Come salvarsi dalla burocrazia
di Carlo Cottarelli
La Repubblica, 17 settembre 2020
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Esce oggi nella Serie Bianca” di Feltrinelli il libro di Tito Boeri e Sergio Rizzo dal titolo “Riprendiamoci lo stato – Come l’Italia può ripartire”. È un libro da leggere. Anzi, vi dirò di più, è un libro che mi piacerebbe aver scritto, il che è il meglio che si possa dire di un libro scritto da altri. Il tema, quello dell’inefficienza delle pubbliche amministrazioni italiane, non è certo nuovo ma “Riprendiamoci lo stato” riesce a dire cose nuove, e in modo nuovo, sull’argomento.
Tre le principali novità. La prima è collegata al momento dell’uscita del libro. È il primo libro che guarda a come la pubblica amministrazione ha affrontato l’esperienza Covid. Non a caso a questo tema è dedicato l’intero primo capitolo, oltre che molteplici riferimenti nel resto del volume, per esempio nel secondo capitolo dove si commentano le conseguenze negative, nella gestione della crisi, degli intrecci tra politica e sanità pubblica e privata. Si parla di quello che ha funzionato, come l’abnegazione con cui medici e infermieri hanno affrontato l’emergenza, ma soprattutto di quello che non ha funzionato: la scuola che è sparita per sei mesi, la giustizia sospesa, la giungla di provvedimenti che si sono accavallati, spesso caratterizzati da fraseggi incomprensibili (“Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, storico di formazione, ci avrà capito qualcosa?” si chiedono gli autori). E così via. Alla fine si capisce che la gestione della crisi ha messo in luce problemi che già pre-esistevano (in primis, l’eccesso di regole e norme e la tradizionale lentezza con cui la pubblica amministrazione si muove nel nostro paese).
La seconda novità riguarda l’eccellente bilanciamento tra, da un lato, analisi economica e politica a un livello generale, e, dall’ altro, la narrazione di episodi che bene illustrano le problematiche generali. Ogni capitolo è caratterizzato da questo mix. Il che vuol dire che il libro è anche molto divertente da leggere. Fin dalla prima pagina del volume in cui si racconta come l’ex presidente dell’INPS, uno degli autori del libro, si sia visto recapitare, pochi mesi dopo aver lasciato l’incarico, una lettera dell’Agenzia delle entrate che richiede il pagamento di 30.000 euro che l’INPS stessa, per un errore informatico, non aveva versato al proprio presidente. Val la pena anche di leggere con attenzione un altro episodio tratto dall’esperienza di Tito Boeri all’INPS: quello contenuto nel capitolo 6 dedicato agli appalti pubblici relativo all’assegnazione, a una ditta esterna, della gestione del mastodontico archivio cartaceo del nostro istituto previdenziale, assegnazione avvenuta per anni in affidamento diretto al di fuori del rispetto di ogni pratica concorrenziale. La questione è ovviamente oggi particolarmente rilevante dopo un decreto “Semplificazioni” che innalza notevolmente le soglie al di sotto delle quali possono essere affidati appalti pubblici con procedure semplificate. Insomma occorre semplificare ma non dimentichiamoci i rischi che esistono se non si garantisce una vera concorrenzialità e trasparenza negli appalti pubblici.
La terza novità riguarda quella che, forse, è la tesi principale del libro e cioè che le carenze di funzionamento del nostro apparato burocratico dipendono in gran parte da quello che gli autori chiamano la “poliburocrazia”: il vero nemico non è la burocrazia, ma “l’intreccio perverso fra politica e amministrazione che affligge da anni la nostra macchina pubblica”. Questo intreccio “Ci impedisce di avere politici all’altezza delle responsabilità che devono assumersi e burocrati competenti e in grado di resistere alle pressioni del ministro di turno.” Si potrà concordare o meno con questa tesi. Io stesso non sono del tutto convinto del fatto che il mal funzionamento della macchina pubblica italiana sia dovuto principalmente a un problema di intreccio tra burocrati e politica. Inoltre, il termine burocrazia comprende, per me, non solo la lentezza e inefficienza con cui le pubbliche amministrazioni si muovono, ma anche l’eccesso di norme e di procedure che ingessano il nostro sistema produttivo, pubblico e privato. Ma non c’è dubbio che l’intreccio tra burocrazia (intesa come macchina amministrativa pubblica) e politica costituisca un serio problema per il nostro stato. E, anche in questo caso, il libro non è avaro di esempi di pericolosi intrecci tra alti funzionari pubblici e politici, con tanto di nomi e cognomi.
Il libro si conclude con un capitolo dedicato a cosa si dovrebbe fare per riformare lo stato. Gli autori sono modesti: il capitolo si intitola “Piccole idee per riformare lo stato”. A me non sembrano poi tanto piccole. Si va dalle nomine ai vertici della amministrazioni per merito e in modo trasparente, alla soppressione del cosiddetto “spoils system” che “distrugge la continuità amministrativa”, dalla necessità di decentralizzare le decisioni dai politici ai funzionari (“ora i politici non si fidano delle amministrazioni pubbliche perché sanno quanto siano politicizzate, dato che sono stati loro stessi a schierarle”) alla misurazione dei risultati in base al giudizio degli utenti (cosa che personalmente ritengo essenziale). Le proposte sono tante. Ne aggiungerei solo una: quella di rendere effettiva la rotazione periodica negli incarichi degli alti funzionari pubblici. È l’unico modo per evitare che si vengano a creare dei veri e propri “feudi” nel quali l’alto funzionario regna sovrano, spesso frenando ogni spinta innovativa.
In conclusione, un gran bel libro che anche i nostri politici dovrebbero leggere se vogliono davvero capire “come l’Italia può ripartire”.