Lo Stato sì, ma non solo
di Carlo Cottarelli
La Repubblica, 18 febbraio 2021
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L’emozione del nuovo presidente del consiglio ieri al Senato, da lui stessa dichiarata, traspare in diverse parti del suo discorso di richiesta di fiducia. Il compito non è facile: far uscire il Paese dalla crisi. Il mezzo è chiaro: l’unità di intenti, non un’opzione, ma un dovere. La motivazione è nobile: l’amore per il nostro Paese. Il discorso ha toccato i principali temi politici interni e internazionali. Nel seguito mi limito alla fondamentale questione di come sarà rivisto il nuovo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), su cui è caduto il precedente governo.
Draghi ha chiarito il tracciato per il completamento entro aprile del PNRR. Il PNRR non sarà riscritto completamente e rimandato al Parlamento. Il governo rafforzerà invece il piano precedente alla luce dei commenti ricevuti durante la discussione parlamentare in corso. Draghi ha detto che si tratterà, soprattutto, di rafforzare il PNRR in termini di obiettivi strategici e di riforme.
Ma dietro questa apparente continuità esistono importanti differenze. Quella principale è di aver chiarito fin dall’inizio quale debba essere il ruolo dello Stato e il perimetro dei suoi interventi nell’economia. “Compito dello Stato è utilizzare le leve della spesa per la ricerca e sviluppo, dell’istruzione e della formazione, della regolamentazione, dell’incentivazione e della tassazione”. Il precedente PNRR non chiariva esplicitamente la questione, ma sembrava orientato verso una maggiore presenza dello Stato nella gestione economica a partire dalla dimensione e dal ruolo previsto per gli investimenti pubblici. A questi il discorso di Draghi dedica meno di 10 righe. Lo Stato è comunque visto svolgere un ruolo essenziale: quello di creare le condizioni per la crescita. È significativo, in proposito, quanto Draghi ha detto su quel che serve per ridurre le diseguaglianze territoriali e di genere. Al Mezzogiorno serve la “capacità di attrarre investimenti privati”. Questo potrà anche richiedere investimenti pubblici, ma questi saranno utili solo irrobustendo le amministrazioni pubbliche che li gestiscono e creando “un ambiente dove legalità e sicurezza siano sempre garantite”. E sulla parità di genere non si punta sul “farisaico rispetto di quote rosa”, ma sul creare “parità di condizioni competitive tra generi”. Insomma occorre dare opportunità alle donne, per esempio attraverso “eguale accesso alla formazione” e “un sistema di welfare che permetta … di dedicare alla loro carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini”.
Le riforme necessarie per la crescita si inseriranno in questo approccio strategico. Quattro commenti in proposito. Primo, il precedente PNRR trascurava completamente la riforma del regime di concorrenza, che è ora invece tra le prime citate. Secondo, viene posta al centro della strategia di crescita la riforma del fisco, cosa del tutto appropriata, compreso la centralità della lotta all’evasione. Ma, nello sperare che si facciano significativi passi avanti in quest’area, occorre contare sull’abilità politica di Draghi nel riconciliare posizioni in materia a prima vista irriconciliabili come quella della Lega e del PD. Terzo, ho più volte sottolineato come gli investimenti pubblici e privati siano frenati dalla lentezza della nostra pubblica amministrazione (compreso nel comparto giustizia). L’enfasi data all’importanza della riforma della pubblica amministrazione è quindi del tutto appropriata. Resto però dubbioso che tale riforma possa essere basata solo sulle due direttrici menzionate: investimenti in connettività e formazione. Serve anche una gestione più moderna e manageriale degli uffici pubblici, basata sulla definizione di chiari obiettivi, premi e responsabilità, anche politiche, per il loro raggiungimento, come fatto, per esempio, con i Public Service Agreements introdotti alla fine degli anni ’90 dal governo Blair nel Regno Unito (la cui introduzione fu tentata in Italia una decina di anni fa, ma fallita in pratica). Il quarto punto riguarda un’omissione, l’unica che ho trovato, ma che mi sembra importante: il nostro paese ha un disperato bisogno di una massiccia semplificazione burocratica (normativa e regolamentare), condizione sine qua non per attirare investimenti privati in quantità adeguata. Alla semplificazione Draghi ha fatto solo pochi cenni.