Università Cattolica del Sacro Cuore

La blockchain: possibili utilizzi per l'efficienza delle pubbliche amministrazioni

di Alessandro Cascavilla e Giampaolo Galli

5 marzo 2020

Vi è un ampio consenso fra i tecnici che la blockchain può rappresentare un passo avanti importante per l’economia, essendo una tecnologia che può avere applicazioni ben oltre il settore delle criptovalute. Per questo motivo, c’è grande attenzione sul tema e vi sono rilevanti investimenti da parte di banche, di grandi imprese, di Stati e anche dell’Unione Europea. Nonostante alcuni progetti pilota e diverse applicazioni in fase di test nel settore pubblico, le applicazioni effettive sono attualmente però quasi inesistenti. In questa nota ci chiediamo come mai una tecnologia nota dagli anni novanta, che ha trovato popolarità nei primi anni 2000, e così ricca di potenziale, abbia avuto applicazioni ancora così modeste e troviamo che vi sono problemi rilevanti che riguardano essenzialmente l’impatto ambientale e la cyber security. Ci chiediamo poi, alla luce delle più recenti ricerche, quali possano essere le potenzialità di tale tecnologia nel settore economico: sembra che siano davvero notevoli, posto che si riescano a superare i limiti attuali. Infine, riportiamo un caso di applicazione della blockchain per il contrasto all’evasione fiscale (in Tailandia), anche alla luce del fatto che alcuni autori sostengono che l’evasione possa essere efficacemente combattuta e addirittura azzerata tramite l’utilizzo della blockchain.

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Cos’è la blockchain

La blockchain è una tecnologia nata negli anni novanta e applicata nei primi anni 2000, che ha trovato popolarità grazie alla sua recente applicazione nel mondo delle criptovalute, in particolare del Bitcoin. Questa tecnologia è stata indicata come uno dei sei mega trend che cambieranno la società dal Global Council sul futuro del software e della società del World Economic Forum, composto da oltre 800 esperti ed accademici del settore a livello globale.[1] L’Unione Europea ha investito oltre 340 milioni di euro per lanciare progetti col fine di rendere efficiente il settore pubblico attraverso sistemi di blockchain, ed è pronta ad investire altri 100 milioni nel primo trimestre del 2020.

La blockchain funziona come un registro decentralizzato e crittografato, nel quale vengono annotate in tempo reale innumerevoli operazioni. Funziona come un libro mastro, in cui però nessuno può modificare quello che c’è scritto a livello centrale, ma ogni modifica o aggiornamento può avvenire solo dopo aver ricevuto il consenso da parte di tutte le parti interessate nell’operazione da registrare o modificare.[2] La blockchain si pone dunque come terzo attore negli scambi, sostituendosi potenzialmente alle funzioni che oggi siamo soliti attribuire ai notai. Essendo un registro distribuito e non centralizzato, per registrare una qualsiasi operazione o scambio, l’operazione deve essere preventivamente approvata da tutte le parti dell’accordo, che nell’ambito blockchain viene definito come “smart contract”, ossia un contratto che si risolve in automatico all’avverarsi di determinate condizioni, secondo un codice automatizzato di programmazione. Una volta approvato lo smart contract, viene creato un blocco nella catena (da qui il nome blockchain), il quale rappresenta un insieme di transazioni ordinate cronologicamente, che non potranno più essere eliminate dal network, ovvero dalla catena dei blocchi. Come detto in precedenza, questo meccanismo viene erroneamente associato solo ai bitcoin. In realtà è il mondo delle criptovalute ad esistere e funzionare grazie al sistema di blockchain, e non viceversa. Il bitcoin è un’applicazione, mentre la blockchain è il sistema tramite il quale possono funzionare molte altre applicazioni.

