L'interesse pubblico
di Carlo Cottarelli
La Repubblica, 16 luglio 2020
***
L’entusiasmo con cui il Presidente Conte ha annunciato l’accordo sulla vicenda Aspi (tra le altre cose, “l’interesse pubblico ha avuto la meglio su un grumo ben consolidato di interessi privati.”) mi ricorda un po’ quell’ ”abbiamo abolito la povertà” con cui si celebrò l’introduzione del reddito di cittadinanza un paio di anni fa. Del resto, dello stesso presidente del consiglio si tratta. Ma è davvero un buon accordo per l’interesse pubblico? Ancora non si può dire, anche se ho qualche serio, ma proprio serio, dubbio in proposito. Ma prima di avventurarmi nello spiegare perché, devo fare due premesse.
Prima premessa. Le concessioni autostradali sono da anni un caso emblematico di un rapporto sbagliato tra pubblico e privato. Insieme ad altri, come il Professor Ponti, ho criticato più volte in passato il fatto che aspetti fondamentali di tali contratti fossero secretati, il che impediva di valutare se l’interesse pubblico fosse davvero tutelato. Da un punto di vista di “governance” non era certo un buon modello.
Seconda premessa. E’ in corso un processo penale per valutare le responsabilità della tragedia di Genova, processo che avrà inevitabili implicazioni sulla valutazione delle responsabilità del gestore del ponte Morandi e quindi sulle sue inadempienze. Quel processo, dopo due anni, è ancora ben lontano dal raggiungere una conclusione. Spero che nessuno sconto sia fatto verso i responsabili. Spero anche che un giudizio sia raggiunto rapidamente perché un giudizio che arriva tardi non è mai un buon giudizio. Purtroppo in Italia la giustizia ha tempi inaccettabili. Resta il fatto che, al momento, non si è ancora raggiunta una conclusione legale sulle cause del crollo del ponte e quindi sulla responsabilità del gestore.
Ma veniamo all’accordo. Questo prevede l’ uscita della famiglia Benetton da Aspi e l’entrata della Cassa Depositi e Prestiti (CDP) al 51 per cento, con la conseguente sostanziale nazionalizzazione della società. A che prezzo avverrà l’entrata di CDP nel capitale di Aspi? A che prezzo avverrà la vendita di azioni di Aspi ora detenute da Atlantia (controllata dai Benetton) ai nuovi investitori graditi a CDP, come pure sembra sia previsto dall’accordo? Non si sa. Capite bene che valutare se l’interesse pubblico sia stato ben servito da questo accordo senza sapere il prezzo che verrà incassato per la sostanziale nazionalizzazione di Aspi è, come dire, un po’ difficile. Fra l’altro, senza sapere il prezzo, come si fa a dire che c’è un accordo? Di nuovo un accordo “salvo intese”?
Detto questo, viste le circostanze in cui l’accordo è stato raggiunto, è probabile che il prezzo a cui Aspi sarà acquisito dal CDP risulterà ben al di sotto del prezzo di mercato della società. Insomma, si è detto ai Benetton: “O cedete il controllo della società o perdete la concessione. Ah, fra l’altro, vi ricordiamo che abbiamo ridotto per legge da 23 a 7 miliardi l’indennizzo in caso di revoca della concessione.” E’ nell’interesse pubblico un comportamento di questo tipo? Certo, probabilmente lo stato acquisisce le autostrade a un prezzo più basso. Ma chi vorrà trattare con lo stato italiano in futuro di fronte a questo comportamento? Che implicazioni ci saranno per gli investimenti privati in Italia, anche stranieri? E per quel concetto, forse ormai desueto, dello “stato di diritto”?
Andiamo avanti. E’ nell’interesse pubblico che la rete autostradale sia gestita dal settore pubblico? Certo, si può sostenere che la gestione passata è responsabile della caduta del ponte Morandi, per cui peggio non si può fare. Ma, a parte il fatto che tale responsabilità non è stata ancora accertata legalmente, non ne deriva che la gestione pubblica sarà migliore. Quello che sarebbe necessario per garantire un minimo di efficienza sarebbe affidare la concessione per le autostrade (e per tante altre cose; non dimentichiamo le spiagge) attraverso un processo concorrenziale che coinvolga diversi operatori. Qui, invece, la concessione resta a un Aspi nazionalizzata. Difficile pensare che futuri contratti di concessione autostradale possano essere affidati dallo stato attraverso un processo veramente concorrenziale quando uno dei concorrenti alla gara sia la stessa Aspi. Certo, non si può essere dogmatici. Ci sono anche società pubbliche gestite in modo egregio. Ma per lo meno, qualche domanda ce la dobbiamo porre.
Insomma, non è per niente ovvio che si sia servito l’interesse pubblico, come trionfalmente annunciato. Da come si sono svolte le cose sembra proprio che l’obiettivo del governo fosse, in primis, metter fuori i Benetton, additati fin dall’inizio come i colpevoli del disastro del ponte Morandi. Sembrava, anche dalle recenti dichiarazioni di Conte, che l’esclusione da Aspi dei Benetton fosse, di per sé, equivalente al raggiungimento dell’interesse pubblico. Questo anche se legalmente nessuna responsabilità sia stata dimostrata. Questo senza tener conto che i Benetton detengono solo il 30 per cento di Atlantia, mentre il restante 70 per cento, che pure verrebbe penalizzato dall’accordo, è nelle mani di una marea di investitori e piccoli risparmiatori. In conclusione, l’impressione che mi resta è che, probabilmente, una conclusione migliore per l’interesse pubblico avrebbe potuto essere raggiunta se, fin dall’inizio, la vicenda del futuro della rete autostradale fosse stata meno politicizzata.