Università Cattolica del Sacro Cuore

Pro e contro dell’abolizione di “Quota 100”

di Luca Gerotto

30 ottobre 2019

Il dibattito relativo alla manovra economica coinvolge inevitabilmente “Quota 100”, una misura che nel suo primo anno di attuazione ha avuto meno domande del previsto e che in diversi suggeriscono di abolire, ritenendola costosa ed iniqua. Questa nota conclude però che l’eliminazione di “Quota 100” comporterebbe risparmi per il 2020 tra 500 e 1000 milioni al lordo delle tasse sulle pensioni e tra 400 ed 850 milioni al netto di tali tasse. Probabilmente, i risparmi sarebbero più vicini al limite inferiore di questa banda. Inoltre, un cambio repentino della normativa potrebbe creare problemi a quanti abbiano siglato accordi di accompagnamento alla pensione (“scivoli”) perché hanno già maturato il diritto nel 2019 o lo matureranno nel 2020.

* * *

Gli ultimi dati diffusi dall’INPS riportano poco meno di 185mila domande pervenute al 30 settembre per il canale “Quota 100”, un numero lontano dalle stime prudenziali della relazione tecnica, che ipotizzava 269mila pensionati in più a fine 2019 grazie a questo canale. Oltretutto, va considerato che parte delle 185mila domande non sono state, o non verranno, accettate (l’ultimo dato ufficiale, riferito alle domande con decorrenza aprile, è di un tasso di rigetto del 18 per cento) e che parte di queste, specie per quanto riguarda i dipendenti pubblici, sono già relative al 2020. Pertanto, nel complesso, è verosimile che i pensionati a fine 2019 siano 150-160mila.

Il fatto che il flusso di domande sia meno corposo del previsto implica che “Quota 100” costerà nel 2020 meno di quanto previsto inizialmente. Al netto di quanti potrebbero accedere a “Quota 100” nel 2020, infatti, il prossimo anno versare la pensione a quei 269mila pensionati che erano inizialmente previsti per fine 2019 sarebbe costato quasi 7 miliardi; versarla a 150-160mila persone ne dovrebbe invece costare circa 4. Quindi l’afflusso relativamente basso di domande nel 2019 dovrebbe portare, secondo le nostre stime, a 2,5-3 miliardi di risparmi nel 2020.

Quali potrebbero essere gli effetti di una repentina abolizione di “Quota 100” già alla fine di quest’anno? Guardiamo a quelle che erano le previsioni della relazione tecnica (vedi Tavola 1). La tavola riporta il maggior numero di pensionati alla fine di ogni anno rispetto alla situazione pre-“Quota 100”. Secondo la relazione tecnica, il numero di pensionati dopo l’introduzione di “Quota 100” sarebbe stato di 269mila unità nel 2019 e di 303mila unità nel 2020 (attenzione: alcuni erroneamente sommano le due cifre per stimare il numero di persone interessate da “Quota 100”, ma il dato riportato per il 2020 in realtà già comprende quelli che sono andati in pensione con “Quota 100” nel 2019). L’aumento è quindi di sole 34mila unità.

 

Tav. 1: Maggior numero di pensioni esistenti alla fine dell’anno e relativo onere rispetto alla situazione pre-Quota 100

 

“Quota 100”

Anticipata

Complessivo

(Anticipata+Q100)

 

Maggiori pensioni

(migliaia)

Onere

(mln €)

Maggiori pensioni

(migliaia)

Onere

(mln €)

Maggiori pensioni

(migliaia)

Onere

(mln €)

2019

269

3.453

21

328

290

3.781

2020

303

7.334

24

526

327

7.860

2021

330

7.763

26

547

356

8.310

2022

270

7.310

26

567

296

7.877

2023

190

5.034

67

1.398

257

6.432

2024

96

2.324

70

1.588

166

3.912

2025

45

251

118

2.602

163

2.853

2026

9

-1.216

139

3.131

148

1.915

2027

2

-1.897

145

3.795

147

1.898

2028

2

-2.009

153

3.541

155

1.532

Fonte: elaborazioni Osservatorio CPI su relazione tecnica al dl 4/2019

 

