Appendice
* Per Belgio e Ungheria non è stato possibile reperire le informazioni necessarie
[1] Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, art. 476 codice penale
[2] Baldini, M. and Gallo, G. (2018). Quando il lavoro non ferma la povertà. lavoce.info.
[3] L’ammontare esatto dipende dalla specifica composizione delle famiglie destinatarie del reddito. La stima è calcolata tenendo ferma la scala di equivalenza del ddl 1148/2013 e assumendo che il supporto per la casa venga erogato a tutti i nuclei beneficiari.
[5] Allo scopo di rendere comparabili le scale di equivalenza, i minori e gli adulti oltre il secondo sono considerati figli. La scala di equivalenza OCSE considera solitamente minori solo gli individui con meno di 14 anni, in questo caso abbiamo deciso di uniformare a 18 anni.
[6] Questa cifra è raggiunta sottraendo i costi dell’affitto e dividendo il totale per il coefficiente corrispondente della scala di equivalenza ISEE pari a 3,25.
[7] Per il confronto abbiamo considerato i minori come figli di età compresa tra 4 e 11 anni in una famiglia residente in una città che conti tra i 50mila e 250mila abitanti.
[8] Fonte: OCSE, Income distribution database, Tax-Benefit Models
[9] Il rapporto può essere maggiore di 1 perché la definizione dell’Eurostat della povertà assoluta non è necessariamente corrispondente ai requisiti imposti per i programmi di sostegno al reddito dei singoli Paesi.
[10] La Naspi per esempio, cosi come programmi equivalenti in altri Paesi, è erogata esclusivamente a chi ha recentemente perso il lavoro e non è stata considerata.