Un passo importante
di Carlo Cottarelli
La Repubblica, 28 maggio 2020
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«Lo dobbiamo alle prossime generazioni. Viva l’Europa». Ha concluso così Ursula von der Leyen il suo discorso al Parlamento europeo in cui ha presentato le proposte della Commissione per sostenere la ripresa europea in questo difficile momento. Le aspettative non sono andate deluse, come segnalato dall’ulteriore calo del tasso di interesse sui Btp decennali, sceso al livello più basso da fine marzo. Certo non c’è ancora un accordo politico tra i Paesi dell’Unione. Ma le proposte sono certamente in linea con le intenzioni dei quattro principali Paesi (Germania, Francia, Italia e Spagna) e la possibile resistenza dei "quattro frugali" (Svezia, Olanda, Austria e Danimarca) ci conferma proprio che tali proposte sono coraggiose.
Insomma, l’Europa sta affrontando questa crisi in modo ben diverso da quello con cui erano state affrontate le crisi del 2008-09 e del 2011-12. La solidarietà è tangibile.
Anche se tale solidarietà riflette senza dubbio la natura della crisi — sanitaria, esogena, indipendente dalle azioni dei singoli Stati — si tratta comunque di un importante cambiamento rispetto al recente passato.
Tanti aspetti della proposta andranno considerati più da vicino, ma al momento tre punti sono particolarmente importanti.
Primo punto. La proposta è politicamente ragionevole e credo che, dopo un po’ di negoziazione, sarà accettata.
Non si mette in comune il debito pubblico passato che continua a essere responsabilità dei singoli Stati. Invece, si guarda in avanti (non per niente l’iniziativa si chiama Next Generation Eu): si prenderanno a prestito soldi insieme (750 miliardi, emettendo titoli garantiti da tutti i Paesi con durata trentennale) e si deciderà insieme come spenderli. È quello che accade in aree economiche che hanno raggiunto un’unità politica e hanno un bilancio federale. Il bilancio dell’Unione Europea era solo dell’1 per cento del Pil europeo e, seppure temporaneamente, raddoppierà. Un bel salto e forse l’inizio di un cambiamento più permanente.
Secondo punto. Le condizioni di erogazione sarebbero favorevoli per l’Italia, anche se alcune cose vanno puntualizzate. Due terzi dei fondi (500 miliardi) sarebbero erogati come trasferimenti a fondo perduto e il resto (250 miliardi) come prestiti a tassi agevolati.
All’Italia arriverebbero 170 miliardi, il 23 per cento del totale, quasi il doppio della nostra quota sul Pil europeo (13 per cento). Quasi la metà consisterebbe di trasferimenti a fondo perduto. I prestiti l’Italia e gli altri Paesi li dovrebbero restituire. Il resto, in linea di principio, no.
Come farebbe allora l’Ue a ripagare il debito contratto?
Qui c’è un’altra novità. Il grosso delle risorse verrebbe non da trasferimenti da parte dei singoli Paesi, ma da tasse europee (incluse una digital tax e tasse ecologiche) con cui la Commissione conterebbe di raccogliere a regime 30 miliardi l’anno. Naturalmente queste sono tasse che graverebbero in parte (direttamente o indirettamente) su residenti europei, compresi quelli italiani. Ma che altra soluzione c’era? Non c’è un piano Marshall con risorse che arrivano da fuori Europa.
Ciò detto, per un Paese come l’Italia che riceverebbe risorse in proporzione molto superiore alla quota del suo Pil (compresa per la parte erogata a fondo perduto) ci sarebbero indubbi vantaggi. Attenzione però. Le risorse saranno erogate prevalentemente nel periodo 2021-24. Per quest’anno la Commissione propone solo una erogazione di 12 miliardi per l’intera area, disponibile, fra l’altro, solo da settembre.
Ciò significa che, per quest’anno, dovremo continuare a contare, in termini di sostegno da istituzioni europee, sugli acquisti di titoli di Stato da parte della Bce, sul meccanismo Sure e, si spera, sul Mes sanitario, che resta così importante attivare.
Terzo punto. Le risorse saranno rese disponibili ai Paesi solo dopo che questi avranno chiaramente indicato cosa intendono farne. Qui già ci stiamo sbizzarrendo con le proposte più varie, compreso quella di utilizzare le risorse per ridurre l’Irpef. Ricordiamo però che le risorse europee sono disponibili solo temporaneamente per cui occorrerebbe utilizzarle per finalità temporanee, non per misure permanenti quali un taglio della tassazione.
E ricordiamo anche che gli usi devono essere conformi alle raccomandazioni della Commissione sulle riforme di cui l’Italia ha bisogno, recentemente espresse come parte del cosiddetto "semestre europeo". Ma sono raccomandazioni condivisibili: aumentare la spesa per investimenti pubblici, soprattutto quelli verdi, promuovere la digitalizzazione dell’economia, la ricerca, l’innovazione, migliorare l’efficienza e l’efficacia della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario. Non mi sembrano cattive idee e sono in linea con quello che il governo dice che intende fare.
In conclusione, non sarà una rivoluzione copernicana, o un momento hamiltoniano, come alcuni hanno detto con riferimento al primo segretario del Tesoro degli Stati Uniti d’America che promosse l’unificazione del debito contratto dai singoli Stati durante la guerra d’indipendenza. Ma, se le proposte della Commissione fossero almeno in buona parte accettate, sarebbe certo un importante momento nel rafforzamento dei legami tra i membri dell’Unione Europea.