Università Cattolica del Sacro Cuore

PNRR e Mezzogiorno: quante risorse e quali misure per il rilancio del Sud

di Giampaolo Galli e Salvatore Liaci

7 maggio 2021

I fondi per le regioni meridionali sono consistenti in quanto ammontano a 82 miliardi, pari al 40 per cento delle risorse territorializzabili. Le misure previste dal Piano vanno nella corretta direzione per attenuare i divari storici tra il Centro-Nord e il Sud nelle infrastrutture fisiche e digitali, nell’ecologia e nei servizi pubblici quali l’istruzione, la sanità e la Pubblica Amministrazione.

Il nodo cruciale risiede nell’effettiva e celere attuazione degli investimenti da parte delle regioni del Mezzogiorno: in questo senso le riforme strutturali, in particolare quella della Pubblica Amministrazione, possono sostenere la realizzazione degli interventi previsti, con ripercussioni positive sulla produttività e sullo sviluppo del Meridione.

La nota è stata ripresa da Repubblica in questo articolo dell'8  maggio 2021.

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La crisi pandemica ha colpito particolarmente il Mezzogiorno, in quanto ha danneggiato in misura maggiore i settori centrali per l’area come il turismo e i servizi. Nei primi tre trimestri del 2020 l’occupazione ha subito un calo del 4,5 per cento, il triplo rispetto al Centro-Nord.[1]

Quante risorse per il Sud nel PNRR?

Il PNRR dovrebbe consentire di invertire il trend che, tra il 2008 e il 2018, ha visto scendere la spesa pubblica per investimenti nel Mezzogiorno da 21 miliardi a poco più di 10. Il Piano di rilancio presentato alla Commissione Europea prevede per il Sud circa 82 miliardi, cioè il 40 per cento delle risorse territorializzabili (che sono pari a 206 miliardi). Il Mezzogiorno potrà dunque beneficiare di un’elevata quota di risorse, se confrontata con la popolazione residente (il 34 per cento del totale) e con il contributo al PIL nazionale (22 per cento).

Oltre ai finanziamenti del PNRR, al Sud saranno destinati anche 8,4 miliardi provenienti dal React‑EU, 54 miliardi dei Fondi strutturali e di investimento europei (relativi al periodo 2021-27), 58 miliardi del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (sino al 2030) e circa un miliardo del Just Transition Fund.[2]

Nonostante la grande mole di risorse, diverse critiche sono state mosse al PNRR.[3] Secondo alcuni si dovrebbero attribuire al Mezzogiorno ulteriori 60-70 miliardi. Questa cifra si ottiene applicando a livello nazionale le regole che l’Unione Europea ha stabilito per ripartire le risorse del Recovery Fund tra gli Stati membri.[4] Tuttavia, l’UE non ha fissato degli obiettivi in termini quantitativi per il riparto dei fondi all’interno dei singoli Paesi. Secondo altri critici i finanziamenti del PNRR non ammonterebbero effettivamente a 82 miliardi, in quanto 15 miliardi del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) sono stati trasferiti nel PNRR per anticipare il finanziamento di alcuni progetti. Sul punto bisogna però osservare che il Fondo complementare integra le risorse del FSC per lo stesso importo, pertanto la quota complessiva rimane invariata.

A fronte di questa mole di risorse, la domanda chiave da farsi è se vi sarà la capacità di spendere e di realizzare le opere. Secondo un’analisi della Banca d’Italia, basata sui dati dell’Agenzia di Coesione, la realizzazione delle opere richiede in media quasi un anno in più rispetto al Centro-Nord. Le regioni meridionali presentano inoltre i tassi più elevati di inutilizzo dei fondi europei assegnati e di opere incompiute.[5]

Quali misure per il Sud nel PNRR?

Per il PNRR la riduzione del divario territoriale è un obiettivo trasversale, da raggiungere con gli investimenti delle varie missioni (tav. 1) e con le riforme strutturali.

