Università Cattolica del Sacro Cuore

Le incognite sulla lettera di Tria

di Osservatorio CPI

18 novembre 2018

* * *

Il 13 novembre il Ministro dell’Economia ha risposto alla lettera della Commissione Europea del 23 ottobre che chiedeva chiarimenti in merito allo scostamento dello scenario programmatico del governo rispetto alle norme del patto di stabilità e crescita. Oltre all’aumento dei proventi da privatizzazioni e all’impegno di considerare il 2,4 per cento come un limite invalicabile per il deficit, il ministro Tria sottolinea un approccio prudenziale rispetto al gettito fiscale previsto per il 2019.

Il ministro dichiara in particolare che “la manovra è stata costruita sulla base del quadro macroeconomico tendenziale[1], e non tiene conto della crescita programmata. Questa impostazione prudenziale introduce nella legge di bilancio un cuscinetto di salvaguardia, che previene un deterioramento dei saldi di bilancio anche nel caso in cui gli obiettivi di crescita non siano pienamente conseguiti”. In altre parole, il gettito fiscale sarebbe coerente con una crescita del Pil nominale al 2,74 per cento - il valore tendenziale indicato nella NADEF - e sarebbe quindi inferiore a quello coerente con il Pil programmatico (+3,12 per cento, più elevato del tendenziale per via della manovra espansiva). Tale sottostima garantirebbe, secondo Tria, una maggiore solidità dei conti pubblici: gli obiettivi di entrate e di deficit potrebbero essere raggiunti anche in caso di minore crescita; viceversa, con un Pil al 3,12 per cento (più alto di 0,37 punti percentuali rispetto a quello sulla base del quale le entrate sarebbero state calcolate) il gettito fiscale potrebbe essere maggiore di quello previsto in bilancio e il disavanzo potrebbe essere più basso del 2,4 per cento.

 

L’utilizzo di un quadro diverso da quello programmatico per la previsione delle entrate dello stato è una pratica seguita anche in passato, ma in passato la crescita programmatica era spesso molto vicino a quella tendenziale. La differenza è quest’anno più sostanziale.

 

Per cercare di vederci chiaro, abbiamo provato a riprodurre il calcolo ipotizzato dal ministro. Siamo quindi partiti dalla previsione di gettito[2] del quadro tendenziale (crescita del Pil nominale pari al 2,74 per cento) e abbiamo aggiunto l’effetto di tutte le misure fiscali contenute nelle relazioni tecniche della manovra (si veda la tabella). Abbiamo quindi rapportato il risultato al Pil programmatico e abbiamo ottenuto una pressione fiscale del 41,77 per cento, praticamente la stessa indicata dal governo per il 2019 (41,8 per cento). I conti dunque tornano nel senso che le entrate sono state effettivamente calcolate sulla base del quadro tendenziale (più le misure della manovra). C’è quindi un cuscinetto di salvaguardia pari alla differenza tra il Pil programmatico e il Pil tendenziale moltiplicato per l’effetto che il maggiore Pil ha sulle entrate. Usando una elasticità di 0,4 per valutare tale effetto, il cuscinetto è pari a circa 2,6 miliardi (0,15 per cento del Pil).

 

Il governo avrebbe quindi potuto (in un quadro di crescita del Pil reale dell’1,5 per cento e del Pil nominale del 3,12 per cento) indicare un deficit del 2,2-2,3 per cento anziché al 2,4 per cento. Così facendo il governo avrebbe smussato un po’ gli angoli con le Commissione Europea. Ha preferito invece mantenere un cuscinetto. Resta da vedere se, nel caso la crescita fosse effettivamente pari a quella prevista, le maggiori entrate sarebbero effettivamente risparmiate e non spese. Si noti in proposito se la lettera di Tria non contiene un impegno in tal senso, ma solo a non eccedere il tetto del 2,4 per cento come deficit.

Nel caso di una crescita di poco inferiore a quella programmatica (caso peraltro più probabile), il cuscinetto eviterebbe però di sforare il 2,4 per cento. Resta però un problema. La pressione fiscale, una variabile solitamente al centro del dibattito in Parlamento, sarebbe in ogni caso più alta di quella indicata nei documenti di bilancio. Tali documenti indicano che la pressione fiscale resterebbe invariata, fra il 2018 e il 2019, al 41,8 per cento. Il governo avrebbe dovuto invece indicare una pressione in leggero rialzo, dal 41,8 del 2018 al 41,9-42,0 per cento nel 2019. Si noti che tale sarebbe la pressione fiscale sia che si realizzi l’ipotesi di crescita del governo, sia che non si realizzi. [3] In conclusione, l’unica cosa certa è che la pressione fiscale sarà più elevata di quello indicato dal governo dello 0,1-0,2 per cento di Pil.

Sarebbe comunque utile che il governo chiarisse se la pressione fiscale rimarrà costante, come si afferma nei documenti ufficiali, oppure aumenterà, come implicito nella lettera alla Commissione Europea.

 


[1] Lo scenario tendenziale è quello previsto senza alcun intervento da parte del governo. Sulla base di questa ipotesi il Documento Programmatico di Bilancio stima una crescita del Pil pari allo 0,9 per cento nel 2019.

Lo scenario programmatico invece tiene in considerazione gli interventi della legge di bilancio e prevede una crescita del Pil dell’1,5 per cento nel 2019.

[2] Fonte Nadef 2018

[3] Nel primo caso le entrate sarebbero più elevate di quelle indicate nei documenti di bilancio e il Pil sarebbe quello programmatico. Nel secondo caso le entrate sarebbero in linea con quelle indicate, ma il Pil sarebbe più basso del programmatico.

Articoli correlati