Università Cattolica del Sacro Cuore

Blocco e sblocco del turnover: gli effetti sulla PA

di Raffaela Palomba

10 aprile 2021

Il governo intende sbloccare i concorsi pubblici per procedere a nuove assunzioni nella Pubblica Amministrazione. Non solo il blocco del turnover viene eliminato, ma si assumeranno più persone di quante andranno in pensione. Sembra quindi questo un buon momento per andare a vedere cosa è successo nell’ultimo decennio al pubblico impiego anche per effetto del blocco del turnover. In realtà il blocco ha avuto effetti molto più contenuti di quanto talvolta sostenuto e non ha toccato alcuni settori chiave come la pubblica istruzione. Guardando avanti sarà importante assumere dove effettivamente esistono necessità, piuttosto che procedere a un aumento “lineare” del pubblico impiego.

L'articolo è stato ripreso da Repubblica in questo articolo del 10 aprile 2021.

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Il blocco del turnover fu introdotto, almeno in parte, come risposta al forte aumento della spesa per dipendenti pubblici. Tra il 2001 e il 2006, anno in cui è stata emanata la finanziaria per il 2007 che disponeva i primi blocchi al turnover a partire dal 2008, tale spesa aumentò del 25 per cento, non tanto per un aumento del personale (che rimase più o meno stabile), ma piuttosto per un aumento del reddito medio.

A partire dal 2008 le assunzioni della pubblica amministrazione (PA) sono state bloccate attraverso una serie di provvedimenti, che hanno previsto anche limitazioni alla sostituzione del personale in uscita. I limiti hanno riguardato fino al 2014 sia la spesa sostenuta per gli uscenti sia il numero di dipendenti (limite capitario) e dopo il 2014 solo la prima, consentendo un aumento del personale a parità di spesa.[1] Secondo alcuni, questo blocco ha causato tagli insostenibili nell’occupazione pubblica.

In realtà il calo è stato meno forte di quanto molti sostengono. Tra il 2008 e il 2019 l’occupazione è calata di circa 193.000 unità, ossia del 5,6 per cento, essenzialmente per la riduzione avvenuta nei primi quattro anni. Il calo effettivo è però un po’ più elevato (250.000 unità) se si considera l’andamento a parità di enti. La maggior parte della riduzione, in ogni caso, è stata osservata tra 2008 e 2012; successivamente l’occupazione è rimasta più o meno stabile (Fig.1, linea gialla). Di fatto questo implica che a livello aggregato il turnover è stato sostanzialmente sbloccato da ormai almeno 7-8 anni. Anche nel settore privato si è osservato un calo dell’occupazione all’incirca nello stesso periodo, ma è stato meno forte: tra 2008 e 2012 il numero dei lavoratori del settore privato si è ridotto di circa 320.000 unità (2 per cento contro 5,6 per cento), per poi tornare a crescere fino al 2019.

Al tempo stesso, il blocco del turnover ha contribuito a un aumento di circa 4 anni dell’età media dei dipendenti pubblici. Questo aumento è in parte “fisiologico” in un paese che invecchia: nello stesso tempo, l’età media della popolazione italiana è aumentata di due anni e mezzo (da 43 a 45,5 anni) e l’aumento dell’età media dei dipendenti pubblici ha anche risentito dell’aumento dell’età di pensionamento. L’età media si è infatti ridotta sensibilmente nel 2019 per effetto dei pensionamenti di Quota 100.

Normativa sul blocco del turnover

L’effetto del blocco è stato attenuato dalle diverse forme di esenzione introdotte per i vari settori. La legge finanziaria per il 2007 prevedeva che, in tutte le amministrazioni, si potesse procedere ad assunzioni per una spesa pari al 20 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente e per un numero di dipendenti non superiore al 20 per cento di quelli cessati.[2] Fin dall’inizio, però, venivano applicate regole diverse a seconda dei settori:

  • il comparto scolastico (che rappresenta il 36% dell’occupazione pubblica; Fig. 2) era escluso da ogni vincolo;[3]
  • erano escluse dal vincolo le autonomie locali non sottoposte al patto di stabilità e crescita, che potevano assumere nei limiti delle cessazioni avvenute nell’anno precedente e per una spesa pari a quella sostenuta per il personale cessato;
  • per il sistema sanitario il limite previsto era di mantenimento della spesa sostenuta nel 2004, diminuita dell’1,4 per cento;
  • gli enti di ricerca potevano procedere ad assunzioni per una spesa fino all’80 per cento delle entrate correnti, ma comunque non oltre la spesa relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente.

Successivamente vari provvedimenti hanno modificato i limiti alla spesa per il personale.[4] È rimasto invariato quanto previsto per il sistema sanitario e sono state escluse dal blocco delle assunzioni i corpi di polizia e i vigili del fuoco: questi settori tra il 2010 e il 2019 potevano procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per il 100 per cento delle cessazioni avvenute nell’anno precedente (fino al 2014 inteso sia come limite di spesa che come limite capitario). Successivamente, le assunzioni in questi comparti sono state possibili per specifici limiti di spesa previsti. Per quanto riguarda gli enti di ricerca, il limite in termini di spesa dell’anno precedente è stato adeguato a quanto previsto per le amministrazioni centrali (oltre al limite di spesa dell’80 per cento delle entrate correnti).

