Università Cattolica del Sacro Cuore

Il primo anno del Reddito di Cittadinanza: alcune evidenze dai dati Inps

di Federica Paudice

18 luglio 2020

A più di un anno dall’introduzione della misura del Reddito di Cittadinanza, i dati Inps confermano che la misura: (i) ha privilegiato il Mezzogiorno, anche tenuto conto della maggiore diffusione della povertà in questa area del paese; (ii) risulta relativamente più generosa per i nuclei familiari poco numerosi; (iii) è stata poco inclusiva per i cittadini stranieri.

* * *

Da aprile 2019 a maggio 2020 i nuclei familiari beneficiari del reddito e della pensione di cittadinanza (Rdc/PdC) sono stati circa 1,17 milioni.[1] Il beneficio ha raggiunto 2,8 milioni di individui, un numero relativamente piccolo se si considera che, secondo l’Istat, nel 2019 erano 4,6 milioni le persone in condizione di povertà assoluta (persone povere).[2]

Come sottolinea l’Istat, la platea dei beneficiari del RdC/PdC e quella delle persone povere sono solo parzialmente sovrapponibili. Ciò è dovuto ai criteri applicati per l’accesso al RdC/PdC; in particolare: (i) gli indicatori di benessere presi in considerazione; (ii) i requisiti per i cittadini stranieri; (iii) il livello soglia preso in considerazione e la relativa scala di equivalenza. Inoltre, bisogna considerare che le stime Istat si basano sui dati dell'indagine sulle spese per consumi delle famiglie. Essendo queste ultime delle dichiarazioni, è possibile che, ad esempio, un lavoratore in nero sia propenso a dichiararsi povero in sede di indagine Istat, ma che non si assuma poi il rischio di incorrere in sanzioni presentando la domanda per il RdC.[3]

Distribuzione Territoriale

Le quote maggiori di beneficiari del RdC/PdC risiedono al Sud e nelle Isole (rispettivamente il 43,2 e il 23,2 per cento). Queste quote sono notevolmente superiori alle quote di individui poveri residenti in queste aree stimate dall’Istat: il 31,6 per cento al Sud e il 13,5 per cento nelle Isole. Lo squilibrio fra individui poveri secondo l’Istat e beneficiari si manifesta al Nord, dove risiede il 40,5 per cento delle persone povere e solo il 20,2 per cento dei beneficiari (Fig.1).  Nel Centro Italia la quota di persone povere residenti (14,4 per cento) è circa uguale alla quota di beneficiari (13,4 per cento).

Un ulteriore fattore di squilibrio deriva dal fatto che l’importo medio mensile nel Mezzogiorno è di circa il 24,7 per cento maggiore rispetto al Nord (rispettivamente 555,4 e 445,5 euro), sebbene il costo della vita al Sud sia significativamente più basso. Lo squilibrio in termini di beneficiari è anche dovuto alle maggiori domande; infatti il 36,5 per cento delle domande proviene dal Sud (di cui il 72,2 per cento accolte) ed il 19,8 dalle Isole (di cui il 74,7 per cento accolte; Tav.1).

Considerando congiuntamente l’Incidenza regionale del beneficio (rapporto tra i beneficiari e i residenti di ogni regione) e l’importo medio mensile, risultano maggiormente beneficiate Campania, Sicilia, Calabria e Puglia, mentre sono penalizzati in termini relativi Trentino, Valle d’Aosta e Friuli-Venezia Giulia (Fig.2).

Distribuzione in rapporto alla numerosità dei nuclei familiari

L’Istat evidenzia che le famiglie con 5 o più componenti (famiglie numerose) sono più fragili dal punto di vista economico. Nel 2019 l’incidenza della povertà assoluta è stata del 9,6 per cento per i nuclei con quattro componenti, 16,2 per cento per quelli con cinque e più, mentre tra i single era solo del 5,7 per cento.

