Università Cattolica del Sacro Cuore

Il punto sulle auto della PA: limiti normativi e problemi di trasparenza 

di Carlo Valdes

26 marzo 2018

Il rapporto 2017 sulle auto della PA indica una lieve diminuzione del parco vetture della Pubblica amministrazione e, in particolare, di quello delle auto blu. Tuttavia, le nuove modalità di censimento introdotte da fine 2014 non permettono di conoscere il numero reale di auto (totale e blu) delle pubbliche amministrazioni, né di valutare la reale diminuzione delle vetture. Il grande numero di auto escluse in sede di rilevazione e la mancata pubblicazione di dettagli importanti relativi alle stesse, rendono anche impossibile il calcolo della spesa pubblica a carico degli enti e la stima del risparmio potenziale. Sarebbe quindi utile se il nuovo governo ripristinasse i criteri di rilevazione utilizzati per i censimenti realizzati fino al 2014.

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Il Dipartimento della Funzione Pubblica (DFP) ha recentemente pubblicato il nuovo censimento sulle autovetture delle pubbliche amministrazioni.[1] Il numero totale di auto registrate nel 2017 è leggermente calato rispetto al 2016 (-774 unità), attestandosi su un valore pari a 29.195 unità. Di queste, 26.127 sono in uso a uffici o servizi senza autista, mentre le auto “blu” registrate sono 3.068, di cui 1.065 in uso esclusivo e 2.003 in uso non esclusivo, con un calo di 171 unità.[2]

Queste informazioni sono utili per valutare le tendenze più recenti nella dotazione di auto blu in alcune parti della Pubblica amministrazione. Prima di guardarle più da vicino occorre chiarire che il censimento attuale omette auto detenute da ampi settori della Pubblica amministrazione per effetto del cambiamento dei criteri di rilevazione introdotti nel settembre del 2014.

Lo strano caso delle auto scomparse

Il censimento auto del luglio 2014 indicava che in quell’anno le auto totali erano 54.542, con un numero di auto blu pari a 5.902 unità. Il numero di vetture nel 2017 sarebbe quindi approssimativamente la metà di quello esistente tre anni prima, sia per il totale che per le auto blu. Un tale confronto, tuttavia, sarebbe fuorviante. Lo stesso DFP ha dichiarato espressamente nel 2016 che i criteri di rilevazione utilizzati tra il 2014 e gli anni seguenti “sono solo parzialmente coincidenti, in quanto fanno riferimento a disposizioni normative diverse”.[3] In effetti, le rilevazioni condotte fino al 2014 erano frutto di un censimento mensile del Formez, regolamentato dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) 3 agosto 2011, mentre le rilevazioni successive sono state basate sul DPCM 25 settembre 2014, che aveva abrogato la norma precedente.

I principali cambiamenti nella rilevazione riguardano i criteri di esclusione di alcune categorie di autovetture: mentre nella normativa precedente erano escluse dalla rilevazione solo le autovetture impiegate per alcuni servizi operativi (servizi operativi di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, servizi operativi della difesa, etc…), nella nuova normativa sono state inserite esclusioni per tutte le auto di interi comparti della pubblica amministrazione (come il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco) e per un gran numero di vetture usate per, cosiddetti, servizi istituzionali (servizi istituzionali delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari svolti all’estero, servizi istituzionali di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica), un termine molto più generico, soprattutto ai fini della valutazione delle auto blu.

Queste differenze all’apparenza solo nominali – e in particolare quella tra la categoria dei servizi operativi e quella più generale dei servizi istituzionali – sembrerebbero aver generato l’esclusione di un ampio numero di autovetture dal censimento.

Per capire l’importanza di queste esclusioni dai censimenti è utile confrontare le informazioni del parco auto nel 2014 e nel 2017.

