Recovery, quei programmi troppo vaghi e una governance che scavalca i ministri
di Carlo Cottarelli
La Stampa, 9 dicembre 2020
“Un'idea, un concetto, un'idea, finché resta un'idea è soltanto un'astrazione. Se potessi mangiare un'idea, avrei fatto la mia rivoluzione”. Così cantava nel 1973 Giorgio Gaber. Mi è venuta in mente questa celebre canzone dopo aver passato la mattina a leggere le 125 pagine della bozza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) circolata nei giorni scorsi. A meno di cambiamenti fondamentali introdotti ieri sera dal Consiglio dei Ministri, il piano resta ancora piuttosto vago. Rimangono anche dubbi sul modello di gestione del piano, basato su una “struttura di missione” parallela alla pubblica amministrazione. Forse sono un po’ troppo severo (la giornata piovosa non aiuta!). La strategia di crescita identificata dal PNRR è senz’altro valida e il piano è certo più preciso delle “Linee Guida” del settembre scorso. Ma, passati tre mesi, mi sarei aspettato più specificità nel descrivere i programmi da intraprendere. Altri paesi (per esempio la Francia) hanno già presentato alla Commissione Europea piani molto più concreti.
Il PNRR comprende 6 “missioni”: “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”, “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”, “Istruzione e ricerca”, “Parità di genere, coesione sociale e territoriale”, e “Salute”. Si tratta delle 6 aree indentificate già nelle Linee Guida con poche variazioni (la principale è quella di aver indicato appropriatamente nella quinta missione la parità di genere come obiettivo essenziale). Le missioni sono divise in 17 componenti, o gruppi di progetti, per un totale di 54 progetti. C’è anche una specie di settima missione, anche se non viene chiamata tale, sulla riforma della giustizia.
Cosa si può dire di positivo, oltre a quello che ho già detto in termini di strategia generale? Primo, bene ha fatto il governo a riconoscere che una giustizia veloce è assolutamente essenziale per la società e l’economia italiana (nelle Linee Guida questo aspetto era meno evidente). Secondo, viene indicata non solo per ogni missione, ma anche per ogni componente la spesa prevista (anche questo mancava nelle Linee Guida). Terzo, c’è anche un po’ più di concretezza, sempre rispetto alle “Linee Guida”, nel descrivere i programmi.
Ma resta tanto da definire. Per molti dei programmi si elencano solo gli obiettivi. In alcuni, neppure quelli. Facciamo qualche esempio. Uno dei programmi della missione Digitalizzazione, innovazione competitività e cultura riguarda l’”Innovazione tecnologica”, ma si dice solo che riguarderà i “microprocessori. Nella fondamentale missione “Istruzione e ricerca” i programmi sono spesso descritti in termini di risultati, con la premessa di un “si prevede di potenziare …”. Nella quinta missione, che include la parità di genere, si dice che si intende “potenziare l’offerta di nidi d’infanzia”, ma invece di dire quanto si intende investire si passano le successive cinque righe a dire che gli asili saranno ecocompatibili, il che potrebbe “stimolare lo sviluppo delle competenze e sensibilità dei più piccoli al rispetto del clima e alla transizione verde”. Più in generale colpisce che, su 125 pagine, solo 5 siano utilizzate per descrivere i programmi previsti per la missione “Rivoluzione verde”, nonostante questa assorba quasi il 40 per cento dei fondi europei. Naturalmente, dietro al PNRR, ci potrebbero essere “schede” più specifiche, ma il fatto che non siano state pubblicate, se ci sono, suggerisce che non abbiano ancora raggiunto un sufficiente grado di completezza o di supporto politico.
C’è anche qualche altro problema, altre alla mancanza di specificità. La sezione sulla giustizia ci informa che “Tutte le riforme sono già state presentate in Parlamento”. È una frase preoccupante per chi ritiene che i disegni di legge di riforma presentati in Parlamento siano insufficienti, come nel caso della giustizia civile. Secondo, si dice pochissimo sulla necessità di ridurre l’eccesso di norme burocratiche, tranne qualche generico riferimento. Terzo, si dimentica quasi completamente la fondamentale questione delle riforme organizzative, di gestione e di incentivi del personale necessarie per orientare la nostra pubblica amministrazione verso la produzione di servizi migliori. Quarto, non c’è nulla su quanto il governo intenda fare per migliorare la concorrenza tra imprese, un’omissione seria per un’economia che, penso, dovrebbe rimanere un’economia di mercato.
Veniamo a quello che il PNRR dice sulla “struttura di missione” adottata per attuare il programma. Al vertice c’è il “Comitato esecutivo”, che comprende Conte, Gualtieri e Patuanelli. Il Comitato potrà delegare a uno dei tre, lo svolgimento di specifiche attività (“senza formalità” si dice. Meno male! Cioè non ci sarà bisogno di un DPCM per dire “tu fai questo, e io quest’altro”). Però, il referente unico per i rapporti con la Commissione Europea per le attività legate all’attuazione del piano sarà Amendola, seppure “di intesa” con Di Maio. Sotto ci sono i Responsabili di missione: la bozza ha un X al posto del loro numero, ma essendoci 6 missioni si può pensare che siano 6. Sono i super manager che avranno non solo compiti di impulso, di monitoraggio e di definizione dei cronoprogrammi, ma anche poteri sostitutivi in caso di necessità. Più sotto c’è un “contingente di personale” di dimensione ancora imprecisata (si è detto inizialmente 300, ora si dice 90) comprendente esperti che potrebbero provenire anche dall’esterno della pubblica amministrazione. Un direttore amministrativo gestirà il tutto. Infine, ci sarà un Comitato di responsabilità sociale, che seguirà l’attuazione del piano con pareri e suggerimenti. La domanda principale è come questa struttura riuscirà a interagire con la struttura ministeriale che, dopo tutto, dovrebbe essere responsabile della realizzazione delle politiche del governo. La bozza di PNRR dice che la struttura di missione costituisce un modello di “governance di secondo grado” rispetto ai ministeri. Ma che significa? Certo, struttura di missione e ministeri possono dialogare, ma avere troppi responsabili è una tipica malattia di una burocrazia che non funziona.
Concludo. Il PNRR è ancora un documento preliminare e c’è ancora tempo. Non c’è una scadenza precisa che il Governo abbia mancato. Ma, tenendo conto dei mesi che abbiamo già passato con gli stati generali dell’economia, col Piano Colao, con le Linee Guida, pensavo fossimo un po’ più avanti. E ricordiamoci che l’obiettivo non è di avere un piano ma di realizzarlo. Un’idea finché resta un’idea…