Università Cattolica del Sacro Cuore

La decontribuzione al Sud: un’analisi degli effetti

di Giampaolo Galli e Francesco Tucci

24 ottobre 2020

Il Decreto Agosto ha introdotto uno sgravio contributivo per le imprese del Sud Italia, sia sui rapporti già in essere che sulle assunzioni, della durata di tre mesi fino al 31 dicembre; l’idea è che lo sgravio venga prorogato per i prossimi anni, eventualmente con un décalage sull’entità. Lo sgravio medio mensile per dipendente è di circa il 7 per cento del costo del lavoro. Alla luce di un’analisi della letteratura sul tema, la misura presenta alcune criticità, relative in particolare al perimetro dei lavoratori coinvolti. Tuttavia, essa alleggerisce il costo del lavoro in misura piuttosto significativa e, se verrà estesa oltre il trimestre in corso, sembra in grado di dare un qualche sostegno alla competitività delle imprese del Sud. È essenziale tuttavia che questa non sia la misura chiave per il rilancio del Mezzogiorno; occorre rimediare alla carenza di investimenti, pubblici e privati, oltre che ai fattori di contesto che deprimono la produttività dei fattori rispetto al resto del Paese.

* * *

Il Decreto Agosto[1] ha introdotto in via sperimentale per un arco di tre mesi (dal 1° ottobre al 31 dicembre) una decontribuzione del lavoro dipendente nelle regioni del Sud Italia.[2]  La misura prevede uno sgravio del 30 per cento sui contributi previdenziali dovuti dal datore di lavoro a favore dei dipendenti a tempo indeterminato e determinato; l’aliquota di calcolo delle prestazioni pensionistiche per il lavoratore rimane invariata. La decontribuzione si applica sia ai contratti già in essere al 1° ottobre, sia ai nuovi contratti stipulati dal 1° ottobre al 31 dicembre. Secondo le stime del governo, l’effetto di questa misura sull’indebitamento netto della PA è di 1.457,6 milioni di euro, di cui 1.390,1 milioni nel 2020.

L’obiettivo della misura, secondo quanto riportato nel testo del Decreto, è quello di contenere gli effetti negativi sull’occupazione della crisi economica, in quelle aree del paese caratterizzate da un tessuto socio-economico più fragile.

Secondo la Relazione Tecnica al provvedimento, la misura dovrebbe interessare circa 2,9 milioni di lavoratori, con una retribuzione media mensile lorda di circa 1.600 euro, corrispondente a circa 1.163 euro netti per 13 mensilità.[3] Il costo del lavoro medio mensile per dipendente risulta invece pari a circa 2.305 euro. Lo sgravio medio mensile per dipendente è dunque di circa 160 euro, pari a quasi il 7 per cento del costo del lavoro.[4]

Si osservi che il dato del 7 per cento è indipendente dal livello di retribuzione assunta; si può quindi dire che la misura abbatte il costo del lavoro del 7 per cento.

La decontribuzione al Sud ha potuto beneficiare del temporaneo allentamento della disciplina relativa agli Aiuti di Stato ed è stata quindi recentemente approvata dalla Commissione Europea (CE).[5] Il Governo ne sta valutando tuttavia l’estensione all’intero periodo 2021-2029, anche mediante l’utilizzo di fondi provenienti dal programma NextGenEU e con un meccanismo di progressivo décalage della percentuale di sgravio accordata alle imprese.[6] Un’altra ipotesi circolata recentemente vorrebbe invece un’estensione della misura almeno al biennio 2021-2023 attraverso gli stanziamenti della prossima Legge di Bilancio.[7]

La misura fa seguito ad altre due misure di decontribuzione già in vigore nell’ordinamento italiano. La prima è la decontribuzione del 50 per cento per l’assunzione a tempo indeterminato di under 35, introdotta dalla legge n.205/2017, per un massimo di 36 mesi e con un tetto di 3.000 euro su base annua.[8] L’altra è il cd. “Bonus Sud”, ovvero la decontribuzione totale introdotta con la Legge di Bilancio 2019 (n.145/2018) per l’assunzione di disoccupati oltre i 6 mesi che svolgano la propria prestazione lavorativa in una delle regioni del Meridione, fino a un massimo di 8.060 euro l’anno.[9] Al contrario della decontribuzione per gli under 35, il Bonus Sud è valido solo per il 2020.

