Partite IVA: cosa cambia nel 2020?
di Alessandro Banfi
3 febbraio 2020
Questa nota illustra i cambiamenti introdotti dalla Legge di Bilancio di quest’anno per le partite IVA e, più in particolare, per il regime forfettario. Da quest’anno, infatti, vengono reintrodotti una serie di paletti (il limite di 30mila euro per lavoro dipendente e 20mila euro di spesa per compensi a collaboratori) per beneficiare della tassazione al 15 per cento: la Ragioneria Generale di Stato stima che, a fronte di una platea di beneficiari del regime forfettario pari a circa 1,4 milioni, circa 340mila non rientreranno più nei nuovi canoni. Il risparmio previsto per il triennio si attesterebbe a 1,17 miliardi.
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Come sono andate le partite IVA lo scorso anno?
La Legge di Bilancio del 2019 ha introdotto una prima parte del progetto di flat tax per le partite IVA con un costo, a regime, di circa 1,4 miliardi di euro, ampliando l’accesso al regime forfettario attraverso l’eliminazione di alcuni requisiti previsti precedentemente, e introducendo un’aliquota d’imposta del 15 per cento per i redditi fino a 65.000 euro.[1] Era anche prevista l’introduzione di una aliquota del 20 per cento dal 2020 per i redditi dai 65.001 ai 100.000 euro.
Tale nuovo regime ha contribuito a una crescita delle aperture di nuove partite IVA nel 2019. Nei primi nove mesi del 2019 sono state aperte 435.293 partite IVA di cui la metà in regime forfettario (219.753). I passaggi da altri regimi a quello forfettario (per effetto dell’ampliamento del regime forfettario) si attestano invece a 285.333 individui che, sommati ai precedenti, risultano in 505mila soggetti nuovi partecipanti al regime forfettario soltanto nei primi nove mesi.
Assumendo che il tasso di apertura delle partite IVA nel quarto trimestre del 2019 sia lo stesso registrato negli ultimi tre anni (circa il 20 per cento rispetto al totale annuale), il totale delle nuove partite IVA registrate nei dodici mesi dell’anno scorso dovrebbe essere pari a 545mila (vedi Figura 1), un aumento del 6,4 per cento rispetto ai dodici mesi del 2018, secondo solo a quello registrato nel 2014.[2] Per quanto riguarda il regime forfettario, se il rapporto tra nuove aperture di partite IVA in tale regime dovesse mantenersi costante rispetto al totale (ovvero la metà), i nuovi soggetti partecipanti al regime forfettario nel 2019 sarebbero 557mila circa (composto da 285mila nuovi passaggi al regime,[3] che si assumono costanti in quanto si suppone che si registrino tutti a inizio anno, e 272mila nuove aperture). L’aumento generale è stato quindi trainato dall’apertura di nuove partite IVA in regime forfettario.
Il nuovo regime agevolato ha quindi riscosso un certo successo. Tuttavia, emergono alcune perplessità riguardo l’equità orizzontale del prelievo (un diverso trattamento fiscale a parità di reddito) che invece i paletti introdotti dalla nuova Legge di Bilancio cercano di ristabilire.
Cosa prevede la nuova Legge di Bilancio?
Primo, viene abrogata l’estensione del regime forfettario ai redditi compresi tra i 65.001 e i 100.000 euro, con un risparmio cumulato di più di 2 miliardi nel triennio 2020-2022.[4]
Secondo, vengono introdotti due ulteriori paletti per accedere al regime forfettario: viene reintrodotto il limite di 20.000 euro di spesa sostenuta per lavoro accessorio, lavoro dipendente e per compensi erogati ai collaboratori e viene prevista l’esclusione dal regime per coloro che nell’anno precedente hanno percepito redditi da lavoro dipendente e assimilati (es. pensione) eccedenti i 30.000 euro. Le altre due modifiche contenute in Legge di Bilancio relative al mondo delle partite IVA sono: il computo del reddito da lavoro autonomo nel calcolo delle detrazioni/deduzioni IRPEF e l’introduzione di un regime premiale per favorire l’uso della fatturazione elettronica. Nella Tavola 1 vengono riassunti gli effetti sulle entrate dello Stato calcolati dalla Ragioneria Generale di Stato. Sempre la Ragioneria stima che, partendo da una platea di 1,4 milioni di soggetti che oggi godono del regime forfettario, circa 340mila ne perderanno il diritto a causa dei nuovi requisiti di accesso nel 2020.
Alcune problematiche: rimando al 2021?
