Università Cattolica del Sacro Cuore

La posizione del G7 sull’imposta minima globale

di Luca Brugnara

10 giugno 2021

A due mesi di distanza dalla proposta del segretario del tesoro americano Janet Yellen, il G7 dei ministri dell’Economia ha ratificato un accordo sull’introduzione di un’aliquota globale al 15% per i profitti delle società in modo da contrastare la concorrenza fiscale al ribasso messa in atto da alcuni stati con la finalità di attirare le multinazionali. Il documento esprime in maniera esplicita il supporto per una riforma riguardante i diritti di imposizione. Sebbene questo accordo sia importante, restano molti ostacoli per la sua effettiva implementazione: l’approvazione del G20, la ratifica dei parlamenti nazionali e l’uniformazione della definizione delle basi imponibili sono passaggi obbligatori, che potrebbero richiedere svariati anni. Non è poi chiaro come l’obbligo verrebbe reso effettivo per i paesi che non fanno parte dei G20.

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Il G7 dei ministri delle Finanze, tenutosi a Londra il 4 e 5 giugno, ha raggiunto un importante accordo per quanto riguarda l’imposizione della tassazione globale minima e sull’allocazione della potestà impositiva. Lo scorso aprile l’amministrazione Biden, tramite il segretario del Tesoro Yellen, aveva diffuso una proposta che prevedeva l’aumento delle imposte per le multinazionali statunitensi sui profitti esteri dal 10,5 al 21 percento, e incoraggiava i paesi OCSE a adottare un’identica aliquota minima sui profitti[1]. Il supporto formale delle più importanti economie del pianeta, per quanto incida poco in termini pratici, ha una doppia valenza per i prossimi passi. In primis, solidifica la posizione statunitense, ponendo così una maggiore pressione sui paradisi fiscali all’interno dell’OCSE. In secondo luogo, accresce la rilevanza politica sul tema in vista dell’imminente incontro dei ministri dell’Economia del G20 a Venezia tra il 7 e l’11 luglio.

Le novità introdotte…

Il comunicato dei ministri delle Finanze dei G7 riguarda in realtà tre principali temi: per le aziende, l’obbligo di pubblicare rapporti riguardanti l’impatto ambientale delle loro politiche; l’allocazione da parte del Fondo Monetario Internazionale di 650 miliardi di dollari per fronteggiare l’emergenza pandemica, destinati i paesi a basso reddito[2]; le modifiche in merito alla tassazione minima globale.  Su quest’ultimo punto vanno registrate due principali novità rispetto alla proposta elaborata ad aprile da Janet Yellen:

  1. La riduzione dell’aliquota minima globale proposta, che cala dal 21 al 15 percento.

  2. La definizione di una proposta per l’allocazione della potestà impositiva (taxing rights) sui profitti delle multinazionali, secondo la quale il 20 per cento degli utili che eccedono un margine del 10 per cento (presumibilmente in termini di "return on equity" anche se non esplicitamente indicato) verranno tassati nei paesi in cui vengono effettivamente realizzati.

...ed i punti mancanti

Non viene invece esplicitato nessun richiamo all’implementazione di regole volte a definire una base imponibile uniforme, in modo da far concedere non solo le aliquote nominali, ma anche quelle effettive.

In termini più generali, l’eventuale approvazione prevede un iter particolarmente lungo: assumendo un esito positivo dalle negoziazioni dei ministri dell’Economia del G20 di luglio, una misura del genere dovrebbe poi essere convertita dai singoli parlamenti nazionali. A tal proposito, proprio gli Stati Uniti potrebbero avere delle grosse difficoltà ad approvare l’imposta globale minima, in quanto per superare il probabile filibustering che una tale proposta potrebbe sollevare sarebbe necessaria una maggioranza del 60 per cento al Senato, per la quale servirebbero voti del partito Repubblicano. Simili situazioni sono prevedibili anche negli stati europei che, grazie ad un regime fiscale agevolato, hanno nel tempo attirato numerosi investimenti diretti esteri (come Irlanda, Lussemburgo e Olanda).   Se non si può dire che la strada per una tassazione globale minima sia in discesa, è altrettanto vero che un accordo ratificato dal G7 sarebbe stato impensabile un anno fa: il cambio di presidenza USA ha accelerato le contrattazioni su questo tema, e un accordo ora non appare più così improbabile.

 

[1] https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-archivio-studi-e-analisi-il-piano-yellen-di-tassazione-minima-dei-profitti-societari

[2] Nello specifico, viene apertamente sostenuto l'allocazione di diritti speciali di prelievo (SDR) per un valore pari a 650 miliardi di dollari. I diritti speciali di prelievo rappresentano l’unità di conto del Fondo Monetario Internazionale, il cui valore è basato su un paniere di valute (attualmente Dollaro, Euro, Renminbi, Yen e Sterlina Inglese).

 

 

 

 

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