Focalizzando la nostra attenzione sulle auto blu, il calo percentualmente più forte è quello osservato per i ministeri (e la presidenza del consiglio): da 1210 a 61 auto blu. Un calo di queste dimensioni sembra però improbabile. Infatti occorre considerare che, secondo il censimento del 2014, la maggior parte delle auto blu delle amministrazioni centrali era allocata nelle sedi periferiche dei ministeri e, in particolare, in quelle di due ministeri, quello della giustizia e quello della difesa.[4]

Consideriamo le auto blu del Ministero della Giustizia. Nel 2014 le auto blu erano 839. Nell’ultima rilevazione, il numero è sceso a 4. Non è chiaro cosa sia successo alle altre, ma sembra improbabile che il calo sia effettivo. Il grosso delle auto blu di tale ministero era allocato nei tribunali e nelle procure distribuiti su tutto il territorio nazionale e non sembra che tali sedi decentrate abbiano eliminato la propria dotazione di vetture. Lo stesso vale per le vetture del Ministero della Difesa (nel 2014 le auto blu di questo ministero erano 287, nei dati del 2017 sono 5). È quindi più probabile che le vetture “scomparse” siano state considerate come utilizzate per fini istituzionali e quindi escluse sia dal conteggio delle auto blu, sia da quello delle auto totali.

Che il calo del numero di auto blu sia dovuto in buona parte a cambiamenti nei criteri di rilevazione è anche suggerito dal fatto che le misure restrittive imposte dal DPCM del settembre 2014 si riferivano solamente alle auto blu e non al totale del parco auto. Eppure si sarebbe verificato, a seguito di tale DPCM, un calo complessivo di tutte le auto, non solo di quelle blu, il che suggerisce cha la causa principale del calo, per le auto blu e per il totale, sia il cambiamento nei criteri di rilevazione.[5]

I problemi di trasparenza

In definitiva, la copertura della rilevazione si è drasticamente ridotta dopo il DPCM del 2014 e, attualmente, sfugge alla rilevazione un numero elevato di auto blu e non blu. Che ci sia stato un calo è comunque probabile, visto che il suddetto DPCM imponeva tetti più stringenti alle auto blu dei ministeri, ma il calo effettivo è molto più basso di quello che potrebbe apparire dal confronto tra i dati del 2014 e del 2017 a causa dei citati problemi di rilevazione.

A questi limiti del nuovo censimento se ne aggiungono altri relativi ai dati specifici comunicati per ogni autovettura. L’art. 4 del DPCM 2014 prevede che le amministrazioni debbano comunicare annualmente “il numero e l’elenco delle autovetture (…) con l’indicazione della cilindrata e dell’anno di immatricolazione”. Tale disposizione rimane inosservata: nei rapporti pubblicati dal DFP non è possibile trovare alcun dato in merito alla cilindrata delle auto e all’anno di immatricolazione. Questa carenza rende impossibile qualunque valutazione qualitativa sul parco auto delle pubbliche amministrazioni.

Un ulteriore limite dei censimenti seguenti la nuova normativa è relativo alle spese sostenute dalle pubbliche amministrazioni. Negli ultimi rapporti questi dati sono del tutto mancanti, mentre nei rapporti del 2014 erano indicati i valori di spesa diversificati per procedura di acquisizione (accordo quadro, convenzione Consip, etc…) e titolo di possesso dei mezzi. L’ultima stima disponibile indica un costo totale delle auto blu, comprensivo dei compensi per gli autisti, di 280-350 milioni l’anno (dati 2014). L’assenza di informazioni dettagliate relative ai costi sostenuti da ogni ente rileva soprattutto al fine della valutazione dell’osservanza delle Norme di contenimento della spesa pubblica, che prevedono precisi limiti di spesa per le pubbliche amministrazioni.[6]

Cosa ci dicono i dati del nuovo censimento?

