Banca centrale: c'è davvero differenza tra acquisti di titoli di Stato sul mercato primario e sul secondario?
di Giampaolo Galli, Fabio Angei e Edoardo Frattola
5 maggio 2020
Gli acquisti di titoli di Stato da parte della BCE sono sempre avvenuti e stanno avvenendo esclusivamente sul mercato secondario, come prescritto dai trattati. Per far fronte all’emergenza attuale, alcuni economisti hanno auspicato invece un intervento diretto della BCE sul mercato primario. Ma gli effetti di un acquisto di titoli sul mercato primario sarebbero davvero così diversi rispetto a quelli dell’acquisto sul mercato secondario? In realtà, dal punto di vista delle condizioni di finanziamento per lo Stato sembra esserci poca differenza.
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Chiunque abbia frequentato un corso base di macroeconomia ricorda che, all’interno del semplice modello IS-LM, il principale fattore che determina il tasso d’interesse di equilibrio del mercato monetario è l’offerta totale di moneta da parte della banca centrale: quando la banca centrale aumenta la base monetaria e, con l’intermediazione del sistema bancario, l’offerta di moneta, il tasso di interesse di equilibrio si riduce. Questo modello è chiaramente una semplificazione di quanto avviene nella realtà, poiché per esempio considera un solo strumento finanziario con un solo tasso di interesse; tuttavia, il messaggio di fondo che ci suggerisce è che l’effetto sul tasso di interesse si verifica a prescindere dalla modalità con cui la banca centrale realizza l’aumento dell’offerta di moneta, cioè dallo strumento con cui inietta maggiore liquidità nell’economia.
Nel mondo reale, uno degli strumenti con cui la banca centrale può influenzare il tasso di interesse di equilibrio è l’acquisto di titoli di Stato. Questo è ciò che sta avvenendo da diversi anni nelle principali aree valutarie, tra cui l’Eurozona, dove la BCE, nell’ambito del suo Quantitative Easing finalizzato al raggiungimento di un’inflazione inferiore ma vicina al 2 per cento, fin dal 2015 sta acquistando in modo massiccio titoli di Stato dei paesi membri. In base all’art. 123 del TFEU, alla BCE è vietato l’acquisto di titoli di Stato sul mercato primario, il che significa che non può partecipare direttamente alle aste; gli acquisti sono quindi avvenuti e stanno avvenendo esclusivamente sul mercato secondario. Ma fa davvero la differenza, a livello strettamente economico, se la BCE interviene su uno o l’altro mercato? Per far fronte all’emergenza attuale e ridurre il costo del finanziamento per gli Stati, alcuni economisti hanno auspicato un intervento diretto della BCE sul mercato primario. Ma gli effetti di un acquisto di titoli sul mercato primario sarebbero davvero così diversi rispetto a quelli che già abbiamo con l’acquisto sul mercato secondario? O è vero quanto suggerito invece anche dal modello IS-LM? Consideriamo i due scenari.
Se la banca centrale decide di acquistare titoli direttamente sul mercato primario, cioè partecipando all’asta in cui lo Stato offre i propri titoli appena emessi, l’effetto sul tasso di interesse di questi stessi titoli è diretto e immediato: l’intervento della banca centrale aumenta la domanda in sede di asta, provocando quindi un aumento del prezzo dei titoli e una riduzione del loro rendimento. Minori rendimenti significano minori spese per interessi da parte dello Stato: gli acquisti della banca centrale favoriscono quindi in modo diretto il finanziamento dello Stato.
Consideriamo ora una banca centrale che interviene invece soltanto sul mercato secondario. In questo caso, il prezzo e il rendimento dei titoli messi all’asta sul primario non sono direttamente influenzati dalla banca centrale, poiché all’asta partecipano solo gli investitori privati.[1] Tuttavia, è evidente che, nel decidere quanti titoli domandare all’asta e a quale prezzo acquistarli, gli investitori privati terranno conto del fatto che la banca centrale ha avviato un programma di acquisto di titoli di Stato sul mercato secondario. In altre parole, gli investitori sanno che la domanda di titoli di Stato sul mercato secondario è elevata (grazie al programma della banca centrale) e dunque non ci saranno particolari difficoltà a rivendere i titoli che acquisteranno. È sufficiente quindi che il programma di acquisti della banca centrale sia noto agli operatori privati – e che sia di entità significativa – per influenzare il comportamento dei primary dealers e quindi, indirettamente, il tasso di interesse che si forma sul mercato primario. Anche in questo caso, dunque, i costi di finanziamento dello Stato si riducono grazie all’intervento della banca centrale.