La decontribuzione al Sud rappresenta quindi una delle misure principali messe in campo dal Governo per prevenire un possibile allargamento del divario territoriale Nord-Sud in seguito alla crisi economico-sanitaria, rimettendo questo tipo di politica al centro del dibattito pubblico.

Gli sgravi contributivi per il Sud non sono certo una novità nel panorama delle politiche economiche in Italia, essendo stati utilizzati massicciamente, in particolare tra il 1971 e il 1993;[10] furono eliminati a seguito dell’accordo Pagliarini-Van Miert del 1995, in quanto considerati aiuti al funzionamento, anziché allo sviluppo e dunque classificati dalla Commissione Europea come Aiuti di Stato illegittimi.[11]

L’Italia non rappresenta inoltre l’unico contesto in cui si è fatto ricorso alla decontribuzione come strumento di policy. Nel corso degli anni la misura è stata infatti adottata in numerosi paesi come strumento per ridurre le disuguaglianze, da quelle generazionali all’interno del mercato del lavoro, a quelle di tipo territoriale.[12]

Cosa ci dice la letteratura economica?

La letteratura disponibile sulle decontribuzioni a carattere geografico riguarda principalmente i paesi scandinavi, dove lo sgravio contributivo è particolarmente utilizzato come strumento di politica territoriale. Rinviando all’Appendice per una trattazione più dettagliata, ci si limita qui a citare le conclusioni più rilevanti della letteratura più recente. Uno studio realizzato in Norvegia (Ku, Schonberg e Schreiner, 2020), mostra come variazioni delle aliquote contributive possano tradursi in variazioni delle retribuzioni e dell’occupazione.[13] Le autrici concludono che in contesti in cui le retribuzioni sono libere di rispondere flessibilmente a modifiche del costo del lavoro per le imprese, variazioni nella contribuzione si trasferiscono nella stessa misura alle retribuzioni, vanificando quindi gli effetti sulla domanda di lavoro. In contesti invece in cui le retribuzioni non aumentano nella misura della decontribuzione, allora il legislatore può ragionevolmente attendersi variazioni nell’occupazione nella direzione desiderata.[14]

In precedenza, altri studi sui paesi scandinavi avevano riscontrato una discreta flessibilità dei salari al variare dei contributi (con una traslazione compresa tra il 25 e il 66 per cento) e di conseguenza risposte modeste dell’occupazione.[15] Saez, Schoefer e Seim (2017) commentano questi risultati poco incoraggianti sull’occupazione a livello territoriale evidenziando come una misura di decontribuzione che impatti un’intera regione, piuttosto che alcune categorie particolarmente svantaggiate (es. giovani o disoccupati), si presti più facilmente ad essere traslata sui salari e quindi a non avere impatto sulla domanda di lavoro. A conferma di ciò, gli autori dimostrano come studi dedicati sempre ai paesi scandinavi, ma in cui si considerano misure destinate a specifici segmenti della popolazione mostrino effetti benefici sulla domanda di lavoro della categoria interessata (con aumenti del 2-3 per cento).[16]  Alcuni studi evidenziano invece come, quando la decontribuzione avviene sulla componente a carico del datore di lavoro, i risparmi sostenuti dalle imprese possano essere interamente trattenuti dalle stesse come profitti addizionali, senza effetti positivi sulla domanda di lavoro.

