L’istruzione nel PNRR
di Luca Brugnara
29 aprile 2021
La Componente riguardante il “Potenziamento dell’Offerta dei servizi di Istruzione” del PNRR, contenuta all’interno della quarta missione “Istruzione e Ricerca” è finanziata con 20,9 miliardi - di cui 19,44 dal PNRR e 1,45 miliardi dal React EU. Sono previsti 4 ambiti di intervento: l’ampliamento quantitativo dei servizi di istruzione (10,6 miliardi), il miglioramento dei processi di reclutamento degli insegnanti (0,8 miliardi), il potenziamento delle infrastrutture scolastiche (7,6 miliardi) e la riforma dei dottorati (0,4 miliardi). Numerosi interventi, sebbene siano stati presentati come investimenti temporanei, aumenteranno con molta probabilità la spesa corrente dello stato in maniera permanente, in quanto comportano l’assunzione di personale aggiuntivo.
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I finanziamenti per il potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione direttamente finanziati dal PNRR ammontano a 19,44 miliardi; a questi si aggiungono 1,45 miliardi del fondo React EU. L’obiettivo primario è l’aumento delle proposte formative dagli asili nido all'università: i fondi del PNRR sono destinati per il 64 per cento alla scuola dell’obbligo (primaria e secondaria), per il 23,6 per cento alle offerte formative per la prima infanzia ed il restante 12,3 percento all’istruzione accademica. Rispetto alla precedente versione vengono inoltre potenziati gli investimenti per la formazione degli insegnanti e del personale scolastico e introdotti nuovi fondi per il potenziamento dei programmi di dottorato. Le misure cui sono dedicate più risorse riguardano il potenziamento dell’offerta di asili nido e scuole per l’infanzia (4,6 miliardi), seguite dagli investimenti per la messa in sicurezza dell’edilizia scolastica (3,9 miliardi).
Piano per gli asili nido e le scuole dell’infanzia
L’ammontare complessivo dei finanziamenti rivolti alla fascia d'età compresa tra gli 0 e i 6 anni è rimasto invariato rispetto alla bozza del PNRR presentata dal precedente governo. Nel documento del 12 Gennaio 2021, infatti, venivano stanziati 4,6 miliardi di euro per gli asili nido (0-2 anni: 3,6 miliardi di investimento) ed il potenziamento delle scuole dell’infanzia (3-6 anni: un miliardo di investimento). Nel nuovo documento, presentato al parlamento questa settimana, non vi è una distinzione precisa tra i finanziamenti destinati agli asili nido ed alle scuole per l’infanzia. Manca inoltre un’ulteriore scomposizione della creazione dei nuovi 228 mila posti previsti: tale suddivisione risulta però cruciale per valutare le potenzialità del piano. Infatti, il tasso di partecipazione scolastica per i bambini compresi tra i 3 e i 5 anni nel nostro paese (91 per cento) è superiore alla media europea (87 per cento), mentre il tasso di iscrizioni agli asili nido - pari al 25,5 per cento per l’anno scolastico 2018/19 - è al di sotto della media europea (ed in particolare all’obiettivo del 33 per cento stabilito dal Consiglio Europeo nel 2002).
Assumendo che l’offerta di posti negli asili nido sia rimasta invariata rispetto al 2019 (355.289 posti in 13.335 asili), per garantire una copertura del 33 per cento servirebbero ulteriori 76.165 posti.[1] I 228.000 posti che dovrebbe generare questa voce di spesa – sempre nell’ipotesi che tali posti verranno concentrati prevalentemente negli asili nido – dovrebbero permettere un netto superamento della soglia del 33 per cento.[2] La figura 1 mostra tuttavia come il problema dell’offerta dei posti negli asili nido presenti una forte eterogeneità a livello regionale: il successo di questo investimento dipenderà quindi anche dalla celerità con la quale le regioni con un’offerta più bassa riusciranno ad ampliare le proprie strutture educative per l’infanzia.