Tav. 1: Ripartizione delle risorse per il Sud

Missioni

Ammontare

Quota1

 

(miliardi)

(%)

 

1. Digitalizzazione, innovazione, competitività

14,6

36,1

 

2. Rivoluzione verde e transizione ecologica

23,0

34,3

 

3. Infrastrutture per la mobilità sostenibile

14,5

53,2

 

4. Istruzione e ricerca

14,6

45,7

 

5. Inclusione e coesione

8,8

39,4

 

6. Salute

6,0

35-37

 

Totale

81,6

40,0

 

1 Calcolata come il rapporto tra i fondi per il Sud e le risorse territorializzabili, per ogni missione. Fonte: elaborazioni OCPI su dati Ministero per il sud e la coesione territoriale

 

La missione 1 mira alla digitalizzazione della PA e del sistema produttivo. Il Mezzogiorno è caratterizzato da un maggiore ritardo nello sviluppo del digitale, come indicano le performance dell’indice DESI a livello regionale.[6] Particolare attenzione è posta alle infrastrutture digitali, con il 45 per cento delle risorse per la connettività a banda ultra-larga destinate alle regioni del Mezzogiorno.

La missione 2, relativa alla transizione verde, interviene per:

  • colmare il divario territoriale nella gestione dei rifiuti, con circa il 60 per cento dei progetti destinati a comuni localizzati nel Centro-Sud (che sono interessati da diverse procedure di infrazione comunitaria);
  • ridurre la dispersione delle risorse idriche, che al Sud è pari al 51 per cento contro la media nazionale, già elevatissima, del 41 per cento;
  • destinare progetti per la diffusione dell’energia rinnovabile e il trasporto sostenibile (ad esempio, i progetti di conversione verso l’idrogeno delle linee ferroviarie saranno maggiormente concentrati nelle regioni meridionali).

La missione 3 prevede per il Sud l’estensione dell’Alta Velocità, il rafforzamento delle reti ferroviarie regionali e miglioramenti dell’accessibilità alle linee e delle stazioni ferroviarie. Ad oggi, nelle regioni meridionali si trovano meno treni in circolazione e più lenti, nonché il maggior numero di linee a binario unico e non elettrificate.[7] Gli interventi permetteranno dunque di migliorare la mobilità dei cittadini e la connessione del Sud al resto del Paese, rendendolo più attrattivo per investimenti e turismo. 

La missione 4 vuole attenuare alcune delle criticità nell’ambito dell’istruzione:

  • la disponibilità di posti negli asili nido e nelle scuole per l’infanzia, particolarmente bassa nelle regioni meridionali (nonostante l’aumento degli ultimi anni, il tasso di copertura per i bambini tra 0-2 anni rimane ancora indietro rispetto alla media nazionale e all’obiettivo del 33 per cento richiesto dell’UE);
  • il divario territoriale nelle competenze di base (il 42 per cento degli studenti presentano competenze alfabetiche non adeguate, contro un media nazionale del 30 per cento, e il 53 per cento registra competenze numeriche inadeguate, a fronte di una media del 38 per cento) che è dovuto anche al fenomeno dell’abbandono scolastico;[8]
  • l’edilizia scolastica (la percentuale di scuole del Sud senza un certificato di agibilità o di collaudo statico è significativamente più ampio che al Nord, così come è inferiore la spesa per la manutenzione);[9]

La riduzione dei suddetti divari nell’istruzione dovrebbe avere effetti positivi sulla partecipazione delle donne al mondo del lavoro e ridurre la quota - oggi del 33,9 per cento - dei giovani che non studiano e non lavorano.

Le misure della missione 5 per la coesione sociale sono dirette a rafforzare i servizi essenziali, aumentare l’attrattività dei territori a maggior rischio di spopolamento, migliorare le opportunità di lavoro e i servizi socio-sanitari. In questa missione particolare importanza assumono il rafforzamento delle Zone Economiche Speciali (ZES), localizzate nel Mezzogiorno, e i finanziamenti al Terzo Settore per il contrasto alla povertà educativa.[10] Infine, la missione 6 contribuisce a superare la frammentazione tra i diversi sistemi sanitari regionali tramite la riorganizzazione delle politiche della salute con riforme e investimenti basati sui fabbisogni assistenziali.