Il possibile ruolo della blockchain nelle pubbliche amministrazioni

La ragione principale che spinge molti Stati a scommettere sullo sviluppo di applicazioni blockchain è quella di raccogliere, verificare e condividere dati di vario genere in modo sicuro e trasparente, al fine, in particolare, di attuare il “Once Only Principle” (principio “una volta sola”) citato nel piano di azione 2016-2020 della Commissione Europea. Secondo il principio Once Only gli enti pubblici dovrebbero condividere tra loro le informazioni, nel rispetto delle regole di riservatezza e protezione dei dati, sia a livello nazionale che trans-frontaliero, per evitare che le imprese e i cittadini debbano fornire più volte gli stessi dati alla pubblica amministrazione.[3] Inoltre, secondo l’Osservatorio europeo sulla blockchain, organo creato dalla Commissione Europea al fine di monitorare le iniziative di blockchain in Europa e creare conoscenza in materia accessibile a tutti, l’applicazione di tale tecnologia è utile per risolvere alcuni problemi cruciali nei rapporti con le pubbliche amministrazioni come la fiducia, la trasparenza e la sicurezza.[4] Rispetto ai tradizionali database gestiti a livello centrale, la blockchain è caratterizzata da un alto livello di fiducia, dato che sono previsti sistemi di almeno doppio controllo in tempo reale per l’approvazione degli smart contracts. Essendo ogni operazione tracciabile, la blockchain migliora la trasparenza, poiché rispetto ad un registro centralizzato, le modifiche devono essere approvate dalla maggioranza dei nodi del network, e tutti i nodi hanno traccia di qualsiasi scambio o movimento effettuato. Inoltre, un’operazione sul registro, scritta nel blocco, non può essere cancellata, e ciò rende più semplice e sicura anche la funzione di revisione delle operazioni per la potenziale riduzione di frodi, concetto molto importante per le applicazioni di blockchain nella tassazione.

La blockchain può dunque rappresentare un passo importante per la digitalizzazione del settore pubblico. A sua volta, un efficiente sistema di e-government porterebbe ad una riduzione dei costi economici e degli sprechi di tempo. Data la condivisione di dati, sia nei rapporti intra-governativi che fra il pubblico e i privati, ci sarebbe una riduzione della complessità burocratica e del potere di discrezione dei pubblici dipendenti. Inoltre, data la maggior accessibilità ai sistemi di e-government, probabilmente tramite app o piattaforme web, si ridurrebbe la distanza tra i cittadini e le istituzioni.

Per le imprese il discorso è simile: avere un database condiviso può aiutare nei rapporti con lo Stato per quanto riguarda la semplificazione degli adempimenti formali, e con i consumatori per quanto riguarda la gestione dei database informativi, la loro condivisione con parti interessate, previa autorizzazione dei consumatori, e la più precisa pianificazione delle attività di business.

Non è tutto oro quello che luccica

Alla luce di queste considerazioni, occorre chiedersi come mai una tecnologia cui si attribuisce un potenziale tanto elevato abbia finora trovato applicazioni tanto limitate.

Un primo problema è che la blockchain, essendo un complesso network tecnologico di computer, consuma un’enorme quantità di energia elettrica.[5] Per approvare ogni nuova operazione, la maggioranza dei nodi del network, rappresentati appunto da computer, deve verificare l’integrità dei dati e la conformità alle regole blockchain, col cosiddetto meccanismo di “Proof of Work”. Ogni computer svolge milioni di operazioni di controllo e crittografia dei dati, un compito che in gergo viene definito “hashing”, che consiste nella trasformazione di grandi moli di informazioni in un solo codice alfanumerico criptato, di 160 o 256 bit. Quanto più numerosi sono i soggetti che utilizzano la blockchain, tanto più il sistema di hashing diventa complesso, lento e dispendioso di energia. Secondo alcune stime, il solo sistema di blockchain applicato ai bitcoin, dato il dispendio di energia elettrica, comporta un’emissione di CO2 pari alla città di Singapore, ovvero più di Sri Lanka, Nigeria e Norvegia; e solo 38 Stati al mondo consumano più elettricità rispetto a quella necessaria per il processo di creazione del sistema Bitcoin.[6] Questo risultato è visibile dalla mappa riportata di seguito (Figura 1), la quale confronta il consumo di energia per i bitcoin con quello attuale nei vari paesi nel 2018.

Nel grafico seguente (Figura 2) si vede l’andamento dell’hash rate di bitcoin, ossia del numero di calcoli al secondo necessari per processare transazioni senza intermediari. È visibile l’esistenza di un trend positivo di crescita, che si traduce in un maggior consumo di energia elettrica.

Il costo sociale dovuto all’inquinamento rappresenta, perciò, uno dei principali limiti della blockchain.

Un secondo problema è che il sistema decentrato diventa sempre più complesso all’aumentare dei nuovi utenti, perciò il sistema di hashing (criptazione) diventa sempre più lento nell’effettuare i controlli per la scrittura dei nuovi blocchi.

