Stati generali, il tempo è scaduto
di Carlo Cottarelli
La Repubblica, 14 giugno 2020
* * *
“Mentre così i Romani stavano pianificando e discutendo, già Sagunto era attaccata con estrema violenza”. Troppo facile citare Tito Livio nel commentare le notizie di ieri. Da un lato l’apertura degli Stati generali dell’Economia, con interventi da parte dei vertici delle istituzioni europee, del FMI e della Banca d’Italia, che, come prevedibile, hanno ripetuto quello che da anni dicono che l’Italia dovrebbe fare. Dall’altro la notizia dell’ancora incompleto pagamento della cassa integrazione a tanti lavoratori, come segnalato ieri su queste colonne, nonostante le promesse di “saldare tutto entro venerdì”, cosa che, fra l’altro, avrebbe comportato un ritardo comunque inaccettabile. Troppo facile citare Tito Livio e forse prematuro. Forse si può sperare ancora che dagli Stati generali emerga una forza decisionale per rinnovare l’Italia che è finora mancata in chi ci ha governato e, diciamo la verità, nell’opinione pubblica che ha scelto i nostri governanti. Continuiamo quindi a sperare, ma rendiamoci conto che non si può più perdere neppure un giorno, e non solo perché ci sono in gioco le risorse che l’Europa renderà disponibili.
Non solo, ma cominciamo da quelle. Nonostante le opposizioni dei paesi “frugali” e di alcuni paesi est-europei, credo proprio che alla fine il “Next Generation EU” (l’ex-Recovery Fund), il piano di sostegno europeo di 750 miliardi finanziato da prestiti contratti in comune dall’Europa, sarà approvato in forma non troppo diversa da quella attuale. Dobbiamo ricordare due cose in proposito.
La prima riguarda come queste risorse saranno utilizzate. L’erogazione sarà regolata da un principio del tutto logico e condivisibile: si prendono a prestito soldi in comune, si decide insieme come utilizzarli. Ed è questo principio che è riflesso nella bozza di regolamento presentato dalla Commissione Europea sul funzionamento del Next Generation EU. Per aver accesso alle risorse i paesi dovranno presentare dei piani dettagliati su come utilizzare i fondi, con obiettivi precisi da raggiungere entro scadenze precise in termini di riforme e di investimenti. E dovranno essere piani condivisibili da parte dell’Europa. Sappiamo già, più o meno, quello che l’Europa ci chiederà di fare. Lo troviamo nelle raccomandazioni fatte di recente all’Italia come parte del cosiddetto “Semestre Europeo”: investimenti per infrastrutture, soprattutto verdi e sostenibili, spese per digitalizzare l’Italia, per rafforzare pubblica istruzione e ricerca, per rendere più efficiente la pubblica amministrazione in generale e l’amministrazione della giustizia in particolare. Tutte cose condivisibili, ma che il governo dovrà tradurre in piani definiti nei loro dettagli per avere accesso ai fondi europei.
La seconda cosa da tenere a mente rispetto ai fondi europei riguarda i tempi di erogazione. Ci vorrà tempo perché i fondi siano erogati, ma, se ci muoviamo rapidamente, una quota rilevante dei fondi potrà arrivare già nel 2021. Ricordiamo una cosa: il piano è pluriennale, copre il quadriennio 2021-24. Ciò potrebbe indurre a una certa inerzia: c’è tempo quattro anni! Ma l’economia italiana non può aspettare. Il regolamento dice che i piani di spesa devono essere presentati entro l’aprile del 2021, ma è possibile accelerare i tempi presentando già quest’anno una bozza di piano in modo da facilitare l’accordo. Durante la discussione del regolamento del Next Generation EU nelle prossime settimane, l’Italia dovrebbe insistere per abbreviare l’iter procedurale per cercare di anticipare il più possibile l’erogazione dei fondi. Ma potrà farlo in modo credibile solo se al tempo stesso si muoverà rapidamente per definire i propri programmi di spesa. In passato i (limitati) fondi strutturali europei sono stati utilizzati in ritardo e male. Questo non può più accadere.
Ma la questione della definizione di un programma di rilancio dell’Italia va ben oltre quella dell’utilizzo dei fondi europei. Un programma serve perché nell’ultimo quarto di secolo l’economia italiana è stata il fanalino di coda non dell’Europa, ma del mondo. Il piano Colao è stato consegnato al Governo. Come Colao stesso aveva annunciato, è un menù di tante idee, davvero ottime, da cui il governo può trarre. Non spettava a Colao fissare priorità. Quello non è il compito dei tecnici. Quello è il compito della politica e ora spetta, appunto, alla politica fissare le priorità. Poi si potrà essere d’accordo o meno, ma le priorità devono essere chiare. Il compito principale di Conte, quindi, in conclusione di questi Stati generali deve essere quello di distinguere le cose prioritarie da quelle che non sono tali. L’ultima cosa di cui l’Italia ha bisogno è un elenco infinito di promesse di azioni e di frasi roboanti su quanto l’Italia sia bella, un lungo discorso volto a far contenti tutti. Occorre fissare priorità se ci si vuole muovere rapidamente. E devono essere chiare e poche. Attaccare su tutti i fronti non è possibile: è una ricetta per il fallimento. Io al vertice metterei tre cose: ridurre i tempi della giustizia, ridurre la burocrazia, fare investimenti, utili e sostenibili, in infrastrutture. Ma, qualunque siano, le priorità devono essere chiare. Alla fine di questi Stati generali, dica il governo agli italiani, in modo specifico e non solo in termini di grandi obiettivi strategici, cosa intende fare nei prossimi mesi e poi lo faccia. Presto.