La relazione tecnica (RT) stimava che il 27,2 per cento dei nuclei beneficiari sarebbero stati monocomponente; la percentuale stimata diminuiva all’aumentare della numerosità del nucleo fino al 13,7 per cento per le famiglie numerose. Il 19,6 per cento delle risorse venivano attribuite alle famiglie composte da un individuo ed il 16,5 per cento alle famiglie numerose.

 A consuntivo, la forbice tra single e famiglie numerose risulta ancora più ampia: il 39,7 per cento dei nuclei convolti è composto da un individuo, mentre solo il 9,6 per cento da 5 o più individui. Quanto alle risorse, il 31,2 per cento sono state destinate ai single e solo il 12,3 per cento alle famiglie numerose. Dunque, il numero di famiglie numerose beneficiarie e la quota di risorse ad esse destinate è risultato inferiore a quanto stimato inizialmente dalla RT (Tav.2). L’importo medio mensile erogato è risultato più alto per tutti i nuclei, in particolare per quelli numerosi. Ne deriva che l’errore nella stima della distribuzione delle risorse tra i nuclei è imputabile principalmente al basso numero di beneficiari fra i nuclei numerosi.

Inclusione dei cittadini stranieri

Secondo l’Istat, gli individui stranieri poveri sono quasi 1,4 milioni, con un’incidenza del 26,9 per cento contro il 5,9 per cento dei cittadini italiani. Per questa categoria particolarmente esposta alla povertà, il RdC/PdC prevede delle regole stringenti per l’accesso (un cittadino proveniente da un Paese terzo deve essere in possesso di un permesso di soggiorno UE di lungo periodo e residente in Italia per almeno 10 anni di cui gli ultimi due in modo continuativo), pertanto la misura ha raggiunto solo una piccola percentuale dei nuclei familiari.[4] La RT aveva stimato sulla base dei dati sulla cittadinanza degli stranieri che il 36 per cento dei 241.000 nuclei familiari stranieri residenti non fosse eleggibile perché non in possesso dei requisiti; quindi la platea potenziale risultava di 154.000 nuclei (circa il 12,3 per cento dei nuclei totali) a cui sarebbero state erogate risorse per 951 milioni nel 2019 (circa il 12,7 per cento delle risorse totali). Si rileva invece che solo il 6,2 per cento dei nuclei beneficiari ha avuto come richiedente un cittadino extracomunitario; le persone coinvolte sono state circa il 7,8 per cento del totale e hanno percepito un beneficio medio mensile del 7,7 per cento inferiore rispetto a quello dei nuclei italiani (480 a fronte dei 520 delle famiglie italiane; Tav. 3).

Conclusione

I dati confermano le caratteristiche del reddito di cittadinanza già evidenziate prima che la misura fosse messa in atto.[5] In particolare:

  • L’obiettivo di contrastare la povertà è stato perseguito in maniera disomogenea sul territorio. Le quote maggiori di beneficiari risiedono principalmente al Sud e nelle Isole (rispettivamente il 43 e il 23 per cento); lo squilibrio a favore di queste aree rimane marcato anche in considerazione della quota di poveri residenti e del costo della vita più basso;
  • I nuclei monocomponenti sono i maggiori beneficiari (sia per numero di beneficiari sia per risorse assegnate) e il divario tra famiglie numerose e single risulta molto più marcato rispetto a quanto preventivato dalla RT;
  • Solo il 6 per cento dei benefici sono stati destinati a famiglie straniere, meno di quanto stimato dalla RT (12,3 per cento) e l’importo medio erogato è stato del 7,7 per cento inferiore rispetto a quello destinato alle famiglie italiane.

 


[2] Sono classificate come assolutamente povere le persone con una spesa mensile pari o inferiore al valore della soglia di povertà assoluta, ovvero la spesa minima necessaria per acquisire i beni e servizi considerati essenziali. Vedi: https://www.istat.it/it/files//2020/06/REPORT_POVERTA_2019.pdf

[4] Decreto-legge 28 gennaio 2019, n.4, art. 2, comma 1. Vedi: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2019/01/28/19G00008/sg

Articoli correlati