Alcune delle indicazioni provenienti dalla letteratura sono state riprese in un rapporto della CE del 2014,[17] che ha identificato quali siano le caratteristiche di un programma di sostegno all’occupazione e alla creazione di nuovi posti di lavoro in grado di produrre maggiormente effetti benefici. Secondo la CE, queste sono:

  • un ammontare di risorse sufficiente sia per far sì che ci sia un ampio ricorso alla misura, sia per compensare i gap di produttività fra la popolazione di destinazione e i lavoratori che verrebbero comunque assunti in assenza di incentivo;
  • la presenza di condizionalità sul datore di lavoro, in termini di creazione netta di occupazione e/o di formazione del lavoratore assunto. Il rapporto sottolinea comunque come gli oneri burocratici non debbano compensare la convenienza economica a ricorrere all’incentivo;
  • gli incentivi all’occupazione devono essere mirati, in modo da rendere la policy efficiente e in grado di far fronte alle necessità dei segmenti più svantaggiati della forza lavoro; e
  • collegare l’incentivo all’occupazione con programmi di formazione, nel caso in cui attraverso la policy si voglia anche compensare la sotto-qualificazione di alcuni segmenti della forza lavoro.

Una valutazione

In riferimento alle indicazioni provenienti dalla letteratura, la decontribuzione al Sud presenta alcune criticità.

Innanzitutto, sul piano della sostenibilità dei conti pubblici, la misura sembra essere molto costosa (circa 1,4 miliardi di indebitamento netto per soli tre mesi). Va anche considerato che, come osserva il Sevizio Bilancio del Senato e contrariamente a quanto previsto in passato per altre misure di decontribuzione, non è previsto né alcun tetto all’importo dello sgravio contributivo ottenibile per singolo lavoratore, né all’ammontare totale delle risorse destinate alla misura. Il dato di circa 1,4 miliardi è quindi da considerarsi una stima, ma è possibile che si rendano necessarie altre risorse.

Nel merito, il fatto che la misura si applichi non solo ai nuovi rapporti di lavoro, ma anche a quelli già in essere, la espone a una doppia critica alla luce del rapporto della Commissione Europea citato in precedenza. Da un lato è un aiuto al funzionamento delle imprese e dunque è Aiuto di Stato. Dall’altro, gli sgravi contributivi che si applicano anche ai rapporti di lavoro già in corso comportano una rilevante perdita secca di efficienza, in quanto lo sgravio si applica nella stessa misura sia a lavoratori che in assenza dello stesso avrebbero mantenuto il posto di lavoro, sia a quelli che lo avrebbero perso. Come noto, la Commissione ritiene preferibile legare lo sgravio all’aumento dell’occupazione nell’impresa. Inoltre la preferenza va per misure più complesse sotto il profilo del monitoraggio, che commisurino lo sgravio ad aumenti dell’occupazione al netto delle cessazioni. Ciò per evitare che l’ingresso di nuovi lavoratori possa essere compensato da un aumento delle cessazioni dei rapporti in essere.

Inoltre, la misura adottata dal Governo non è mirata al sostegno di un particolare segmento del mercato del lavoro ritenuto più svantaggiato (es. giovani, disoccupati di lungo termine), applicandosi a tutti i rapporti di lavoro dipendente, indipendentemente dall’età o dalla storia lavorativa dell’individuo. Come si è visto, gli sgravi contributivi tendono ad avere benefici maggiori sull’occupazione quando sono destinati ad un sottoinsieme specifico della popolazione, mentre nel caso di una platea troppo ampia di beneficiari potrebbero verificarsi perdite secche di efficienza. In qualche misura, infatti lo sgravio si applica anche all’assunzione di lavoratori che avrebbero comunque trovato un lavoro.[18] In questo senso la decontribuzione per gli under 35 e il Bonus Sud appaiono più efficaci.[19]

La durata della decontribuzione attualmente prevista (fino al 31 dicembre 2020) è certamente troppo breve per una sufficiente programmazione delle assunzioni da parte delle imprese, portando ad un utilizzo della misura eccessivamente contenuto e quindi inefficace. Ciò è vero a maggior ragione se si considera che la conversione in legge del Decreto Agosto, e quindi la conferma ufficiale della misura, è avvenuta solo il 13 ottobre.[20] Come detto, appare probabile che la misura sia prorogata, con un eventuale décalage.

Malgrado queste problematiche, la misura – soprattutto se estesa ad un periodo più lungo del trimestre in corso – alleggerisce comunque il costo del lavoro in misura piuttosto significativa e sembra quindi in grado di dare un qualche sostegno alla competitività delle imprese del Sud.

