Università Cattolica del Sacro Cuore

Il rimbalzo del Pil e le stime per il 2021

di Carlo Cottarelli

La Repubblica, 31 ottobre 2020

***

È mai possibile che le buone notizie non arrivino mai da sole? Sì perché i dati pubblicati dall’Istat ieri sul nostro Pil nel terzo trimestre di questo anno erano buone. Attestavano un rimbalzo economico anche più forte di quello previsto dal governo nei più recenti documenti ufficiali e autorizzavano un certo ottimismo anche per il 2021. Peccato che l’ulteriore impennata dei contagi e le misure restrittive già decise e, probabilmente, in arrivo gelino i nostri entusiasmi. Cerchiamo però di trasformare, sulla base dei dati, queste sensazioni in qualcosa di più preciso.

Il rimbalzo nel terzo trimestre c’è stato. Il Pil è aumentato del 16,1 per cento, contro il 13,4 per cento previsto dal governo nella Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NADEF) di settembre. Il rimbalzo è stato forte anche nel resto d’Europa. In media il Pil dell’area dell’euro è aumentato del 12,7 per cento. Hanno fatto meglio della media Francia (18,2), Spagna (16,7) e, appunto, Italia (16,1). Ha fatto peggio (mirabile dictu!) la Germania (8,2). Ma è chiaro che questi dati vanno visti in combinazione con quello che era successo prima: i paesi dove il Pil era caduto più rapidamente hanno avuto un più forte ribalzo. Per capire bene le cose dobbiamo allora andare a vedere gli andamenti del Pil rispetto a un anno fa. Qui torniamo a una classifica un po’ più abituale: il Pil dell’euro area è caduto del 4,3 per cento. Quello italiano ha fatto peggio (-4,7). Quello di Germania e Francia meglio. Ma, anche sull’intero anno, ci siamo difesi. È la Spagna il fanalino di coda (-8,7) e abbiamo battuto, in questa corsa di gamberi, anche Austria, Portogallo, Belgio, Repubblica Ceca, tutti paesi che negli ultimi anni erano andati meglio di noi. Perché? Forse perché nei periodi di maggiore difficoltà riusciamo effettivamente a cavarcela meglio di altri. Oppure perché la struttura produttiva italiana, ancora caratterizzata da piccole e medie imprese manifatturiere, se non riesce in tempi normali a tenere il passo con l’innovazione tecnologica degli altri paesi, mostra però una maggiore flessibilità. Quante nostre aziende per esempio, hanno tenuto aperto in agosto per recuperare quanto perso nei mesi passati?

Ma guardiamo in avanti. Gualtieri ieri ha detto che, visti i risultati del terzo trimestre, la previsione di una caduta del PIL del 9 per cento nel 2020 contenuta nella NADEF resterebbe realistica anche se, per effetto delle restrizioni Covid, il Pil cadesse nel quarto trimestre. Ha ragione, anche perché quello che accade nell’ultimo trimestre dell’anno conta poco nella media annua. Ma il punto non è questo. Il punto è che, partendo da un valore molto basso a fine anno, diventerebbe più difficile raggiungere la crescita prevista dal governo per il 2021 (6 per cento), a meno di una durata molto breve delle restrizioni. E con una crescita più bassa e la necessità di ulteriori interventi di sostegno (il Decreto Ristoro è un cerotto rispetto agli interventi che sarebbero necessari se ci fossero chiusure più estese) tenere il deficit pubblico al 7 per cento del Pil previsto sempre dalla NADEF per il 2021 risulterà impossibile. La legge di bilancio appare già vecchia prima ancora che sia stata inviata in parlamento.

Che rischi di tenuta finanziaria ci sono allora con un deficit (e un debito pubblico) ancore più alto di quello previsto un mese fa? Qui sono ottimista, nell’immediato. Siamo sempre più dipendenti dai fondi europei. Ma, nonostante il rallentamento nel percorso del Recovery Fund, credo che questi fondi continueranno a fluire. La BCE due giorni fa ha indicato che probabilmente il programma di acquisti di titoli di stato introdotto a marzo 2020 sarà esteso a tutto il 2021. Inoltre, nei giorni scorsi la Commissione ha finalizzato l’emissione delle prime obbligazioni per finanziare il meccanismo SURE (per le casse integrazioni). I bassi tassi di interesse all’emissione, addirittura negativi pei i titoli decennali, verranno applicati, senza nessun margine, anche ai prestiti della Commissione ai paesi membri. Si può stimare che, per l’Italia, il risparmio cumulato in minori spese per interessi sui prestiti SURE e del Recovery Fund sarà di circa 25 miliardi. A questo si vanno ad aggiungere i risparmi che derivano dagli acquisti di BTP da parte della BCE. Quindi, il debito pubblico aumenterà oltre a quello che il governo ha previsto per il 2021, ma questo sarà finanziato a tassi molto bassi.

I problemi quindi non emergeranno il prossimo anno. Nel medio termine, però, o riusciamo non solo a “rimbalzare”, ma anche a portare il nostro Pil su livelli di crescita stabilmente sostenuti o l’eredità di debito pubblico che questa crisi lascerà, e che appare sempre più alta, ci esporrà a rischi anche maggiori di quelli che abbiamo affrontato negli ultimi anni.  

Articoli correlati