Piano per la ripresa, se la politica non dà i numeri
di Carlo Cottarelli
La Repubblica, 19 settembre 2020
* * *
Parole, parole, parole, cantava Mina. E il documento dal governo datato 15 settembre dal titolo “Linee Guida per la definizione del piano nazionale di ripresa e resilienza - #NextgenerationItalia” di parole ne ha tante. O, meglio, ne ha tante rispetto ai contenuti. E rispetto ai numeri, davvero pochi.
Nel commentare le Linee Guida consentitemi di partire da un paio di inesattezze contenute nel documento che danno l’impressione di un documento messo insieme all’ultimo momento. Primo, c’è un imbarazzante errore a pagina 11 dove si dice che il tasso di crescita annuo medio dell’economia italiana “nell’ultimo decennio” è stato dello 0,8 per cento. Errore: è stato dello 0,2 per cento. Il MEF ha poi chiarito in un breve comunicato che il problema, da me segnalato sui social, è stato dovuto alla soppressione nel testo finale del documento dell’indicazione che la crescita dello 0,8 percento escludeva gli anni di peggiore crisi dell’ultimo decennio. Resta comunque un errore che si doveva evitare. La seconda inesattezza è puramente formale, ma non del tutto irrilevante: le pagine 14 e 15 sono concluse da un titolo di sezione. In un documento ufficiale non l’avevo mai visto. Ma nessuno ha dato una rilettura finale?
Passiamo alla sostanza. Il documento parte dal Piano di Rilancio presentato da Conte in giugno che definiva tre linee strategiche, declinate poi in nove direttrici. Le Linee Guida, che, si dice, sono coerenti con il Piano di Rilancio, contengono invece un’”asse portante” (la transizione verde e digitale), quattro “sfide” (tra cui, di nuovo, “sostenere la transizione verde e digitale”), sei “missioni” divise in un numero di “cluster” (perché mai dobbiamo usare parole inglesi?), nei quali verranno inseriti i singoli “progetti”. Seguono poi le cosiddette “politiche e riforme di supporto” al piano. Insomma, la scala gerarchica è indubbiamente complessa.
L’attenzione dei media si è concentrata sulle sei missioni: digitalizzazione, rivoluzione verde, infrastrutture per la mobilità, istruzione formazione e ricerca, equità (sociale, di genere e territoriale) e salute. Niente da eccepire sulla scelta di questi temi, però …
Un primo problema è che, se si voleva dare il senso di un piano strategico, per quanto abbozzato, sarebbe stato necessario indicare quanto si intendeva investire in ognuna di queste aree. Così hanno fatto i francesi nella presentazione del loro piano, peraltro già dettagliato anche in termini di progetti. Noi no. Non c’è un numero che dia l’idea di quanto possa essere l’impegno finanziario, e implicitamente la priorità assegnata, per ognuna di queste missioni. Sembra quasi che il governo non abbia deciso a livello macroeconomico quanto debba essere investito e attenda invece che le varie missioni siano “riempite” dalle proposte che arrivano dal basso, cioè dalle burocrazie ministeriali (che hanno già presentato ben 557 progetti la cui attuazione richiederebbe oltre tre volte quanto dovrebbe essere reso disponibile dal Recovery Fund). Ma non è compito della politica decidere le priorità strategiche?
Secondo problema: all’interno delle varie missioni ci sono importanti omissioni. Tra le più grosse è l’assenza di riferimenti al potenziamento dell’offerta di asili nodo e, in generale, di asili, che sono fondamentali per la formazione di capitale umano e per l’equità sociale e di genere. Ma nelle sei missioni delle Linee Guida non ve n’è traccia. C’è invece un accenno a p. 17 delle slide, sempre datate 15 settembre, che dovrebbero riassumere le Linee Guida. Ma allora il governo vuole rafforzare o no gli asili?
Il terzo problema riguarda le cosiddette “riforme di supporto”. È importante che il governo abbia riconosciuto l’importanza di queste riforme (misure per facilitare gli investimenti pubblici, migliorare la pubblica amministrazione, riformare il fisco, la giustizia, il lavoro). Ma anche in questo caso c’è un problema: non si dà abbastanza importanza alla questione degli incentivi in alcune aree critiche. Prendete la pubblica amministrazione: impossibile efficientarla se non cominciando a misurare i risultati ottenuti dalle varie amministrazioni e dai vari funzionari (e in generale dipendenti) pubblici e premiando il merito. Altro esempio: è difficile ridurre i tempi della giustizia senza scoraggiare i comportamenti dilatori delle parti in causa e senza prendere misure affinché i tribunali siano gestiti come aziende che producono sentenze la cui qualità dipende anche dai “tempi di consegna”. Eppure i disegni di legge di riforma della giustizia civile e penale che il governo ha inviato al parlamento, richiamati nelle Linee Guida, ignorano quasi interamente questi aspetti.
Mi rendo conto di essermi concentrato soprattutto sulle critiche, non riconoscendo che tanti spunti importanti sono inclusi nelle Linee Guida. Ma, dopo mesi di discussione ci si poteva aspettare qualcosa di più concreto e definito. Insomma, forse non siamo proprio a “Carissimo amico”, come si diceva una volta, ma ancora non appare una chiara strategia fatta di numeri e non di parole.