Andamento per i principali settori della PA

Le diverse norme applicate ai vari comparti della PA hanno comportato un andamento molto diverso della occupazione tra settori (Tav.1). Cali particolarmente forti sono stati registrati per ministeri, agenzie fiscali dipendenti regionali (escluso la sanità) e università. Cali più contenuti si sono avuti per la sanità e per il comparto difesa/sicurezza. Leggeri aumenti si sono avuti per la scuola, il comparto di gran lunga più grosso, e per la magistratura e corpi diplomatici. Un forte aumento si è avuto per gli enti di ricerca, il cui personale risulta cresciuto soprattutto per effetto delle stabilizzazioni eseguite.[5]

Per quanto riguarda l’innalzamento dell’età media, questa ha riguardato tutti i principali comparti a causa dell’aumento dell’età di pensionamento.

Tav. 1: Effetti del blocco del turnover

 

 

 

 

 

Variazione dipendenti 2008-2019

Variazione età media 2008-2019

Blocco al turnover

 

(percentuale)

(anni)

 

Ministeri

-23,0

4,7

si

Agenzie fiscali ed altri enti centrali

-22,2

4,8

si

Regioni a statuto speciale e ordinario e autonomie locali e province autonome

-15,4

4,7

si

Enti di ricerca

13,0

0,4

si

Università (personale, professori e ricercatori)

-22,4

4,0

si

Presidenza del Consiglio dei Ministri

-20,2

4,3

si

Magistratura e corpi diplomatici

1,5

0,5

si

Scuola

2,6

1,6

no

Servizio sanitario nazionale

-5,8

3,4

vincolo diverso

Corpi di polizia, vigili del fuoco, forze armate, penitenziaria

-6,2

4,6

no (dal 2010)

Fonte: elaborazioni OCPI su dati Conto Annuale RGS.

Sblocco del turnover

Già nel 2019 il blocco del turnover era stato eliminato: nel 2019, infatti, il personale della PA è aumentato di quasi 18 mila unità.[6] Per le amministrazioni centrali lo sblocco è entrato in vigore solo dal 15 novembre 2019 (1° dicembre per le Università), mentre per le altre amministrazioni pubbliche il turnover al 100 per cento è stato ripristinato dal 1° gennaio 2019. A seguito dello sblocco del 2019, il D.L. 34/2019 ha anche stabilito un diverso funzionamento del turnover per gli enti locali a partire dal 2020.[7] In base al rapporto tra spesa per dipendenti ed entrate correnti, sono state individuate tre fasce di valori per stabilire in che misura gli enti locali possano assumere nuovo personale a tempo indeterminato.[8] Questo diverso meccanismo, non legato alle uscite di personale ma a valori di bilancio, consente agli enti di incrementare la spesa per il personale laddove ci siano risorse disponibili, ma comunque nei limiti previsti dai decreti attuativi stessi.[9]

Guardando in avanti, lo sblocco del turnover è una occasione per procedere ad aumenti di personale. Sarebbe però inappropriato procedere ad aumenti in tutti i settori, anche in quelli che non hanno subito riduzioni in passato e che, comunque, non necessitano di aumenti attualmente. Occorre un’attenta disamina prima di decidere se aumenti di personale siano effettivamente necessari. In linea di principio non si può escludere a priori che ci siano settori dove il personale è ancora attualmente in eccesso rispetto a quello necessario. Insomma, come i tagli di spesa lineari sono sbagliati, così sono sbagliati anche gli aumenti di spesa lineari.


[1] Il turnover al 100 per cento era previsto dal DL 90/2014 (dal 2018 in poi), che è tornato in vigore dopo le modifiche apportate per il triennio 2016-2018 dalla L. 208/2015.

[2] I decreti attuativi sono i Decreti Ministeriali 3 settembre 2019 e 17 marzo 2020, Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della Funzione Pubblica: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2019/11/04/19A06808/sg e https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/04/27/20A02317/sg. Una simile normativa è prevista anche per province e città metropolitane.

[3] In particolare, regioni e comuni sono definiti “virtuosi” se hanno una spesa per il personale sostenibile, cioè se il rapporto tra questa spesa e le entrate correnti è inferiore a determinati valori soglia previsti dai decreti attuativi; questi enti possono incrementare la spesa per il personale a tempo indeterminato fino al raggiungimento delle soglie massime previste. Per gli enti che hanno un valore superiore (quindi una spesa per il personale ritenuta non sostenibile) ad altri appositi valori soglia più elevati, è previsto invece un percorso di riduzione del rapporto fino al raggiungimento degli stessi, se necessario anche ricorrendo ad un turnover inferiore al 100 per cento. Infine, per gli enti che si trovano nella fascia intermedia, è previsto che debbano mantenere inalterato tale rapporto.

[4] È previsto un limite massimo annuale per l’incremento percentuale della spesa per il personale rispetto al valore del 2018. Questo, così come i valori soglia, differisce per fasce di dimensione demografica dell’ente (Art.5).

[6] Amministrazioni centrali, autonomie regionali e locali, i corpi di polizia, i vigili del fuoco, le agenzie e gli enti pubblici (anche non economici), università.

[7] Per il settore scolastico era previsto il conseguimento di una riduzione del personale tecnico amministrativo del 17 per cento nel triennio 2009-2011 (Decreto Legge 112/2008). Per gli anni 2012-2013 è stato imposto che il personale non potesse superare la consistenza dell’anno scolastico 2011/2012. Per gli anni successivi sono state disposte riduzioni in termini di numero di unità.

 

 

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