Un terzo problema è che esiste un limite fisico dovuto alla capacità di gestione delle informazioni. Sappiamo infatti che le informazioni non vengono mai cancellate una volta inserite nella blockchain, perciò è lecito domandarsi fino a quando sarà possibile inserire nuovi blocchi alla catena, e quanti computer saranno necessari per supportare la crescita del network, in caso di una massiccia applicazione della blockchain. Dal grafico sottostante (Figura 3), che rappresenta la crescita della dimensione della blockchain, si evince che c’è un aumento esponenziale del suo utilizzo, collegato ad un aumento della sua dimensione in termini di memoria occupata. Ad esempio, nel 2012 la memoria occupata dalla blockchain su ogni nodo era di 216 megabyte, contro gli oltre 265.000 MB del 2020, equivalenti a circa 265 GB, che ogni nodo registra al suo interno. Perciò, saranno necessari strumenti hardware aggiuntivi per supportare la crescita del network, e questo potrebbe limitare fortemente le potenzialità di sviluppo della blockchain.

Un altro limite della tecnologia blockchain è rappresentato dalla minaccia dell’“Attacco al 51%”. Gli altri network, diversi dal blockchain, tipicamente hanno un HUB centralizzato, che è necessario per mantenere in funzione la rete e che, nel caso di un attacco target, porrebbe fine al network intero (cosiddetto rischio sistemico). La blockchain invece è una rete decentrata e distribuita; perciò nessuno può impadronirsi di un nodo centrale e per far crollare il network. Esiste però un rischio, conosciuto come “51% attack”, che si potrebbe verificare nel caso in cui un soggetto, o un’organizzazione, prendesse il controllo della maggioranza dei nodi della catena, ovvero del 51 per cento. Si tratta di un’ipotesi abbastanza remota dal momento che la rete è molto estesa e non sarebbe comunque possibile per gli hacker modificare tutte le informazioni precedentemente registrate per appropriarsi, ad esempio, di informazioni e proprietà dagli altri nodi, considerato che queste sarebbero comunque criptate e accessibili solo tramite le chiavi private dei proprietari. Nel caso in cui questo accadesse, però, ci potrebbero essere problemi legati alle nuove regole di scrittura delle informazioni nei blocchi. Ci potrebbero inoltre essere problemi con la verifica e la scrittura di nuove informazioni sulla catena. Si potrebbe quindi bloccare il funzionamento del sistema e questo comporterebbe ingenti costi per chi dipendesse ormai dal sistema blockchain per le sue operazioni quotidiane. Questo tipo di rischi porta a considerazioni legate all’affidabilità dell’intero sistema, alla sicurezza delle chiavi di crittografia e della gestione dei dati. Sebbene all’aumentare della dimensione del network sia più difficile creare dei problemi, è lecito domandarsi se un sistema del genere sia davvero esente da potenziali cyber attacchi, di cui ancora non si conosce l’esistenza.

Verso le prime applicazioni pratiche della blockchain

Allo stato attuale, i lati negativi sono tali da limitare la diffusione della blockchain, ma ciò non significa che in futuro non ci potranno essere le condizioni per una più facile applicabilità di questa tecnologia, date da una maggiore sostenibilità ambientale e temporale per la parte hardware e una migliore protezione dagli attacchi, visto lo sviluppo di altre innovazioni tecnologiche come i computer quantistici.[7]

