Università Cattolica del Sacro Cuore

La qualità delle istituzioni pubbliche nelle province italiane

di Matilde Casamonti e Salvatore Liaci
19 maggio 2021

L’ Institutional Quality Index è un indice che misura la qualità delle istituzioni pubbliche a livello provinciale. Esso si basa su dati oggettivi e considera i servizi pubblici, l’attività economica territoriale, la giustizia, la corruzione, il livello culturale e la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica.

Le province del Nord-Est risultano avere la migliore qualità delle istituzioni, seguite dall’area del Nord-Ovest e del Centro, mentre le ultime posizioni sono occupate interamente dal Mezzogiorno. Dal 2004 al 2019 i divari territoriali sono rimasti sostanzialmente invariati, ma alcune province sono migliorate, come Avellino e Pesaro-Urbino, mentre altre, come Aosta, sono peggiorate.

Il confronto con l’European Quality of Government Index suggerisce che il grado di qualità delle istituzioni rilevato dai dati oggettivi corrisponde, in via generale, a quello percepito dai cittadini.

La nota è stata ripresa da Repubblica in questo articolo del 22 maggio 2021.

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È stato di recente aggiornato, con dati fino al 2019, l’Institutional Quality Index (IQI), un indice sintetico che misura la qualità delle istituzioni pubbliche per diverse provincie italiane. L’indice è stato ideato nel 2014 dalla Professoressa Annamaria Nifo dell'Università degli Studi del Sannio di Benevento e dal Professore Gaetano Vecchione dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.[1]

Rispetto ad altri indicatori della qualità delle istituzioni, come il World Government Index (WGI) e l’European Quality of Government Index (EQI), l’IQI si basa maggiormente su dati oggettivi piuttosto che sulle percezioni dei cittadini. Inoltre, è elaborato a livello provinciale invece che nazionale o regionale.[2] 

L'IQI assume un valore da 0 a 1 per ogni provincia, sulla base di 5 dimensioni:

  • Voice and accountability, che sintetizza la partecipazione alla vita pubblica dei cittadini (affluenza alle elezioni, partecipazione ad associazioni, numero di cooperative sociali) e il loro livello di istruzione e culturale (punteggi test INVALSI e numero di libri pubblicati);
  • Government effectiveness, che riassume la presenza di infrastrutture (anche digitali) e servizi (es. sanità e istruzione), la qualità ambientale e il tasso di raccolta differenziata;
  • Regulatory quality, che considera l’apertura dell’economia, l’attività imprenditoriale nel territorio (clima d'impresa, numero di imprese su residenti e rapporto tra start-up e aziende cessate) e la presenza di dipendenti della Pubblica Amministrazione;
  • Rule of law, che sintetizza i tassi di criminalità, l’efficienza della giustizia civile (lunghezza dei processi e produttività della magistratura), l’economia sommersa e l’evasione fiscale;
  • Corruption, che guarda ai crimini contro la PA e alla cattiva amministrazione (Golden-Picci Index e tasso di comuni commissariati).[3]
    Osservando la matrice della correlazione tra l’indice e le sue componenti tra il 2004 e il 2019, Rule of Law e Voice and accountability risultano essere quelle più importanti.

Confronto tra macro-regioni

Aggregando i dati a livello di macro area (Nord, Sud e Centro), ponderati per la popolazione delle province, emerge un significativo divario territoriale tra Centro-Nord e Sud. Tale divario è rimasto sostanzialmente invariato dal 2004, con miglioramenti simili in tutte le aree (Fig.1).

Il divario tra Nord e Centro è dovuto principalmente alla componente Rule of Law: tra il 2004 e il 2019 il Centro raggiunge un punteggio medio di 0,19 punti più basso del Nord. Il Nord avrebbe quindi un sistema giudiziario più efficiente e cittadini più rispettosi della legge.

Tra Nord e Sud il divario maggiore si manifesta sempre in Rule of Law, con una differenza di 0,43 punti. Tuttavia, il divario è elevato anche per le altre componenti: in media tra il 2004 e il 2019 si attesta attorno a 0,36 punti per Voice and accountability, a 0,32 punti per Regulatory quality e a 0,27 punti per Corruption e Government effectiveness.

Confronto tra regioni e province: il quadro attuale

Al 2019 tre regioni del Nord-Est registrano i punteggi più elevati: Trentino-Alto Adige (0,89), Friuli Venezia-Giulia (0,85) e Veneto (0,84). Seguono l’Emilia‑Romagna e l’area del Centro e del Nord-Ovest (dove vi è un divario di quasi 0,20 punti tra Lombardia, Marche e Liguria, Lazio). Le regioni peggiori sono nel Mezzogiorno, con alcune differenze: in Abruzzo, Puglia e Basilicata la qualità delle istituzioni è superiore rispetto a Campania, Sicilia e Calabria che registrano valori inferiori a 0,25 (Tav.1).

A livello provinciale Trento ottiene il valore massimo, seguito da Trieste e Treviso (Tav.2). Le altre province del Nord-Est occupano la maggioranza dei primi dieci posti. Sino alla 58esima posizione (su 103) le province sono del Centro-Nord, riflettendo l’andamento delle macro aree. Tuttavia, alcune province del Centro (Frosinone, Latina, Viterbo, Rieti, Massa Carrara) e del Nord (Imperia) si collocano oltre il 70esimo. Le ultime posizioni sono occupate dalle province meridionali: Crotone e Vibo Valentia raggiungono i valori minimi, mentre Chieti e L’Aquila risultano tra le migliori del Sud (collocandosi al 59esimo e al 61esimo posto).