Per avere un’idea dell’effetto che può avere sulla competitività, è utile osservare che, in sostanza, si tratta quella che viene talvolta definita “svalutazione fiscale”. Con questo termine si indica un alleggerimento dei costi delle imprese (come ad esempio uno sgravio contributivo) finanziato da un aumento dell’Iva (che grava sulle importazioni, ma non sulle esportazioni), aumento che nel caso della decontribuzione Sud non si verifica perché la misura è finanziata in deficit. La svalutazione fiscale è considerata un modo per ridare competitività alle imprese in un contesto nel quale non è possibile la svalutazione del tasso di cambio, ritenendosi generalmente che possa avere effetti simili a quest’ultima sulla competitività delle imprese. Va osservato però che, a differenza della svalutazione del cambio, nel caso della decontribuzione si riducono anche i costi dei servizi non esposti alla concorrenza esterna, il che a sua volta potrebbe avere un affetto positivo sugli input acquistati localmente dall’industria esposta alla concorrenza esterna.

In ogni caso, è difficile dire che una svalutazione del 7 per cento (del cambio o per via fiscale) non abbia effetti positivi sulla competitività delle imprese e dunque, per questa via, sul livello del prodotto e dell’occupazione. Lo documenta una vastissima letteratura internazionale.

È necessario però fare una qualificazione importante. La svalutazione può avere effetti positivi nel breve-medio periodo, ma allenta l’incentivo delle imprese e delle istituzioni pubbliche a mettere in atto azioni volte a recuperare gap di produttività. Nel caso del Mezzogiorno, vi sono notoriamente gap nella produttività apparente del lavoro e nelle produttività totale dei fattori. Molti di questi gap dipendono da un contesto esterno sfavorevole, che attiene a temi quali le infrastrutture, l’efficienza delle pubbliche amministrazioni, la legalità.

Quindi la svalutazione fiscale non può essere la misura chiave per ridare vigore al tessuto produttivo del Mezzogiorno. E’ soprattutto necessario rilanciare gli investimenti, pubblici e privati, affrontando alla radice i problemi strutturali della bassa produttività, della bassa qualità dei servizi e delle infrastrutture pubbliche, della fragilità del contesto istituzionale.[21] Ciò si rende a maggior ragione necessario dal momento che si propone di finanziare l’estensione delle decontribuzione per il 2021-2029 anche mediante le risorse del NextGenEU - ammesso che la proposta superi l’esame della Commissione per quanto riguarda la disciplina sugli Aiuti di Stato.[22]

Appendice: le stime dello sgravio contributivo

Gli input utilizzati per ottenere le stime dello sgravio contributivo e del suo peso sul totale del costo del lavoro per dipendente sono tratti dalla Relazione Tecnica al Decreto Agosto e da alcune elaborazioni contenute nel Dossier del Servizio del Bilancio del Senato sul decreto.[23] Sommando alla retribuzione media lorda mensile ipotizzata implicitamente nella Relazione Tecnica (1.600 euro) la quota parte di maturazione della tredicesima attribuibile ad ogni mese (1600 euro/12 mesi = 133 euro) si ottiene la retribuzione mensile media effettiva (1.733 euro). 

Dalla retribuzione media mensile lorda di 1.733 si ottiene quella netta sottraendo: 1) la componente di contributi previdenziali a carico del lavoratore (con un’aliquota del 9,34 per cento, ottenuta come media tra i livelli statutari più utilizzati, ovvero il 9,49 per cento e il 9,19 per cento);[24] e 2) l’imposta dovuta ai fini IRPEF, applicando l’aliquota media del 18 per cento, utilizzata per calcolare gli effetti fiscali all’interno della Relazione Tecnica.

