Università Cattolica del Sacro Cuore

Essenziali le garanzie statali

di Carlo Cottarelli

La Stampa, 3 aprile 2020

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Siamo purtroppo ancora nel mezzo dell’emergenza sanitaria. I progressi ci sono, ma sono lenti e ci vorrà ancora del tempo perché le restrizioni alla attività produttiva siano rimosse. Ma dovremo fare in modo di essere pronti a tornare al lavoro non appena sarà possibile. Perché questo avvenga occorre evitare che le imprese non possano riaprire per mancanza di liquidità, cioè di soldi in cassa.

Il ruolo del credito bancario è perciò fondamentale. Le banche, in questa situazione, erogheranno però sufficiente credito solo se si sentono protette dal rischio di un’impennata dei crediti deteriorati. Ma se le banche non erogano credito, la recessione diventa ancora più pesante e la probabilità di un aumento dei crediti deteriorati aumenta ulteriormente. Si entra in un circolo vizioso. Come uscirne? Il ruolo delle garanzie statali è, in proposito, cruciale.

I principali Paesi avanzati stanno alzando scudi protettivi molto alti per consentire il mantenimento delle linee di credito alle imprese. La Germania ha fornito garanzie che dovrebbero coprire prestiti per circa il 35 per cento del Pil; Regno Unito e Francia per circa il 13-15 per cento del Pil. Un dettaglio preciso delle garanzie fornite dal governo americano non è ancora disponibile, ma è probabile che sia estremamente elevato. E noi?

Il decreto Cura Italia si è focalizzato sulle garanzie fornite alle piccole e medie imprese. Oltre a una moratoria, fino a settembre, per certe tipologie di credito, sono stati stanziati circa 3 miliardi a fronte di garanzie estese fino alla fine di quest’anno. Le imprese di maggiore dimensione sarebbero invece coperte da garanzie fornite attraverso la Cassa Depositi e Prestiti. A copertura di tali garanzie è stato creato un fondo pari a mezzo miliardo. Non è chiaro quale sia l’importo dei prestiti che sarebbe coperto da questi stanziamenti (importo confrontabile con le cifre sopra riportate per gli altri Paesi). Ma a parere di quasi tutti gli osservatori si tratta di importi troppo limitati. Il governo ha riconosciuto l’inadeguatezza di questi primi interventi e recentemente il ministro Gualtieri ha indicato la volontà di fornire stanziamenti che consentano coperture di prestiti fino a 500 miliardi, tra il 25 e il 30 per cento del Pil.

È necessario procedere rapidamente in questa direzione per due motivi. Primo, anche se i limiti di indebitamento dello Stato non sono infiniti, gli interventi della Bce hanno molto ridotto i rischi che problemi di finanziamento emergano fino alla fine di quest’anno e probabilmente anche oltre. Ipotizzando una discesa del Pil del 6 per cento, come previsto dalla Confindustria, e misure di sostegno da parte dello Stato per almeno il 3 per cento del Pil, il deficit pubblico potrebbe risultare tra il 7 e il 7 e mezzo per cento del Pil, intorno ai 125 miliardi. Il piano di acquisti di titoli di Stato annunciato dalla banca centrale comporta che questo deficit sarà interamente finanziato dalla Bce e resteranno circa 100 miliardi per rimborsare titoli in scadenza. C’è ovviamente un rischio in tutto questo: che prima o poi l’enorme liquidità creata dalla Bce risulti in una improvvisa impennata dell’inflazione che costringerebbe la Bce a tornare sui suoi passi e rivendere al mercato i titoli di Stato (italiani e non) che sta attualmente acquistando. Ma di fronte allo tsunami economico che ha colpito l’area euro è un rischio che deve essere affrontato. Il secondo motivo per cui è necessario fornire adeguati stanziamenti per fornire garanzie alle imprese è che il loro effetto “moltiplicatore”, in questa situazione di estrema incertezza, è probabilmente elevato. Occorre evitare assolutamente che una mancanza di liquidità porti all’impossibilità delle imprese di tornare a operare una volta che l’emergenza sanitaria sia stata superata. E se le imprese non riaprono, non c’è speranza per la nostra economia.

In questa difficile situazione, molti hanno ricordato le parole pronunciate dal grande leader della Cgil Giuseppe Di Vittorio nell’Italia del dopoguerra: «Prima le fabbriche, poi le case». Fortunatamente le nostre case non sono al momento a rischio. Le nostre fabbriche sì. Appena finita l’emergenza medica, occorre che le imprese riaprano subito e per questo avranno bisogno di una adeguata liquidità. Le garanzie dello Stato sono quindi essenziali.

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