Effetti sul mondo del lavoro
Un punto richiamato nella descrizione degli investimenti riguarda la finalità degli interventi. Senza dubbio l’obiettivo primario è garantire un’istruzione di maggiore qualità su tutto il territorio italiano; tuttavia, sia per gli interventi per la prima infanzia, sia per l’estensione del tempo pieno, viene espressamente discusso il potenziale effetto positivo che queste misure potrebbero avere in termini di partecipazione femminile nel mercato del lavoro. Secondo i dati ISTAT, il COVID ha aumentato la disoccupazione tra le donne in maniera più che proporzionale rispetto agli uomini. Inoltre, le donne hanno anche riscontrato una penalizzazione in termini di nuove assunzioni nel 2020. Questa evoluzione ha quindi reso opportuno un intervento di riequilibrio in merito alle politiche del lavoro sia con strumenti diretti, sia con strumenti indiretti. Dai dati ISTAT emerge una correlazione positiva tra l’offerta di strutture educative per la prima infanzia e l’occupazione: in linea con questo dato, la letteratura accademica ha riscontrato evidenze empiriche che supportano la tesi dell’effetto positivo dell’offerta di servizi all’infanzia sulla partecipazione femminile nel mercato del lavoro.[3] In quest’ottica, l’espansione degli asili nido e del tempo pieno nella scuola primaria previste dal PNRR dovrebbero permettere ai nuclei familiari di conciliare la vita personale e lavorativa con minori difficoltà. Le stime del MEF prevedono infatti che gli interventi contenuti in questa componente produrranno un aumento dell’occupazione femminile in Italia di mezzo punto percentuale per la fine del 2026.[4]
Voci di spesa temporanee o permanenti?
Gli investimenti per l’istruzione rivolti alla prima infanzia sono destinati ad aumentare la spesa corrente in maniera permanente: l’aumento di posti per gli asili dovrà presumibilmente essere accompagnato da maggiori assunzioni di docenti e personale ausiliario per garantire l’effettiva offerta dei servizi didattici. Altre spese hanno questa caratteristica: gli interventi per la scuola primaria e secondaria che riguardano il potenziamento delle infrastrutture dello sport a scuola (0,3 miliardi) e il piano di estensione del tempo pieno e delle mense (0,96 miliardi) comporteranno presumibilmente un aumento della spesa pubblica anche oltre il 2026, generato anch’esso dalla necessità di assumere personale per garantire l’offerta dei servizi. All’interno della componente sotto analisi, poche voci rappresentano investimenti che determineranno un aumento di spesa una tantum: tra queste hanno un particolare peso l’investimento Scuola 4.0 (2,1 miliardi) - che produrrà un sostanziale ammodernamento tecnologico nelle scuole dell’obbligo - e la messa in sicurezza dell’edilizia scolastica (3,9 miliardi). In termini complessivi, le nostre stime indicano che solo il 50,6 per cento delle spese contenute in questa componente (9,85 miliardi) sarà di carattere esclusivamente temporaneo, mentre quasi la metà dei progetti potrebbe comportare una maggiore spesa anche oltre il 2026.
Le differenze rispetto al PNRR precedente
I fondi per il potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione ammontano a 19,44 miliardi, rispetto ai 15,37 della precedente versione. La differenza dei due piani è quasi esclusivamente imputabile all’inserimento del piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici, che nell’ultima bozza del Governo Conte erano contenuti nella componente riguardante l’ ”Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici” della seconda missione. Va inoltre notato che nell’attuale versione vi è una sostanziale riduzione dei fondi destinati al risanamento dell’edilizia scolastica (da 6,37 a 3,9 miliardi). Questo investimento una tantum, che ragionevolmente non comporterà esborsi permanenti futuri, rappresenta la seconda componente più rilevante in termini monetari. Il progetto che ha invece raccolto la maggior quantità di risorse è il potenziamento dell’offerta dei servizi educativi per la prima infanzia. In termini generali, si riscontrano aumenti di spesa di tipo temporaneo per l’ammodernamento infrastrutturale dell’edilizia pubblica, accompagnato da spese permanenti per il settore nel quale il nostro paese riscontra una decennale carenza di offerta di servizi: in tal senso, l’aumento delle assunzioni previste dall’aumento dell’offerta di asili nido va quindi accolto come un fatto positivo, alla luce dell’inadeguatezza dell’offerta nel nostro paese in questo campo.
[2] La versione del PNRR circolata nella data di venerdì 23 aprile riportava 228.000 così suddivisi: 152.000 per i bambini nella fascia 0-3 anni e i restanti 76.000 per i bambini in età compresa tra i 3 ed i 6 anni. Con questi valori, la copertura degli asili nido si attesterebbe al 38,7 per cento. Va però notato che questa scomposizione è sparita dal documento ufficiale presentato alla Camera dei Deputati in data 26 Aprile 2021.
[3] Si veda: Carta, Francesca, and Lucia Rizzica. "Early kindergarten, maternal labor supply and children's outcomes: evidence from Italy." Journal of Public Economics 158 (2018): 79-102.
[4] Si veda la tavola 4.16 contenuta nella versione definita del PNRR.