Nel “white paper” dello scorso 19 febbraio, la Commissione Europea – come si è già detto – ha annunciato per il primo trimestre del 2020 un piano di investimenti di 100 milioni di euro per finanziare le imprese che si inseriscono nei settori della blockchain e dell’intelligenza artificiale. Questi fondi integrano quelli che sono stati già stanziati negli ultimi sette anni tramite il fondo europeo Horizon 2020, ossia 340 milioni per finanziare progetti atti a migliorare l’efficienza del settore pubblico tramite le applicazioni di blockchain. I settori nei quali la Commissione ha indirizzato gli investimenti in blockchain sono i più vari, come la gestione dell’identità personale dei cittadini, i problemi legati alla tassazione internazionale, il voto digitale, la gestione del sistema pensionistico e i certificati universitari.[8] Riportiamo di seguito alcuni dei progetti blockchain attivi in vari paesi europei, valutandone i benefici e i costi stimati. In Svezia una startup, chiamata Cromaway, rende efficiente il trasferimento di proprietà nel settore immobiliare, tipicamente caratterizzato da tempi lunghi, elevati rischi e molti limiti burocratici. Attraverso un sistema di blockchain, il trasferimento di proprietà avviene in modo trasparente, sicuro e immediato, rendendo più liquido il mercato immobiliare e facilitando l’erogazione di mutui. Il sistema riduce i costi di transazione da settimane a pochi minuti, dato che il trasferimento avviene dopo l’approvazione sul computer da parte dei soggetti partecipanti allo smart contract. Grazie alla riduzione dei tempi di registro del 95 per cento e alla riduzione dei costi operativi del 90 per cento, risultante dal minor impiego di forza lavoro, la tecnologia blockchain applicata ai trasferimenti immobiliari crea un risparmio per lo Stato stimato in 100 milioni di euro. Nei Paesi Bassi la blockchain rende più flessibile e trasparente la gestione del sistema pensionistico per i cittadini. Il risparmio stimato, data la riduzione dei costi operativi e di gestione dei dati, è di 500 milioni di euro. La piattaforma blockchain dovrebbe in questo caso ridurre i costi di transazione dei cittadini tramite un’unica interfaccia di accesso all’informazione dei servizi pensionistici, dagli attuali 80 euro a 15 euro annui. Per quanto riguarda i costi di tali applicazioni, si evince come essi siano per lo più comuni a tutti i progetti presentati. In particolare, i costi sono solitamente non ripetuti nel tempo, e attribuibili principalmente allo sviluppo e al mantenimento del software, alla capacità organizzativa e al lavoro di preparazione e training dei dipendenti che devono interfacciarsi con la nuova tecnologia. Ci sono altri casi studio interessanti al di fuori dell’UE. In Svizzera, l’applicazione uPort offre un servizio di identità digitale basato sulla blockchain, per l’autenticazione nei servizi governativi digitali e la condivisione di dati con terze parti. I principali benefici sono rappresentati da una riduzione dei costi operativi data la riduzione dei controlli necessari per accedere ai vari servizi, un minore dispendio di tempo per i cittadini e una potenziale maggiore efficienza per le imprese nel caso accettassero questo sistema di autenticazione unico. In Georgia, l’agenzia nazionale del registro pubblico utilizza la tecnologia blockchain per fornire ai cittadini un certificato digitale di possesso dei terreni. Il progetto si chiama Exonum ed è stato finanziato dai fondi europei per la blockchain. Tra i principali benefici di questa applicazione si hanno la riduzione del 90 per cento dei costi di registrazione del terreno e una drastica riduzione dei tempi di registrazione e verifica delle operazioni, 400 volte più rapide.

La blockchain per ridurre l’evasione fiscale

Secondo il 73,1 per cento dei membri del Global Agenda Council sul futuro del software e della società del World Economic Forum, nel 2025 i governi cominceranno a riscuotere le imposte tramite sistemi di blockchain.[9] Per avere un’idea della dimensione che potrebbe assumere la blockchain, sulla base dello stesso sondaggio si evince che nel 2027 il 10 per cento del Pil mondiale sarà registrato tramite blockchain. Nonostante il sondaggio sia stato pubblicato 5 anni fa, possiamo dire che la realtà sta andando nella direzione prevista. Sono nate, infatti, diverse piattaforme che avvicinano il mondo della tassazione a quello della blockchain, alcune delle quali già attive. Diversi autori ed esperti in materia suggeriscono che un sistema di blockchain può annullare immediatamente l’evasione fiscale dell’IVA, almeno quella dovuta a frodi in operazioni trans-frontaliere tra paesi UE, che ammonterebbe a 50 miliardi di euro l’anno secondo l’ultima stima della Commissione Europea, relativa al 2017.[10],[11]

Il caso della Summitto per contrastare le frodi IVA sulle transazioni fra paesi UE