Confronto tra regioni e province: evoluzione temporale

La regione che dal 2004 ha registrato il più forte miglioramento è stata la Campania (0,20 punti) che però partiva da un valore vicino a zero. Lazio, Marche, Umbria e Lombardia hanno segnato importanti miglioramenti, tra 0,10 e 0,15 punti. Le regioni con i maggiori cali sono il Molise (0,11 punti) e la Valle d'Aosta (0,06 e cinque posizioni perse).

Tre delle dieci province con i migliori IQI sono cambiate tra il 2004 e il 2019. Le novità sono: Pordenone, giunta in settima posizione con un salto di 23 posizioni, Venezia e Mantova, che partivano 15esima e 24esima. Sono uscite invece Aosta, con un calo di 36 posti (il peggiore a livello nazionale), Reggio‑Emilia che retrocede al 17esimo e Padova che ne perde solo uno (Tav.2).

La metà delle dieci province peggiori è cambiata tra il 2004 e il 2019 (Tav.2). Non sono più presenti Avellino e Salerno, che risultano tra le più cresciute a livello nazionale, Agrigento, Catanzaro e Caserta, che migliorano solo marginalmente. Al loro posto subentrano Catania, Ragusa, Reggio di Calabria, Trapani e Foggia.

Le altre province con più forti miglioramenti sono Lodi, Belluno, Biella, Brescia, Como (per il Nord), Pesaro e Urbino, Macerata (Centro) e Benevento (Sud). In direzione opposta Forlì Cesena, Alessandria (Nord), Pisa, Siena, Massa Carrara (Centro), Isernia e Campobasso (Sud).[4]

Confronto regionale con lo European Quality of Government Index

L’IQI può essere confrontato a livello regionale con l’European Quality of Government Index (EQI), aggiornato al 2021. L’EQI si basa su sondaggi che misurano la percezione della qualità delle istituzioni da parte dei cittadini. L’indice comprende la corruzione, la qualità e l’imparzialità dei servizi pubblici, mentre a differenza dell’IQI non considera (almeno direttamente) la magistratura, l’attività imprenditoriale e la qualità ambientale.[5]

Nell’ultimo anno di rilevazione, i risultati dell’EQI confermano quelli dell’IQI: la correlazione è infatti superiore al 90 per cento.[6] Ciò suggerisce che il grado di qualità delle istituzioni rilevato dai dati oggettivi sia, in via generale, quello percepito dai cittadini. Si rilevano solo poche discrepanze: Piemonte, Liguria e Toscana guadagnano diverse posizioni nella classifica dell’EQI, a discapito di Basilicata, Marche e Lombardia (quest’ultima quarta per l’IQI e undicesima per l’EQI).

Confrontando esclusivamente la corruzione, l’EQI conferma ancora i risultati dell’IQI (correlazione dell’80 per cento) con alcune differenze: relativamente alle altre regioni, nel Lazio la corruzione è percepita di più rispetto ai dati oggettivi (è 17esima nella classifica dell’EQI e 12esima nell’IQI) mentre il contrario vale per il Friuli-Venezia Giulia (prima nell’EQI e decima nell’IQI).

 


 

[1] Per i dettagli tecnici, si veda: Nifo, A., & Vecchione, G. (2014). Do institutions play a role in skilled migration? The case of Italy. Regional Studies, 48(10), 1628-1649. e A. Nifo, G. Vecchione, Measuring Institutional Quality in Italy, in "Rivista economica del Mezzogiorno, Trimestrale della Svimez" 1-2/2015, pp. 157-182, doi: 10.1432/80447. Disponibili ai link: https://www.tandfonline.com/doi/pdf/10.1080/00343404.2013.835799, https://www.rivisteweb.it/doi/10.1432/80447.

[2] I dati utilizzati sono forniti da istituzioni, centri di ricerca e registri professionali.

[3] Il Golden-Picci Index misura la differenza tra le infrastrutture fisiche esistenti e la spesa stanziata per realizzarle.

[4] Sono comprese le provincie che hanno guadagnato/perso almeno 15 posizioni (corrispondenti all’ultimo/primo decile), escludendo quelle che presentano una variazione nulla o quasi dell’indice.

[5] Per i dettagli tecnici, si veda Charron, Nicholas, Victor Lapuente & Monika Bauhr. 2021. Sub-national Quality of Government in EU Member States: Presenting the 2021 European Quality of Government Index and its relationship with Covid-19 indicators. University of Gothenburg: The QoG Working Paper Series 2021:4, disponibile al link: https://www.gu.se/sites/default/files/2021-05/2021_4_ Charron_Lapuente_Bauhr.pdf

[6] L’ultima rilevazione dell’EQI è 2020-2021, mentre per l’IQU è il 2019. Tuttavia, gli indici sono confrontabili in quanto mostrano una certa stabilità nel tempo: entrambi presentano correlazioni temporali superiori al 90 per cento.

 

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