La stima di 161 euro per lo sgravio attribuibile alla decontribuzione Sud è ottenuta moltiplicando la retribuzione media mensile lorda (1.733 euro) per l’aliquota di contribuzione previdenziale media a carico del datore di lavoro, proveniente dalla Relazione Tecnica al Decreto Agosto (31 per cento), e calcolando poi il 30 per cento dei contributi così ottenuti (quindi 1.733 x 0,31 x 0,3).[25]

Con queste ipotesi, il costo del lavoro medio mensile per dipendente risulta essere  pari a circa 2.305 euro, cifra ottenuta sommando alla retribuzione media mensile lorda di 1.733 euro: 1) i contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, pari a 537 euro (1.733 x (1 + 0,31)); e 2) il premio assicurativo medio corrisposto all’INAIL dai datori di lavoro dell’Industria e dei Servizi (pari a circa il 2 per cento della retribuzione lorda).[26]

Appendice: gli studi in materia di decontribuzione

Fino allo scorso decennio l’effetto economico delle decontribuzioni veniva affrontato principalmente guardando al problema dell’incidenza, [27] e la letteratura riteneva uniformemente che variazioni nel livello dei contributi a carico del datore di lavoro si trasferissero interamente alle retribuzioni, senza variazioni effettive del costo del lavoro, almeno nel lungo periodo.[28] Tuttavia, alcuni studi più recenti, basati sull’utilizzo di micro-dati, hanno smentito questa teoria, evidenziando come a fronte di una variazione dei contributi non si verificasse una corrispondente variazione dei salari tale da vanificare gli effetti sul cuneo fiscale e sulla domanda di lavoro, anche nel medio-lungo periodo. Tra questi, Saez, Matsaganis e Tsakloglou (2012), analizzando un aumento dei contributi in Grecia, sono stati tra i primi a dimostrare che è il datore di lavoro a essere inciso dalle variazioni della contribuzione a suo carico, e non il lavoratore (la retribuzione del quale resta quindi costante).[29] Bozio, Breda e Grenet (2017) confermano la scarsa rilevanza della traslazione in uno studio per la Francia, riportando un assorbimento della variazione dei contributi da parte del datore di lavoro compresa tra il 55 e l’88 per cento.[30]

Come già detto in precedenza, anche in Italia ci sono state diverse esperienze di decontribuzione. A titolo di esempio ci concentriamo qui sugli effetti economici dell’ultima misura di decontribuzione varata nel nostro paese, quella che nel 2015 venne approvata come parte della Legge di Bilancio 2015, nell’ambito della serie di misure per il mercato del lavoro collegate al Jobs Act. La misura, valida da gennaio a dicembre 2015, prevedeva per un periodo di tre anni uno sgravio completo dei contributi fiscali (fino ad un tetto di 8.060 euro all’anno) nel caso di assunzione a tempo indeterminato di un lavoratore non coperto da contratto a tempo indeterminato nei 6 mesi precedenti.[31] Secondo le stime del Governo di allora, la misura sarebbe stata in grado di azzerare il versamento dei contributi previdenziali dovuti dal datore di lavoro per l’80 per cento delle assunzioni a tempo indeterminato nel 2015.[32]

Sestito e Viviano (2016), concentrandosi su dati relativi al Veneto, riportano come la decontribuzione, insieme all’introduzione del contratto a tutele crescenti, che ha sensibilmente ridotto il costo di terminazione di un contratto a tempo indeterminato per le imprese con più di 15 dipendenti, abbia avuto un effetto rilevante sull’occupazione  a tempo indeterminato; secondo gli autori, alle due policy può essere interamente attribuito l’incremento del 100 per cento nelle conversioni da contratto a tempo determinato ad indeterminato. Inoltre, alle due misure può essere attribuito il 45 per cento di tutte le assunzioni a tempo indeterminato in Veneto nel 2015, con uno split del 40 per cento attribuibile alla sola decontribuzione e del 5 per cento attribuibile all’interazione tra le due misure. Gli autori evidenziano inoltre come la possibilità di usufruire della decontribuzione anche per le trasformazioni dei contratti da tempo determinato a indeterminato abbia portato paradossalmente anche ad un incremento delle assunzioni a tempo determinato nel corso del 2015. Considerando tutti questi effetti nell’insieme, gli autori concludono che la possibilità che le imprese abbiano attuato comportamenti strategici al fine di massimizzare il beneficio della decontribuzione anche in casi in cui avrebbero assunto comunque a tempo indeterminato, è risultata in una perdita secca di efficienza molto rilevante (deadweight loss), se confrontiamo la decontribuzione del 2015, non mirata ad una particolare categoria di lavoratori, con programmi più selettivi.

