La web tax scomparsa
di Edoardo Frattola
27 giugno 2019
Due mesi dopo il termine ultimo previsto dalla Legge di Bilancio, non c’è ancora nessuna traccia del decreto attuativo per l’introduzione dell’Imposta sui servizi digitali (la cosiddetta web tax). Senza questa fonte di copertura, si rischia un buco di bilancio di 150 milioni nel 2019 e di 600 milioni annui dal 2020.
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Mentre il governo italiano è impegnato a recuperare risorse aggiuntive per evitare l’avvio di una procedura per deficit eccessivo da parte delle istituzioni europee, una delle fonti di copertura individuate nell’ultima Legge di Bilancio risulta al momento mancante. Si tratta della cosiddetta web tax, ovvero l’Imposta sui servizi digitali (ISD) introdotta all’articolo 1, commi 35-50 della Legge di Bilancio 2019.[1]
La ISD prevede l’applicazione di un’aliquota del 3 per cento ai ricavi delle società che forniscono servizi digitali e realizzano un fatturato annuo superiore ai 750 milioni di euro (di cui almeno 5,5 milioni in Italia). Il testo della legge definisce solo in modo generico quali sono i “servizi digitali” rilevanti, e anche per questo motivo il comma 45 rimanda per ulteriori dettagli a un decreto attuativo da emanare da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico e dopo aver consultato Agcom, Agid e Garante per la privacy.[2] Il termine previsto per l’emanazione del decreto attuativo era il 30 aprile scorso, ma a due mesi dalla scadenza nessun documento è stato ancora approvato.
Il gettito atteso dalla ISD è di 600 milioni annui a partire dal 2020, una cifra non trascurabile. Per il 2019, le stime del governo ribadite anche nel DEF prevedono maggiori entrate per soli 150 milioni, cioè un quarto del valore a regime. Questa cifra suggerisce forse che il governo stesso si aspettava di sforare i termini del 30 aprile e ipotizzava una ISD in vigore per soli 3 mesi su 12. Tuttavia, per far sì che l’imposta entri in vigore ad ottobre, cioè all’inizio dell’ultimo trimestre, è necessario che il decreto attuativo venga emanato entro fine luglio, poiché il comma 47 stabilisce che le disposizioni si applicano a partire dal sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale. Pur avendo sforato i termini previsti dalla legge, al governo resta quindi un mese di tempo per evitare un buco di bilancio contenuto nel 2019 ma che potrebbe allargarsi dal prossimo anno.
[1] La ISD sostituisce l’Imposta sulle transazioni digitali introdotta dal precedente governo con la Legge di Bilancio 2018 ma mai applicata (l’entrata in vigore era prevista a partire dall’1 gennaio 2019).
[2] L’articolo 1 comma 37 recita: L’imposta si applica ai ricavi derivanti dalla fornitura dei seguenti servizi: a) veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia; b) messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi; c) trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale.