Università Cattolica del Sacro Cuore

La riforma della PA: cosa manca nel PNRR

di Carlo Cottarelli e Giulio Gottardo

4 giugno 2021

La riforma della Pubblica Amministrazione (PA) è una delle “riforme orizzontali” del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Un aspetto problematico di questa riforma, presente sia nel PNRR sia nelle schede tecniche, è la riforma del cosiddetto “ciclo della performance”, introdotto in teoria un decennio fa per focalizzare la PA verso una gestione della spesa pubblica orientata ai risultati. In questo campo le soluzioni proposte dal governo sono piuttosto generiche e gli obiettivi (milestone e target) definiti nelle schede sono molto limitati. In assenza di milestone e target, infatti, il governo italiano non assume impegni con la Commissione Europea, riducendo l’incentivo ad un’implementazione rapida ed efficace della riforma.

La nota è stata ripresa da La Repubblica in questo articolo del 5 giugno 2021.

* * *

Uno degli aspetti chiave per la riuscita del PNRR – e più in generale per il rilancio della crescita economica – è la riforma della PA. Sotto l’ombrello di “riforma della PA” c’è una lunga serie di interventi, dalla gestione del personale alla sburocratizzazione, passando per la digitalizzazione e per la valutazione dell’operato delle amministrazioni pubbliche. Dei tanti aspetti toccati dalla proposta di riforma della PA contenuta nel PNRR, qui ci concentriamo sulla gestione e sulla valutazione delle amministrazioni pubbliche tramite la definizione di obiettivi monitorabili, di indicatori di performance specifici, di un processo di valutazione dei risultati e del relativo premio al merito. Questo per due motivi: (1) quest’area presenta storicamente gravi problemi, nonostante fosse già stato interessata da una riforma nel 2009, che aveva introdotto il “ciclo della performance” a livello di ministeri; (2) la riforma del “ciclo della performance” ci sembra la più carente tra quelle proposte per la PA, incluso in termini di credibilità della sua implementazione.

Nonostante la riforma del 2009, in Italia la gestione e la valutazione della PA tramite la definizione di obiettivi chiari e misurabili non si è mai affermata in pratica. Gli strumenti previsti dalla vecchia riforma – “ciclo della performance” e “performance budgeting” – sono stati interpretati dalle varie amministrazioni come esercizi puramente formali. Obiettivi poco ambiziosi e poco misurabili (spesso di input e output invece che di risultati), scarsa considerazione dei decisori politici e conseguente disinteresse da parte di media e opinione pubblica hanno praticamente svuotato questi due strumenti.[1] A questo proposito, la riforma descritta nel PNRR va almeno nella direzione giusta, ma resta generica. Il documento principale del PNRR (che pure si dilunga per quasi due pagine per descrivere degli investimenti nelle palestre) contiene solo la seguente affermazione generica sulla riforma del “ciclo della performance” e del “performance budgeting”:

“Sono […] previste azioni specifiche per introdurre iniziative di benchmarking nelle amministrazioni centrali, regionali e nei grandi comuni, al fine di promuovere misurazioni delle prestazioni orientate ai risultati ottenuti […], introducendo specifici incentivi alle performance a essi collegati e mettendo in pratica gli istituti contenuti [nella riforma del 2009] che mirano a valorizzare il contributo offerto dai dipendenti ai processi di innovazione, revisione organizzativa e miglioramento della qualità dei servizi […]. A questo scopo è altresì prevista una riforma degli Organismi Indipendenti di Valutazione.”

Le schede tecniche sono un po’ più dettagliate, ma gli interventi concretamente definiti sono comunque limitati:

  • L’introduzione di nuovi indicatori outcomeoriented (obiettivi di risultato) per le PA, elaborati da Organismi Indipendenti di Valutazione (invece che dagli stessi ministeri valutati, come accade oggi); questo potrebbe essere un miglioramento rispetto alla situazione attuale ma solo se gli organismi fossero davvero indipendenti, dato che attualmente sono nominati dagli stessi ministeri che dovrebbero valutare.
  • L’introduzione di un “link” tra performance dell’ente pubblico e valutazione individuale della performance dei suoi dirigenti. Questa è una buona idea, ma questo legame dovrebbe già esistere (e non ci sono riferimenti su come il legame sarà effettivamente stabilito in futuro).
  • La creazione di una piattaforma accessibile e interattiva contenente le informazioni sulla performance degli enti, incrementando la trasparenza dell’intero processo all’opinione pubblica. Questa piattaforma sarebbe utile ma le informazioni sono già disponibili sui siti dei vari ministeri. Metterli a disposizione in una singola piattaforma non sembra un passo fondamentale.

