Università Cattolica del Sacro Cuore

Il debito pubblico cresce, ma meno del previsto

di Stefano Olivari e Edoardo Frattola

17 febbraio 2020

Gli ultimi dati della Banca d’Italia segnalano che nel 2019 la differenza tra la variazione del debito e il deficit (il cosiddetto “aggiustamento stock-flussi”) è risultata negativa per la prima volta dal 2015 (dal 2011 se escludiamo i proventi da privatizzazioni): in altre parole, il debito pubblico è cresciuto meno del deficit, con uno scarto di circa 10 miliardi. In rapporto al Pil, possiamo stimare che dal 2018 al 2019 il debito sia aumentato solo di 0,2 punti percentuali (da 134,8 a 135,0 per cento), meno di quanto previsto dal governo nei mesi scorsi.

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Venerdì scorso la Banca d’Italia ha pubblicato i nuovi dati sul debito delle Amministrazioni Pubbliche aggiornati a fine 2019.[1] Questi dati contengono una novità importante per l’andamento dei nostri conti pubblici, ma andiamo con ordine.

Il punto di partenza è il valore del debito pubblico a fine 2018. Secondo la Banca d’Italia, nel 2018 il debito pubblico è risultato pari a 2.380,6 miliardi di euro (134,8 per cento del Pil), un valore pressoché identico a quello stimato dal governo nella NADEF di settembre.

Ad essere diverso dalle previsioni governative è stato invece l’aumento del debito nel 2019. Mentre la NADEF prevedeva un aumento del debito di circa 40 miliardi, la Banca d’Italia certifica che l’aumento è stato di soli 28,7 miliardi, cioè oltre 11 miliardi in meno del previsto. Di conseguenza, il debito pubblico a fine 2019 è risultato pari a 2409,2 miliardi.

Questo fa sì che, per la prima volta dal 2015, lo scorso anno l’aumento del debito (28,7 miliardi) è stato inferiore al deficit (39,3 miliardi, cioè il 2,2 per cento del Pil). In gergo tecnico, la differenza tra la variazione del debito e il deficit si chiama “aggiustamento stock-flussi”. Come avevamo notato in passato, e come si può vedere nelle Figure 1 e 2, negli ultimi anni questa differenza è stata sempre positiva (cioè il debito aumentava più del deficit):[2] in altre parole, oltre al deficit c’erano altri fattori che contribuivano ad un aumento del debito pubblico.[3]

La novità del 2019 è che questi fattori “aggiuntivi” rispetto al deficit hanno contenuto l’aumento del debito pubblico. Già la NADEF di settembre prevedeva per il 2019 un aggiustamento stock-flussi più contenuto rispetto a quello degli ultimi anni, ma il debito era comunque previsto aumentare più del deficit. I nuovi dati della Banca d’Italia, come detto, segnalano invece un aggiustamento stock-flussi negativo per il 2019. Non è ancora chiaro quali sviluppi abbiano portato a un aggiustamento stock-flussi negativo, con eccezione di una riduzione delle risorse depositate dallo Stato nel conto corrente di tesoreria, diminuito di 2,2 miliardi rispetto a fine 2018. I proventi da privatizzazioni sono risultati invece nulli nel 2019: se consideriamo l’andamento dell’aggiustamento stock-flussi al netto delle privatizzazioni, il valore negativo del 2019 è soltanto il terzo negli ultimi vent’anni e il primo dal 2011 (Figure 1 e 2).

Combinando questi dati con i dati preliminari sul Pil 2019 pubblicati di recente dall’Istat, abbiamo stimato che il rapporto tra debito pubblico e Pil a fine 2019 era pari al 135,0 per cento, contro il 135,7 per cento previsto dalla NADEF di settembre. Il rapporto debito/Pil aumenta quindi solo di 0,2 punti percentuali dal 2018 al 2019: meglio rispetto a quanto previsto nei mesi scorsi, anche se rimane su un sentiero di crescita che dovremmo invertire se vogliamo ridurre l’esposizione al rischio del nostro Paese.


[3] Tra questi fattori rientrano alcune convenzioni statistiche (dovute al fatto che alcune operazioni, per esempio le spese a fronte di contratti derivati, non vengono considerate nel calcolo del deficit ma devono comunque essere finanziate), variazioni di liquidità, operazioni di privatizzazione e scostamenti tra contabilità di cassa e di competenza.

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