Università Cattolica del Sacro Cuore

Le pensioni di invalidità e i possibili abusi

di Carlo Valdes

6 novembre 2017

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I dati più recenti suggeriscono che l’erogazione delle prestazioni agli invalidi civili rifletta ancora logiche clientelari e non le effettive necessità della popolazione. Il fenomeno è particolarmente preoccupante perché, oltre ad accrescere la spesa pubblica, sottrae risorse a chi avrebbe bisogno di maggiore assistenza da parte delle pubbliche amministrazioni.

Le stime dell’Osservatorio CPI indicano che la spesa per prestazioni di invalidità sarà di circa 17,8 miliardi nel 2017, oltre 700 milioni in più rispetto al 2014. Nell’arco di 15 anni la spesa totale è cresciuta di oltre il 60 percento.

Dal 2002 a oggi, il numero di prestazioni per gli invalidi ogni 100.000 abitanti è aumentato del 63 per cento. In particolare, la crescita, arrestatasi nel 2010, è ripresa dal 2014. Nella media del paese si contavano 4.670 prestazioni di invalidità ogni 100.000 abitanti nel 2014. Nel 2017, invece, il numero è salito a 5.051, nonostante la popolazione sia rimasta pressoché costante.

L’aumento nel numero di prestazioni erogate non è stato omogeneo su tutto il territorio nazionale. La variazione delle prestazioni ogni 100.000 abitanti è stata più che proporzionale in quelle regioni che già detenevano un ammontare anomalo di prestazioni di invalidità. Dal 2014, il divario tra le regioni si è ampliato. 

Per esempio, in Calabria nel 2014 c’erano 7.071 pensioni di invalidità ogni 100.000 abitanti, il valore più alto tra tutte le regioni d’Italia. In questa regione l’aumento del numero di prestazioni dal 2014 è stato di 686 unità ogni 100.000 abitanti, contro una media nazionale di 390 unità. 

Le regioni che presentano il numero maggiore di prestazioni agli invalidi ogni 100.000 abitanti appartengono al sud e isole, mentre le regioni con il minor numero di prestazioni appartengono a centro-nord. Il numero di prestazioni di invalidità ogni 100.000 abitanti in Calabria è il doppio di quello dell’Emilia-Romagna (la regione con meno prestazioni di invalidità). Valori particolarmente alti si riscontrano anche in Sardegna, Umbria, Puglia e Sicilia.

Le forti differenze tra regioni nella frequenza delle prestazioni d’invalidità, come pure nell’aumento registrato dal 2014, suggeriscono che molte prestazioni siano erogate senza un effettivo bisogno. Per ridurre gli abusi occorrerebbe centralizzare le decisioni di erogazione delle prestazioni di invalidità e i successivi controlli, aumentando i poteri dell’INPS.

L’inclusione dell’INPS nelle commissioni preposte alle decisioni sull’erogazione di prestazioni ha contribuito a una riduzione degli abusi (come evidenziato per esempio dal calo rispetto al passato dei casi di ricorso in cui richieste di prestazioni inizialmente respinte vengono accettate per decisione giudiziale), ma non sembra aver risolto del tutto i problemi, anche perché l’INPS svolge ancora un ruolo minoritario nelle commissioni.

 

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