Tra i progetti finanziati con il fondo europeo Horizon 2020 di 340 milioni di euro c’è Summitto, una startup olandese, che sta mettendo a punto un’applicazione blockchain per annullare le cosiddette frodi carosello che colpiscono l’IVA sulle transazioni trans-frontaliere tra paesi UE. È un tipo di frode che sfrutta il fatto che le vendite di beni tra due paesi appartenenti all’Unione Europea sono esenti dall’IVA. Il problema sorge quando un’impresa, che inizialmente importa un bene esente da IVA da un altro paese europeo, mette in commercio lo stesso bene al fine di esportarlo di nuovo, per beneficiare in maniera fraudolenta dell’assenza di imposizione fiscale. È chiamato in inglese Missing Trader Fraud (MTIC), la frode del commerciante mancato, poiché l’impresa importatrice di solito vende il bene all’interno del suo stesso Stato a un altro commerciante incassandone l’IVA, per poi non versarla allo Stato che dovrebbe invece beneficiarne. Dato che i tempi di controllo delle autodichiarazioni IVA sono molto lunghi, l’impresa importatrice “scompare”, creando così un buco nelle casse dello Stato. La startup Summitto sta a tal proposito mettendo a punto il primo sistema di contabilizzazione dell’IVA a tripla entrata, basato sulla tecnologia blockchain. Questo sistema prevede una registrazione in tempo reale e decentralizzata delle transazioni IVA, che dovranno essere approvate rispettivamente dalle due imprese coinvolte nella transazione e dall’autorità fiscale prima di essere registrate in un blocco della catena. Più nel dettaglio, va detto che il pagamento dell’IVA è particolarmente facile da aggirare perché si basa su un meccanismo di auto dichiarazione in un sistema di regole non uniformi tra i diversi paesi dell’Unione Europea. Il meccanismo proposto da Summitto, perciò, eliminerebbe la logica dell'auto dichiarazione IVA. Un sistema del genere renderebbe quindi possibile per le autorità fiscali monitorare e verificare il pagamento delle imposte ad ogni passaggio delle operazioni commerciali, autorizzando o meno la scrittura dell’operazione in un blocco incancellabile della catena. Alcuni prototipi di sistemi simili sono stati proposti anche da Microsoft e PWC, KPMG e dalla Joint Research Challenge della Commissione Europea.[12] Un esempio di come potrebbe funzionare il sistema è riportato nella figura seguente (Figura 4), fornito dal JRC Science for Policy Report della Commissione Europea, nel quale sono coinvolti cinque attori: il compratore, il venditore, le banche dei rispettivi soggetti e l’autorità fiscale. Il tutto si svolge tramite uno smart contract sulla blockchain, attraverso il quale devono essere approvate e registrate sequenzialmente sette operazioni per registrare la scrittura sul libro mastro, ovvero sulla blockchain.

Se applicati, i risultati degli studi porterebbero a un’immediata riduzione dell’evasione. L’autorità fiscale, infatti, potrebbe avere sotto controllo le transazioni IVA in tempo reale e valutare la compliance delle imprese, ossia il loro livello di conformità nel rispettare le regole. Inoltre, attraverso l’utilizzo di machine learning e intelligenza artificiale, altri due dei sei “mega trends” individuati dal World Economic Forum, sarebbe più facile individuare i comportamenti degli evasori e controllare le imprese che sono maggiormente a rischio frode. La blockchain può avere un impatto sui comportamenti delle imprese perché, come spiegato nel report PWC, sarebbe molto più facile individuare le imprese che non sono in regola ed inserirle in un “registro nero” o escluderle dal network della blockchain, e ciò disincentiverebbe la propensione ad evadere.[13] Nonostante questo tipo di sistema sembri essere molto efficiente e realizzabile, non è stato ancora messo in atto e sottoposto a verifica in Europa, ma sembra che ci siano tutte le condizioni per cominciare a fare passi in avanti prendendo spunto anche da progetti attivi in altri paesi del mondo.

Una prima applicazione nel contrasto all’evasione in Tailandia

Dallo scorso gennaio, il governo tailandese ha lanciato l’app VRT Thailand basata sulla blockchain, che fornisce servizi di rimborso dell’IVA per i turisti. Questi ultimi possono richiedere il rimborso dell’IVA direttamente dall’app. Si stima che questo nuovo sistema dovrebbe portare ad una forte riduzione delle perdite dovute alle richieste di rimborso fraudolente e in un aumento della spesa dei turisti del 10 per cento. Un sistema del genere è efficace poiché, da un lato, rende più facile e veloce il sistema di richiesta dell’IVA per i consumatori, dall’altro, porta a una riduzione dei costi di gestione, del processo di verifica dei documenti e dell’archiviazione degli stessi sia nei registri dell’autorità fiscale che nei negozi. Una volta inseriti i dati sulla blockchain, questi saranno condivisi in tempo reale con il dipartimento fiscale e con quello doganale, in modo da accelerare il processo di controllo e rimborso dell’IVA. In questo caso, la blockchain accelera i processi, rendendo semplice un meccanismo che altrimenti può durare settimane; elimina inoltre la necessità di avere degli intermediari che comportano notevoli costi di transazione per i consumatori.