Pur con questi limiti, consideriamo ora le informazioni fornite dal recente censimento. Il numero di enti rispondenti al censimento è pari a 6.890, in lieve aumento rispetto all’anno precedente (+634).[7] Tuttavia, guardando alle variazioni intercorse tra il 2016 e il 2017, si nota che in tutti settori in cui la diminuzione è particolarmente significativa si registra una contemporanea diminuzione del tasso di risposta. Questo suggerisce che il dato della diminuzione di auto per quelle voci sia sostanzialmente sovrastimato, e che debba essere osservato tenendo conto del fatto che una parte degli enti che in passato avevano dichiarato di avere auto di servizio, nel 2017 non hanno risposto al questionario. Lo stesso ragionamento è valido anche con segno opposto: alcune voci di aumento (in particolare quelle relative ai Comuni e agli altri Enti), potrebbero non indicare l’effettiva acquisizione di nuove auto di servizio, ma potrebbero essere da imputare esclusivamente alle nuove registrazioni delle auto già possedute da parte di enti che non avevano aderito alle precedenti rilevazioni.

Per quanto riguarda la composizione dell’aggregato, quasi il 20 per cento delle auto è dichiarato da enti sanitari regionali, mentre il 49 per cento dai comuni (vedi tavola sottostante).

Posti i dubbi già espressi sulla validità dei numeri riportati per le sedi decentrate dei ministeri (tribunali, per esempio), consideriamo più da vicino i dati sulle auto blu dei Comuni e delle Giunte regionali. I dieci comuni capoluogo di provincia con il numero maggiore di auto blu sono: Roma (124), Messina (25), Palermo (24), Oristano (17), Napoli (17), Milano (17), Brindisi (11), Bari (11) Catania (9) e Cagliari (6).[8] La classifica dei comuni capoluogo con maggiore numero di auto blu rispetto al numero di abitanti è riportata nel grafico sottostante.

Per quanto riguarda le giunte regionali, il primato spetta alla Regione Sicilia (70 auto blu), seguita dalla Campania (58), dalla Sardegna (55) e dalla Calabria (53). L’Emilia-Romagna e la Toscana sono invece le regioni più virtuose con soltanto una auto blu. 

Il numero di auto blu per assessore nelle giunte regionali è riportato nel grafico sottostante.


1 “Censimento delle auto di servizio delle PA - Rapporto 2017”, DFP, 19 marzo 2018.
2 Ai fini di questa analisi, per “auto blu” si intendono le auto con autista dichiarate da ogni ente, in uso
esclusivo o non esclusivo. Il termine comprende tutte le auto utilizzate per questo fine, indipendentemente
dalla cilindrata. In alcune pubblicazioni passate il termine “auto blu” era riferito sole alle auto di cilindrata
superiore a una certa soglia (essendo le altre auto con autista classificate come “auto grigie”). Il temine “uso
esclusivo” si riferisce all’uso da parte di un particolare dirigente e non a disposizione, per esempio, del
personale di un intero ufficio.
3 Documento allegato alla rilevazione del 2016, “Confronto 2014-2015”, DFP.
4 I dati del 2014 escludevano comunque le vetture del Ministero dell’Interno (che non forniva dati al Formez, nonostante fonti informali valutassero il numero di autovetture approssimativamente pari a 300), e le auto fornite dalle varie forze di polizia ai ministeri di riferimento (per esempio dal Corpo Forestale dello Stato al Ministero dell’Agricoltura). Nel censimento 2017 risultano a disposizione del Ministero dell’Interno 5 auto blu.
5 Esistono naturalmente anche norme per il controllo della spesa complessiva del parco auto, ma tali norme, introdotte negli anni precedenti, non sono state rese particolarmente più restrittive dopo il 2014.
6 Si veda il quadro sinottico sulle Norme di contenimento della spesa pubblica (ottobre 2017).
7 Sebbene il numero di enti rispondenti sia soddisfacente per alcuni tipi di amministrazioni (amministrazioni centrali, agenzie fiscali, regioni e province, comuni capoluogo), il tasso di risposta è ancora basso per quanto riguarda le piccole amministrazioni: i comuni non capoluogo e le città metropolitane presentano un tasso di risposta pari al 68 per cento, e le unioni di comuni e le comunità montane registrano un tasso del 59 per cento.
8 Il comune di Tortolì è stato escluso dalla classifica a causa dei cambiamenti in corso nell’assetto territoriale nella Regione Sardegna.

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