L’aumento dei posti in terapia intensiva: alcuni chiarimenti su dati e tempistiche
di Carlo Cottarelli e Federica Paudice
24 ottobre 2020
Il Decreto Rilancio aveva previsto 3.500 nuovi posti letto in terapia intensiva che avrebbero garantito la presenza di 14 posti letto ogni 100.000 abitanti in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. A oggi le unità aggiuntive sono però solo 1.279, meno della metà rispetto all’obiettivo prefissato. Inoltre, i nuovi posti sono distribuiti in maniera disomogenea sul territorio. Le ragioni del ritardo risiedono nell’iter previsto per la programmazione e, in generale, in un’azione della Pubblica Amministrazione che non è stata in grado di realizzare gli obiettivi anche in presenza di risorse finanziarie adeguate.
*La nota è stata ripresa da Repubblica in questo articolo del 24 ottobre 2020.
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Posti letto in terapia intensiva
L’articolo 2 del Decreto Rilancio aveva previsto un aumento dei posti letto in terapia intensiva di 3.500 unità che si sarebbero aggiunte alle 5.179 esistenti pre-Covid, per un totale di 8.679 unità. Le risorse stanziate erano rilevanti: circa 606 milioni. I nuovi posti sarebbero stati distribuiti alle regioni in modo da garantire 14 posti letto ogni 100.000 abitanti in maniera omogenea su tutto il territorio. Al 9 ottobre si registravano però 6.458 posti letto, un aumento di sole 1.279 unità.[1]
La distribuzione per regione degli aumenti risulta disomogenea (Tavola 1). Sono andate particolarmente bene Veneto, Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Basilicata con un grado molto elevato di completamento dei posti letto. Le prime tre regioni hanno ottenuto un aumento dei posti letto addirittura superiore a quello che era l’obiettivo (il grado di completamento è superiore al 100 per cento; Figura 1). Tra le regioni con il minor grado di completamento ci stanno Umbria, Calabria, Marche, Piemonte e Abruzzo. Anche la Lombardia ha avuto un grado di completamento basso, intorno al 20 per cento. Si potrebbe pensare che le regioni che hanno fatto meglio in termini di grado di completamento siano quelle cha avevano un obiettivo meno difficile da raggiungere. In effetti, esiste una relazione negativa tra grado di completamento dell’obiettivo e difficoltà di raggiungimento dell’obiettivo (quest’ultimo misurato dall’aumento previsto nel numero di posti letto ogni 100.000 abitanti; Figura 1). Tuttavia, la difficoltà dell’obiettivo spiega solo in piccola parte le diversità tra regioni. Nella figura 2 Veneto, Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Basilicata stanno tutte sopra la linea di regressione, il che indica che hanno fatto bene anche rispetto alla difficoltà dell’obiettivo.
In aggiunta il Decreto prevedeva la messa a disposizione di 4 strutture movimentabili con un totale di 300 posti letto da destinare alle zone con maggiore fabbisogno. Per l’acquisizione delle quattro strutture, l’11 agosto è stata pubblicata un’indagine di consultazione preliminare di mercato per l’acquisizione di documentazione tecnica. La data per presentare le offerte era stata fissata al 2 settembre. Attualmente la procedura risulta ancora in corso.[2]
Posti Letto in Terapia Semi-Intensiva
La terapia semi-intensiva è intermedia tra quella intensiva e quella ordinaria ed è destinata ai pazienti sottoposti a monitoraggio continuo. Il Decreto Rilancio prevedeva anche la riqualificazione di 4.225 posti letto di terapia semi-intensiva. Per il 50 per cento questi posti letto (2.112 posti) dovevano essere prontamente convertibili in terapia intensiva. [3]
L’aumento dei posti in terapia semi-intensiva ha superato l’obiettivo: sono stati realizzati 7.670 posti letto (contro i 4.225 previsti) che sommati ai posti preesistenti danno un totale di 14.195 unità.[4] Non è però chiaro in che misura si sia raggiunto l’obiettivo di poter trasformare rapidamente circa 2.000 di questi posti letto in letti di terapia intensiva.
Le ragioni dei ritardi
L’iter per l’assegnazione dei letti prevedeva la presentazione, da parte delle regioni, di un piano al Ministero della Salute entro il 17 luglio, piano che il Ministero doveva approvare entro 30 giorni. Dopodiché il Commissario Straordinario per l’emergenza Covid avrebbe dovuto fornire le indicazioni operative per l’attuazione dei piani.[5] Secondo le regioni, e il Commissario ha confermato, la presentazione dei piani e l’approvazione è avvenuta nei tempi prefissati. Tuttavia, secondo il Commissario, i piani presentati e approvati “erano spesso privi di dettagli tecnici, operativi e logistici necessari per poter avviare le gare”. Sarebbero servite altre settimane per completarli. Conseguentemente il bando relativo è stato pubblicato solo a inizio ottobre, con scadenza per la partecipazione alla gara fissata al 12 ottobre. Questa sarebbe stata la causa dei ritardi.[6] Resta il fatto che, l’iter procedurale non si è rivelato idoneo a gestire una situazione di emergenza. Era necessario, per esempio, che i programmi presentati dalle regioni dovessero essere approvati dal Ministero entro 30 giorni? La data di inizio dell’autunno era conosciuta. Non si poteva agire più rapidamente, magari lasciando più spazio per un’azione autonoma delle regioni? D’altro canto, esistono anche responsabilità a livello regionale, visto che alcune regioni sono comunque riuscite a raggiungere o a eccedere il proprio obiettivo di incremento del numero dei posti letto, mentre altre hanno fallito. In ogni caso, se si stavano accumulando ritardi non avrebbe dovuto il Commissario, anche pubblicamente, segnalare in modo energico l’insorgere di un serio problema soprattutto in certe regioni?
[3] Considerando i nuovi 3.500 posti di terapia intensiva, i 300 in strutture movimentabili e i 2.112 posti letto prontamente convertibili da terapia semi-intensiva a terapia intensiva, la disponibilità totale di unità avrebbe dovuto passare da 5.179 a 11.091 letti (115 per cento in più rispetto al pre-Covid), come inizialmente annunciato dal governo.