Nelle ultime settimane si è discusso riguardo la potenziale disapplicazione del requisito dei 30.000 euro di reddito da lavoro dipendente percepiti l’anno precedente.[5] Il Consiglio Nazionale dei Commercialisti (CNDCEC) sostiene infatti che tale requisito dovrà essere rispettato non dal 2019, ma solo a partire dal 2020, lasciando la possibilità di godere del regime forfettario nell’anno in corso anche a chi ha percepito redditi da lavoro autonomo maggiori di 30mila euro nel 2019. Questo poiché l’applicazione di tale requisito a partire dal 2019 sarebbe in chiaro contrasto con l’articolo 3, comma 2 dello Statuto del Contribuente (Legge 212/2000) per cui “le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore”. La recente Legge di Bilancio è infatti stata approvata a fine dicembre e lascerebbe solo pochi giorni, e non i sessanta previsti dallo Statuto, per recepire e soddisfare tale requisito al contribuente.
Tra l’altro, questa interpretazione troverebbe ulteriore fondamento in una direttiva pubblicata nel 2019 dall’Agenzia delle Entrate (Circolare 9, 2019) che risolveva un problema simile. La Legge di Bilancio dello scorso esecutivo, infatti, non permetteva ai titolari di una quota di controllo in una S.r.l. di accedere al regime forfettario. Anche in questo caso la legge era entrata in vigore a fine 2018 e sarebbe stato difficile per il contribuente alienare le quote della S.r.l. nel giro di pochi giorni. Così, coerentemente con lo Statuto del Contribuente, la circolare dell’Agenzia ha stabilito che tale paletto doveva essere disapplicato per il 2018 e rispettato solo a partire dal 2019.
Se così fosse, le entrate derivanti da tale limite slitterebbero di un anno, creando un buco per la finanza pubblica da circa 600 milioni nel 2021. Lo stesso dubbio è stato oggetto di un’interrogazione parlamentare recente, tuttavia il Sottosegretario al MEF Villarosa, pur affermando che il governo è allo studio di interventi normativi da inserire in sede di conversione del D.L. Milleproroghe, non ha fornito soluzioni definitive.[6] Evoluzioni più recenti sembrano confermare l’intenzione del governo di far scattare i paletti da quest’anno, tuttavia sarà necessario attendere una conferma da parte dell’Agenzia delle Entrate.[7]
Tav. 1: Effetti finanziari delle misure sul regime forfettario contenute in Legge di Bilancio
(Valori in milioni di euro)
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Descrizione misura
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2020
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2021
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2022
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Abrogazione flat tax sopra ai 65.000 euro
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109,2
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1131,4
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857,0
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Introduzione del limite di 20.000 euro di spesa sostenuta per compensi erogati a collaboratori
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52,5
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12,4
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30,0
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Introduzione del limite di 30.000 euro di reddito percepito da lavoro dipendente o assimilato nell'anno precedente
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-4,3
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593,8
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350,0
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Inclusione del reddito da lavoro autonomo nel calcolo delle detrazioni/deduzioni IRPEF
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0,0
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140,9
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82,1
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Regime premiale per favorire l'uso della fatturazione elettronica anche ai contribuenti in regime forfettario
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51,0
|
147,3
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106,0
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Totale
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208,4
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2025,8
|
1425,1
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[1] La Legge di stabilità del 2015, che istituiva un nuovo regime forfettario, prevedeva dei requisiti di accesso quali: a) spese complessivamente non superiori a 5.000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e per compensi erogati ai lavoratori e b) redditi da lavoro dipendente e assimilati inferiori a 30.000 euro. Tali limiti sono stati eliminati con la Legge di Bilancio del 2019.
[2] La finanziaria del 2011 istituiva un regime dei minimi particolarmente vantaggioso prevedendo una diminuzione dell’imposta sostitutiva dal 20 al 5 per cento per un periodo temporaneo di 5 anni o fino al compimento del 35esimo anno di età per coloro minori di 30 anni per redditi fino a 30mila euro. La manovra del 2015 ha rimodulato il limite dei ricavi e ha innalzato l’imposta sostitutiva. Da qui potrebbe spiegarsi il forte aumento delle partite Iva del 2014 al fine di preservare il vecchio regime.
[4] Articolo 1, commi 17-22 legge n.145 30 dicembre 2018.
[7] Durante un convegno organizzato dall’ANC (Associazione Nazionale Commercialisti) lo scorso 23 gennaio, Maria Cecilia Guerra, sottosegretaria al MEF, sembra aver confermato l’entrata in vigore della suddetta causa di esclusione già dal 2020 e ha escluso l’applicazione dello Statuto del Contribuente in quanto non si tratta di nuovi adempimenti.