In un certo senso, gli acquisti della banca centrale sul secondario “liberano spazio” all’interno dei bilanci delle banche e degli altri investitori privati. Questo può avvenire in due modi. In primo luogo, nei giorni precedenti l’emissione di un nuovo titolo la banca centrale può acquistare sul mercato secondario titoli simili a quello che verrà emesso: in tal caso, gli investitori possono “compensare” i titoli venduti alla banca centrale acquistando una maggiore quantità di titoli simili all’asta. Inoltre, la banca centrale può intervenire anche nei giorni successivi all’emissione, acquistando gli stessi titoli offerti all’asta o titoli simili: anticipando questo comportamento, gli investitori saranno disposti ad acquistare più titoli in sede di emissione.[2]
Dal punto di vista delle condizioni di finanziamento da parte dello Stato, dunque, sembra esserci poca differenza tra acquisti della banca centrale effettuati prima, durante o dopo l’asta dei nuovi titoli.[3] È chiaro che l’effetto sul rendimento dei titoli sul mercato primario (quello che conta per lo Stato) può non essere esattamente identico nei due scenari. In base alle caratteristiche del programma di acquisti sul mercato secondario, il singolo primary dealer potrebbe non avere la certezza assoluta di poter vendere alla banca centrale i titoli detenuti nel proprio bilancio (per esempio perché esiste un limite massimo di titoli che possono essere acquistati o detenuti dalla banca centrale in un certo periodo) e la domanda di titoli in sede di asta potrebbe quindi non essere tanto elevata quanto avverrebbe in caso di intervento diretto della banca centrale. Inoltre, un secondo potenziale svantaggio ha a che fare con i costi di transazione: l’intermediazione dei privati tra lo Stato e la banca centrale può infatti comportare un costo se i prezzi dei titoli scendono prima dell’asta sul primario e aumentano invece prima degli acquisti della banca centrale sul secondario. Sulla base della poca letteratura in merito, l’entità di questi costi sembra molto contenuta e dipende anche dalle modalità con cui la banca centrale effettua i propri acquisti sul mercato secondario.[4]
In ogni caso, perché non si consente alla banca centrale di effettuare acquisti di titoli di Stato direttamente sul mercato primario? Il divieto di acquisti sul primario ha una motivazione principalmente simbolica e istituzionale: impedendo alla banca centrale di intervenire direttamente sul mercato primario si vuole sottolineare la separazione dei ruoli tra banca centrale e governo e rafforzare quindi la credibilità e l’indipendenza della banca centrale.[5] Un intervento sul mercato primario potrebbe quindi avere alcuni vantaggi, ma avrebbe sicuramente il grosso svantaggio di compromettere l’immagine della banca centrale e l’efficacia della sua azione. Un altro motivo per cui in molti paesi la banca centrale non può acquistare sul mercato primario è la volontà di preservare l’efficienza che deriva dalla formazione (perlomeno parziale) di un “prezzo di mercato” per i titoli collocati sul primario: se la banca centrale può intervenire solo sul mercato secondario, i suoi acquisti avvengono a un prezzo di mercato già formato, cosa che non accadrebbe con un acquisto diretto sul mercato primario. Questo permette una valutazione maggiormente “obiettiva” dell’affidabilità del creditore da parte del mercato, nonostante l’influenza indiretta esercitata dagli acquisti della banca centrale sul mercato secondario.
In conclusione, se ciò che interessa è l’effetto sul costo del finanziamento per degli Stati, non sembra esserci una differenza significativa tra acquisti della banca centrale effettuati sul mercato primario e acquisti sul mercato secondario. Alla luce di questo, consentire alla banca centrale di acquistare titoli sul mercato primario potrebbe comportare danni maggiori dei benefici.
[1] Si tratta dei cosiddetti primary dealers, tra cui grandi banche, fondi di investimento e altri soggetti autorizzati.
[2] Nel caso dell’Eurozona, la BCE non può acquistare sul mercato secondario i titoli appena emessi sul primario, potendo intervenire solamente al termine di un “blackout period” di alcuni giorni; tuttavia, nulla vieta alla BCE di acquistare un minuto prima o un minuto dopo l’asta titoli simili a quelli emessi, influenzando così il comportamento dei primary dealers.
[3] La letteratura su questo tema non è particolarmente ampia, ma si vedano per esempio Nyborg, K. (2017), Collateral Frameworks. The Open Secret of Central Banks, Cambridge University Press e Annunziata, M. (2011), The Economics of the Financial Crisis. Lessons and New Threats, Palgrave Macmillan.
[4] L’unico lavoro che cerca di stimare il costo della vendita indiretta è Breedon, F. e Turner, P. (2016), “On the transactions costs of quantitative easing”, BIS Working Papers No 571. Secondo questo lavoro, riferito al caso inglese, la vendita di titoli alle aste del Tesoro determinerebbe una riduzione del rendimento (e dunque aumento del prezzo) di circa 1,5 punti base rispetto al valore registrato a fine giornata due giorni prima e due giorni dopo l’asta; ma sia a un giorno di distanza sia, soprattutto, a tre giorni non si riscontrano effetti significativi. Si noti che 1,5 punti base rappresentano una variazione minima rispetto alla volatilità infra-day in giornate di scambi normali. Per la grande maggioranza dei titoli questo costo è anche inferiore al differenziale denaro-lettera che si registra normalmente. Nel caso inglese, a questo costo viene aggiunto quello derivante dalle aste in acquisto da parte della Bank of England (altri 2-2,5 punti base): questo costo non viene sostenuto dall’Eurosistema in quanto gli acquisti non avvengono tramite asta, ma sul mercato secondario con modalità neutre rispetto alle condizioni di mercato. Si consideri anche che, secondo gli autori, il costo per il Tesoro dipende dalle particolarità istituzionali delle aste inglesi. Infine, il fatto che non ci siano altri lavori, né in Europa né altrove, che stimino i costi di transazione suggerisce che nessuno sia stato in grado di trovare effetti rilevanti. È anzi generalmente riconosciuto che le aste sono il sistema più trasparente e competitivo per collocare titoli standardizzati di nuova emissione.
[5] Si veda, per esempio, Cottarelli, C. (1993), “Limiting central bank credit to the government: theory and practice”, IMF Occasional Papers No 110.