 

[1] Decreto legge n.104/2020, art. 27, convertito in legge dalla L. n.126/2020 del 13 ottobre. Il testo del decreto è disponibile al link: https://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2020-08-14&atto.codiceRedazionale=20G00122&atto.articolo.numero=0&qId=0420aaea-f44a-48e9-9a6a-7fe072b58c0a&tabID=0.7132680822684109&title=lbl.dettaglioAtto

[2] La misura si applica a tutti i settori tranne che al lavoro domestico e al settore agricolo. Per usufruire dello sgravio, la sede di lavoro del dipendente interessato deve trovarsi in una regione che nel 2018 abbia presentato un Pil pro capite inferiore al 75 per cento della media EU27, o un Pil pro capite compreso tra il 75 e il 90 per cento congiuntamente ad un tasso di occupazione inferiore alla media nazionale. Le regioni a cui verrà applicata la misura sono quindi Abruzzo, Basilicata, Molise, Puglia, Campania, Calabria, Sardegna, Sicilia.

[3] Incorporando invece la quota parte di tredicesima attribuibile al singolo mese nella retribuzione media mensile lorda, quest’ultima diventa circa di 1.733 euro, alla quale corrisponde una retribuzione media mensile netta di circa 1260 euro per 12 mensilità. Per i dettagli dei calcoli si veda l’Appendice.

[4] In Appendice è riportato il dettaglio di questi calcoli.

[5] Si veda https://ec.europa.eu/competition/elojade/isef/case_details.cfm?proc_code=3_SA_58802

[6]https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2020/09/05/news/lavoro_il_piano_di_rilancio_del_sud_sgravi_anche_ai_contratti_a_termine-266361037/

[7] https://www.corriere.it/economia/lavoro/20_ottobre_18/bonus-lavoro-incentivi-ad-assunzioni-under-35-meno-costi-sud-tutti-fdbd6222-1117-11eb-99ad-021205b8ee1e.shtml

[8] Per un commento si veda https://www.lavoce.info/archives/48394/volte-ritornano-la-decontribuzione-sui-giovani-2-0/

[9] Il combinato disposto con la decontribuzione per gli under 35 fa sì che solo gli over 35 debbano rispettare il requisito di disoccupazione. Per ulteriori informazioni su queste due misure si veda: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2020/01/15/under-35-bonus-sud-confronto-regole-convenienza-imprese-professionisti

[10] SVIMEZ (2011), 150 anni di statistiche italiane: Nord e Sud 1861-2011, Bologna.

[11] Per approfondimenti si veda Casavola, P. (2015), Le politiche per il Mezzogiorno, in L’Italia e le sue regioni, Istituto per l’Enciclopedia Italiana, disponibile al link: https://www.treccani.it/enciclopedia/le-politiche-per-il-mezzogiorno_%28L%27Italia-e-le-sue-Regioni%29/

[12] Si veda Saez, E., Schoefer, B., Seim, D. (2017), Payroll taxes, firm behaviour, and rent sharing:
evidence from a young workers' tax cut in Sweden
, ottobre, NBER Working Paper 23976

[13] Ku, H, Schoenberg, U, e Schreiner, R. C. (2020), Do place-based tax incentives create jobs?, Journal of Public Economics, disponibile al link: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0047272719301665.

[14] https://voxeu.org/article/place-based-payroll-taxes-and-regional-employment

[15] Beenmarker et al., 2009, Korkeamaki e Uusitalo, 2009, Gavrilova et al., 2015

[16] Saez, Schoefer e Seim (2017) analizzano una decontribuzione in Svezia destinata ai più giovani. Anche Elias (2015), in uno studio su una decontribuzione per giovani e lavoratori senior in Spagna, ha riscontrato un effetto positivo sulla domanda di lavoro giovanile (e non su quella dei lavoratori senior, sulla quale potrebbe incidere anche la scarsa appetibilità di questa fascia di popolazione).