Perché si prevedeva un aumento così contenuto nel 2020? Le ragioni sono due. La prima è che nel 2019 beneficia di “Quota 100” anche chi aveva raggiunto quota 101, quota 102, eccetera. Nel 2020 si aggiungono solo quelli che raggiungono “Quota 100” in quell’anno. La seconda è che non si “contano” più, tra il maggior numeri di pensionati dovuto a “Quota 100”, quanti sarebbero comunque andati in pensione nel 2020. Questo secondo motivo comporta però che il numero di pensionati che potrebbe usufruire di “Quota 100” nel 2020 è più elevato di 34mila unità. Di quanto? Non si hanno stime precise al riguardo, ma per avere un ordine di grandezza si può ipotizzare che siano circa un quinto degli aventi diritto del 2019,[1] quindi circa 60mila.[2] Considerando una forbice dovuta all’incertezza, se fossero 40mila il risparmio sarebbe di circa 500 milioni al lordo delle tasse pagate sulle pensioni. E se fossero 80mila, il risparmio non supererebbe comunque il miliardo lordo. Al netto della tassazione, la forbice andrebbe da 400 ad 850 milioni netti.[3] Occorre anche tener conto del fatto che, visto che nel 2019 “Quota 100” è stata meno utilizzata del previsto, lo stesso potrebbe avvenire anche nel 2020, il che comporterebbe che l’abolizione di “Quota 100” implicherebbe un risparmio più vicino al limite inferiore dell’intervallo sopra indicato, piuttosto che a quello superiore.

Senza entrare nel merito del provvedimento stesso, è evidente che una parte consistente dei costi relativi a “Quota 100” sono oramai inevitabili e che i benefici di una immediata abrogazione vanno soppesati con i costi, incluso il costo in termini di credibilità che scaturirebbe da una ulteriore variazione della normativa in materia pensionistica.[4] Sotto questo profilo, questi costi sarebbero inferiori se la discussione odierna fosse rivolta non tanto a variazioni repentine relative al 2020, quanto a modifiche da apportare per il 2021. Questo perché si lascerebbe il tempo alle persone coinvolte di adeguarsi ad una eventuale nuova normativa.

Infine, sebbene a dominare le discussioni pubbliche sia “Quota 100”, non va dimenticato il secondo canale su cui è intervenuto il dl 4/2019, cioè il mancato adeguamento dei requisiti per l’accesso alla pensione anticipata alla variazione della speranza di vita. Questa misura, come riportato nella Tavola 1, ha attualmente un costo nettamente inferiore a “Quota 100” (circa 500 milioni) ma il suo costo annuo è destinato a crescere negli anni e, mentre la sperimentazione di “Quota 100” si dovrebbe concludere a fine 2021, il blocco dell’adeguamento alla speranza di vita è previsto, a legislazione vigente, fino al 2026. Sempre nell’ottica di prendere decisioni a lungo termine al riguardo del sistema previdenziale, per dare a lavoratori ed imprese il tempo di adeguarsi, sarebbe forse il caso di riflettere già da ora sull’efficacia del provvedimento e sull’opportunità di rimodularlo negli anni a venire.


[1] La logica è, appunto, che fra quanti hanno maturato il diritto per Quota 100 nel 2019 ci sono anche persone con quasi 67 anni di età e quasi 42 anni e 10 mesi di contributi, quindi quasi cinque anni di vecchiaia e cinque di anzianità in più rispetto alla soglia minima.

[2] In linea di principio a questi si potrebbe aggiungere chi, pur avendo diritto di andare in pensione con “Quota 100” nel 2019, ha deciso di rimanere a lavorare per un altro anno e, quindi, andrebbe in pensione nel 2020. Si ipotizza qui che questo numero sia basso, ed in ogni caso queste persone è possibile che conservino il diritto ad andare in pensione anche in caso di abolizione di “Quota 100”.

[3] A scanso di equivoci, ci saranno risparmi rispetto alle spese coerenti con la Tavola 1 per il fatto che l’adesione a “Quota 100” è stata inferiore al previsto. Ma questi risparmi sono già stati considerati nella preparazione del Documento Programmatico di Bilancio e quindi non vanno più considerati per possibili coperture di nuove iniziative di spesa rispetto a tale documento.

[4] Come fatto notare dal Ministro Gualtieri nella sua risposta alla Commissione Europea, "frequent changes in early-retirement rules would be damaging”.

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