Sull’esempio della Tailandia, la Cina sta sviluppando un sistema di “tassazione intelligente” basato sulla tecnologia blockchain. In particolare, il colosso Tencent, cui fa capo il più importante social cinese WeChat, ha lanciato un laboratorio di innovazione in collaborazione con lo Shenzhen National Taxation Bureau per sviluppare un sistema di blockchain per le procedure di tassazione.[14]

Conclusione: fattibilità e sostenibilità

Il ruolo delle nuove tecnologie, come la blockchain, è al centro dei profondi cambiamenti sociali ed economici che la nostra società sta affrontando. Nonostante vi sia tra i tecnici la convinzione che la blockchain possa essere applicata nei più disparati ambiti dell’economia portando a molti vantaggi, le applicazioni in uso sono ancora molto limitate. Come abbiamo mostrato, in Europa si stanno studiando alcune applicazioni che dovrebbero rendere più efficiente la pubblica amministrazione, mentre la Tailandia ha appena cominciato ad utilizzare la blockchain nel settore della tassazione.

La blockchain ha però notevoli limiti in termini di sostenibilità ambientale, temporale ed informatica, il che spiega perché abbia trovato fino ad oggi applicazione quasi solo nel settore delle criptovalute.

Qualora si riuscissero a superare questi limiti – cosa che già esperti ritengono possibile – si potrebbe assistere ad una più consistente applicazione della blockchain. In ogni caso, bisogna valutare la blockchain in prospettiva e in combinazione con altre nuove tecnologie, come i computer quantistici per il machine learning e l’intelligenza artificiale. Molto probabilmente ci vorrà del tempo per valutare la reale applicabilità della blockchain, sia in termini di adeguatezza infrastrutturale, sia in termini di conoscenze e abitudini degli utenti, che dovranno essere in grado di accettare, utilizzare ed apprezzare gli effetti di questa tecnologia.

 

[2] Per far parte di una transazione, ogni soggetto deve accedere ad un “wallet”, cioè una piattaforma tramite cui si ha accesso alla blockchain. Ogni soggetto è dotato di due chiavi: una pubblica, che è un codice ID, e una privata. Ogni transazione, quindi, viene criptata tramite una chiave pubblica che serve per notificare tale operazione a tutto il network e, una volta accettata dal network, viene pubblicata ed è visibile a tutti in modo criptato; il contenuto di tale operazione può essere decriptato esclusivamente da chi ha la chiave privata per accedere alla transazione, quindi il destinatario del messaggio. Ad ogni soggetto è intestato un wallet al quale fa riferimento un’unica coppia di chiavi pubblica-privata; perciò il titolare è l’unico in grado di decifrare le transazioni in codice che lo interessano.

[3] Questa in sostanza è la definizione che ne ha dato l’ANAC, si veda al link: https://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/Attivitadocumentazione/AttivitaEuropea/_ProgettoTOOP.

[5] Per avere un’idea di tipi di network, esistono quelli sociali, biologici, tecnologici, informativi ecc. Approfondimento: “The Structure and Function of Complex Networks”, M. E. J. Newman.

[6] “Bitcoin’s Growing Energy Problem”, Alex de Vries, CellPress: https://powercompare.co.uk/bitcoin-mining-electricity-map/.

[8] Esempi nel Report: Blockchain for government and public services, EU observatory and forum; Blockchain for digital government, European Commission.

[9] “Deep Shift Technology Tipping Points and Societal Impact”, Global Agenda Council on the Future of Software & Society WEF 2015.

[10] Ainsworth & Shact (2016), Blockchain (Distributed Ledger Technology) Solves VAT Fraud; Ainsworth & Alwohaibi (2017), The first real time blockchain VAT-GCC solves MTIC fraud.

[12] https://joinup.ec.europa.eu/sites/default/files/document/201904/JRC115049%20blockchain%20for%20digital%20government.pdf; “Blockchain for tax compliance”; “Two practical cases of blockchain for tax compliance” PWC, Microsoft and Vertex.

[14]https://www.asiablockchainreview.com/china-prevents-tax-fraud-with-blockchain-technology/.

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