di Lorenzo Codogno e Giampaolo Galli
Il Sole 24 Ore, 12 marzo 2020
* * *
I contorni dello shock economico prodotto dal coronavirus sono ancora molto incerti, ma di sicuro la sua entità sarà simile, se non superiore a quella del 2008-2009. Si è detto molto sulla natura dello shock e che in buona parte deriva dal lato dell’offerta. Questo è certamente vero. Tuttavia, non c’è shock di offerta che non si trascini anche un impatto importante sulla domanda, e in questo caso sarà enorme e quindi richiederà azioni di sostegno senza precedenti.
Bene quindi l’aumento del pacchetto finanziario deciso dal governo. L’azione di policy deve avere tre obiettivi.
Primo, dare un aiuto massiccio all’economia per cercare di evitare il collasso del tessuto economico, anche per effetto della mancanza di liquidità; probabilmente la BCE darà presto un segnale in tal senso.
Secondo, gli interventi dovranno essere tempestivi e quanto più possibile automatici. Non si può pensare che alle imprese le risorse arrivino tra qualche mese, quando ormai potrebbe esser troppo tardi per la loro sopravvivenza. Ad esempio, si potrebbe mandare un assegno equivalente alle tasse pagate l’anno scorso come prestito a tasso zero da restituire nei prossimi anni.
Terzo, occorre rendere esplicito che lo stimolo economico dev’essere rilevante, ma anche temporaneo. A parte un aumento della spesa sanitaria, la maggior parte degli interventi non dovrà prefigurare incrementi strutturali della spesa pubblica.
Lo shock sarà temporaneo, ma rischia di lasciare delle ferite permanenti sull’economia, e di far crescere il PIL su un sentiero più basso rispetto a quello attuale, già molto debole. Questo inevitabilmente farà emergere un rischio di sostenibilità del debito pubblico. I problemi emergeranno in molti paesi europei e non europei, ma viste le note vulnerabilità, si faranno sentire soprattutto in Italia. Quindi occorre agire tempestivamente anche sul fronte degli aiuti internazionali.
All’ordine del giorno dell’Eurogruppo di lunedì prossimo c’è il Trattato MES (il fondo ‘Salvastati’ europeo) di cui si chiede un ‘political endorsement’, ossia un sostegno politico. In Italia, le opposizioni hanno già alzato la voce chiedendo al governo di respingere l’accordo, una posizione che in passato ritenevamo non priva di giustificazioni. Alla luce di ciò che sta accadendo, forse conviene invece affrettarne l’approvazione. La ragione è che l’Italia potrebbe avvalersi subito di una delle due linee di credito precauzionali previste per paesi che sono colpiti da shock avversi che sono al di fuori del loro controllo. In origine, le linee di credito precauzionali sembrava servissero essenzialmente a tutelare gli altri paesi da una crisi finanziaria dell’Italia: per gli altri paesi, dunque, lo shock esogeno era la crisi dell’Italia. Oggi invece, con tutta evidenza, il Covid-19 è lo shock esogeno al di fuori del controllo dei governi nazionali, e l’Italia è il paese che ne è più colpito.
La ‘linea di credito condizionata’, è riservata ai paesi che rispettano alla lettera le regole in materia di bilanci. L’Italia però, potrebbe avere accesso alla ‘linea di credito rafforzata’, che richiede la sottoscrizione di un MoU (Memorandum of Understanding) con MES e la Commissione.
Ciò richiede forse una leggera forzatura rispetto agli intenti originari del Trattato, che sembra possibile dato che vi è ampia flessibilità nella definizione delle condizioni per avere accesso a questa linea di credito. Nell’allegato III, in poche righe si dice che hanno accesso i paesi che non sono eleggibili per l’altra linea, ma la cui situazione economica e finanziaria è solida e il cui debito è sostenibile. Va da sé che queste condizioni vanno valutate ante-shock, altrimenti il paese non chiederebbe l’assistenza finanziaria.
Inoltre, il Consiglio dei Governatori del MES, che rappresenta i governi dell’Eurozona, può decidere di cambiare i criteri per l’accesso all’assistenza precauzionale ed emendare di conseguenza l’Allegato III (art. 14.1). Normalmente, la sottoscrizione del MoU richiede che il paese si sottoponga ad un programma di aggiustamento di finanza pubblica, ma in questo caso per l’Italia un programma così inteso non avrebbe alcun senso dal momento che oggi c’è bisogno di sostenere le persone e le aziende colpite dalla crisi indotta dall’epidemia e, più in generale, di evitare il collasso dell’economia.
Semmai il MoU potrebbe rinviare ad una nuova valutazione della situazione dell’Italia, dopo la fine dell’epidemia, per decidere se rinnovare il credito, e le possibili misure strutturali di riforma necessarie a riportare il Paese su un sentiero di crescita superiore a quello precedente.
Va detto inoltre che tutte le forme di assistenza del MES devono servire a evitare crisi nell’intera area dell’Euro. E qui non ci può essere alcun dubbio: la crisi in cui sta entrando l’Italia è gravissima, e non potrà non avere conseguenza sulla stabilità economica e finanziaria dell’Eurozona.
Questa è anche un’occasione politica da non perdere per trovare soluzioni solidali e coordinate per rafforzare l’Europa ed evitare che un’altra crisi ne mini le fondamenta, forse anche in modo esiziale.