Cos’altro potrebbe essere fatto? La cosa essenziale sarebbe stato impegnare direttamente l’intero governo in questa azione. Cambiare la gestione delle amministrazioni pubbliche è un compito estremamente difficile. Occorre che le amministrazioni percepiscano che la riforma ha il sostegno politico al più alto livello e che, conseguentemente, verrà monitorata dalla stessa opinione pubblica. Limitare a poche righe nel testo principale del PNRR il trattamento della questione segnala che questa riforma non è certo considerata una priorità da parte del governo e, implicitamente, dalle forze politiche che lo sostengono.

In termini concreti si sarebbe potuto stabilire che:

  • Gli obiettivi e gli indicatori saranno approvati dalla Presidenza del Consiglio, su proposta delle amministrazioni centrali, e saranno S.M.A.R.T. (specific, measurable, achievable, relevant, time referenced);
  • Gli obiettivi saranno comunicati con un adeguato grado di pubblicità, come minimo con una conferenza stampa in cui il ministro illustra gli obiettivi e gli indicatori;
  • I ministri stessi saranno considerati responsabili per il raggiungimento degli obiettivi, con un “contratto” con la cittadinanza;
  • Ampio spazio tra gli indicatori di risultato sarà dato ai pareri degli utenti dei servizi pubblici;
  • Gli Organi di Valutazione saranno effettivamente indipendenti e quindi non potranno essere nominati dai ministri di cui valuteranno l’operato;
  • I risultati raggiunti saranno discussi in Parlamento, almeno a livello di commissioni;
  • Le penalità per la mancata presentazione di piani e relazioni saranno rafforzate;
  • Il “ciclo della performance” sarà interamente coordinato con il “performance budgeting” introdotto nel 2009. In questo modo le amministrazioni centrali faranno riferimento a un unico insieme di obiettivi;
  • Il legame tra ciclo della performance e valutazione del raggiungimento degli obiettivi individuali e dei premi per i dirigenti sarà una parte significativa della loro remunerazione. Saranno introdotti anche premi per le unità, coinvolgendo anche, quindi, le posizioni non dirigenziali.

In ogni caso, anche il più generico e limitato programma di riforma incluso nel PNRR e nelle schede tecniche non si trasforma in puntuali milestone e target e in un cronoprogramma chiaro. Infatti, a differenza degli interventi, per esempio, per riformare il reclutamento dei dipendenti pubblici o per la digitalizzazione, l’implementazione della riforma del “ciclo della performance” e del “performance budgeting” è scandita da una sola milestone (obiettivo) fissata per fine 2024.[2] Nello specifico, questa milestone prevede una vaga “implementazione di un insieme di indicatori della performance outcome-oriented” e l’inizio della redazione semestrale di un report su questi indicatori. Anche la finestra temporale generale per l’implementazione di queste misure non è incoraggiante. Nelle schede tecniche la voce “timeline” indica un periodo che va dal secondo trimestre 2021 (quello presente) al secondo trimestre 2026, che quasi coincide con la fine della programmazione del PNRR.[3]

Di conseguenza, a meno che grazie ai negoziati con la Commissione Europea siano aggiunti nuovi milestone/target, gli interventi descritti restano solo una lista di alcune intenzioni con un impegno vago e lontano nel tempo. Senza milestone o target aggiuntivi, infatti, il governo italiano non avrebbe impegni rilevanti nei confronti della Commissione Europea e non sarebbe incentivato a implementare queste misure tanto quanto le altre.


[3] In confronto, la riforma del reclutamento dei dipendenti pubblici, in base alle schede tecniche, dovrebbe essere completa entro il 2023 (e resta scandita da molteplici milestone e target lungo tutto il periodo).

Articoli correlati