Oltre agli investimenti, il meridione beneficerà delle riforme strutturali ed in particolare di quella della Pubblica Amministrazione. Infatti, il Sud registra livelli di efficienza delle PA peggiori rispetto al Centro-Nord, come registrato da diversi indicatori (ad esempio, tutte le regioni meridionali si collocano in fondo alla classifica dell’European Quality of Government Index, un indice delle qualità delle istituzioni pubbliche).[11] Una PA lenta e inefficace limita la produttività delle imprese e rallenta proprio gli investimenti cruciali del PNRR. Pertanto, la riforma che punta a digitalizzare, semplificare e formare la PA dovrebbe avere ripercussioni positive principalmente per il Mezzogiorno.

 

[2] Inoltre, è stato annunciato un ulteriore stanziamento di 9,4 miliardi per il completamento della linea ferroviaria ad alta velocità tra Salerno e Reggio Calabria, già in parte finanziata all'interno del PNRR. Per un quadro completo dei fondi destinati al Mezzogiorno, si veda: http://www.ministroperilsud.gov.it/it/approfondimenti/schede/quali-sono-i-fondi-destinati-al-sud-nei-prossimi-anni/.

[3] Le critiche in merito allo squilibrio della spesa pubblica tra il Sud e il Centro-Nord erano presenti anche prima del PNRR. L’Osservatorio CPI ha studiato come, al netto delle spese pensionistiche e per interessi, il Sud non sia stato sfavorito in termini di spesa pubblica rispetto al Centro-Nord negli ultimi anni. Per la nota, si veda: https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-archivio-studi-e-analisi-la-spesa-pubblica-e-troppo-bassa-al-sud.

[5] Per l’analisi di Banca d’Italia sui tempi di realizzazione delle opere, si veda: https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2019-0538/QEF_538_19.pdf; per i dati a livello regionale sui fondi europei, si veda:https://www.infodata.ilsole24ore.com/2020/02/10/ecco-come-le-regioni-italiane-utilizzano-i-fondi-europei/.; per i dati sulle opere incompiute si veda http://dati.mit.gov.it/catalog/dataset/opere-incompiute.

[6] Il Digital Economy and Society Index (DESI) sintetizza numerosi indicatori di performance digitale raggruppati in cinque dimensioni: connettività, capitale umano, uso dell’Internet, integrazione della tecnologia digitale, servizi pubblici digitali. L’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano ha elaborato l’indice DESI a livello regionale, si veda:https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/desi-regionale-2020-resta-forte-il-gap-digitale-nord-sud-e-col-resto-deuropa/.

[7] Per il rapporto sul trasporto ferroviario e le differenze tra Nord e Sud, redatto da Legambiente, si veda: https://www.legambiente.it/comunicati-stampa/legambiente-presenta-pendolaria-2021-la-situazione-del-trasporto-ferroviario-ai-tempi-del-covid/.

[8] Per il rapporto 2020 dell’Istat sull’istruzione, si veda: https://www.istat.it/it/files//2021/03/2.pdf.

[9] Per il rapporto 2021 di Legambiente sull’edilizia scolastica, si veda: https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2021/03/Ecosistema-scuola-2021.pdf.

[10] Le Zone Economiche Speciali (ZES) sono regioni geografiche localizzate nel Mezzogiorno all’interno delle quali le imprese beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative. Ad oggi sono state istituite le seguenti ZES: Regione Campania, Regione Calabria, Ionica Interregionale nelle regioni Puglia e Basilicata, Adriatica Interregionale nelle regioni Puglia e Molise, Sicilia occidentale, Sicilia orientale, Regione Abruzzo. È in fase finale l’istituzione della ZES Regione Sardegna.

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