[17] European Employment Policy Observatory Review (2014), Stimulating job demand: the design of effective hiring subsidies in Europe 2014, Commissione Europea, maggio

[18] European Employment Policy Observatory Review (2014), op.cit.

[19] L’argomentazione legata alle perdite secche di efficienza diventa meno pressante in un momento di crisi economica come quella in corso. Se invece la misura dovesse essere prolungata anche ai prossimi anni, considerando anche che le risorse del NextGenEU non sono illimitate, la perdita di efficienza tornerebbe ad essere piuttosto rilevante;

[20] Legge di conversione del 13 ottobre 2020, n.126

[21] Si veda De Vincenti, C., Costo del lavoro e status quo: fiscalità di vantaggio per innovare, editoriale pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno Napoli e Campania il 13 settembre 2020.

[22] In una recente intervista il Ministro Provenzano ha affermato che il décalage nello sgravio contributivo nel corso del prossimo decennio rifletta proprio il supposto incremento nella produttività del sistema economico apportato dal programma di investimenti al Sud che il Governo avrebbe in mente per i prossimi anni. Si veda https://www.ilsole24ore.com/art/provenzano-proroga-manovra-gli-sgravi-lavoro-sud-ADDrxes

[23] Servizio del Bilancio (2020), Nota di lettura, «A.S. 1925: "Conversione in legge del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, recante misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia"», NL164, agosto, Senato della Repubblica, XVIII legislatura. La Relazione Tecnica al Decreto Agosto è invece disponibile al seguente link: https://www.neopa.it/sites/default/files/allegati/2020/DL%20AGOSTO%20bollinato_watermarked.pdf

[24] Per una griglia delle aliquote contributive a carico del datore di lavoro e del lavoratore si veda: https://www.confindustriaemilia.it/flex/files/1/4/8/D.eca44784430d28a30ba0/contributi_previdenziali_2020_web.pdf

[25] Questa è la stessa procedura utilizzata dalla Relazione Tecnica per calcolare l’effetto sull’indebitamento netto (1.457,6 milioni di euro). 

[26] Il dato è stato ottenuto dalla Banca Dati Statistica dell’INAIL, si veda: https://bancadaticsa.inail.it/bancadaticsa/bancastatistica.asp?cod=0.

[27] Il termine incidenza è da intendersi qui con l’accezione tipica della Scienza delle Finanze. Per analisi dell’incidenza di un’imposta si intende quindi lo studio di quale sia il soggetto economico su cui grava effettivamente il pagamento della stessa (soggetto cd. “inciso”), il quale spesso differisce dal soggetto nominalmente tenuto per legge al pagamento di un tributo (soggetto cd. “percosso”). Quando soggetto inciso e percosso non coincidono si parla invece di traslazione dell’imposta. Per altre informazioni si veda: https://www.treccani.it/enciclopedia/percussione_%28Dizionario-di-Economia-e-Finanza%29/

[28] Si veda Anderson, P, Meyer, B. (2000), The Effects of the Unemployment Insurance Payroll Tax on Wages, Employment, Claims and Denials, Journal of Public Economics, 78, 81-106 per un’analisi sugli Stati Uniti e Cruces, G., Galiani, S., Kidyba, S. (2010), Payroll Taxes, Wages and Employment: Identification through Policy Changes, Labour Economics 17(4), 743-749.

[29] Saez, E., Matsaganis, M., Tsakloglou, P. (2012), Earnings Determination and Taxes: Evidence from a Cohort Based Payroll Tax Reform in Greece, Quarterly Journal of Economics 127(1), 493-533.

[30] Bozio, A., Breda, T., Grenet, J., (2017), Incidence of Social Security Contributions: Evidence from France, Paris School of Economics Working Paper

[31] Nella misura rientravano quindi sia l’assunzione a tempo indeterminato di un disoccupato da 6 mesi, sia la trasformazione di un contratto a tempo determinato in uno indeterminato.

[32] Sestito, P., Viviano E., (2016), Hiring incentives and/or firing cost reduction? Evaluating the impact of the 2015 policies on the italian labour market, marzo, Questioni di Economia e Finanza, Occasional Paper n. 325.

Articoli correlati